Quando si parla di previdenza complementare, il tempo diventa un alleato silenzioso e potente. Trasforma piccoli sforzi in grandi risultati grazie alla magia dell’interesse composto: guadagni che generano altri guadagni, anno dopo anno. Un meccanismo di lungo respiro che può fare la differenza. Non a caso è stato colto in maniera audace dal Trentino-Alto Adige che recentemente ha inaugurato la previdenza complementare per i neonati. L’iniziativa prevede un contributo statale per ogni nuovo nato e un invito a coinvolgere anche i genitori. L’esperimento, discusso anche nella Legge di Bilancio 2026, sottolinea quanto sia cruciale anticipare la pianificazione pensionistica, anche prima di iniziare a lavorare.
Al di là delle intenzioni politiche, la realtà italiana è però un’altra. Sebbene il tasso di adesione alla previdenza complementare stia crescendo, toccando quasi 10 milioni di persone, l’età media è di 47 anni (dati Covip relativi al 2024). I giovani, dunque, rimangono ancora troppo distanti da questo strumento che dovrebbe colmare il gap tra pensione pubblica e bisogni reali futuri.
Il più noto veicolo per questa integrazione è il fondo pensione, con tre diverse declinazioni: un fondo chiuso, detto anche negoziale, riservato a determinate categorie professionali (come metalmeccanici, bancari, insegnanti), un fondo aperto, accessibile a chiunque, e un Pip, cioè un piano individuale pensionistico, gestito dalle compagnie di assicurazione. Indipendentemente da quale si sceglie, il fondo pensione offre vantaggi fiscali importanti. Innanzitutto, i contributi versati sono deducibili fino a un massimo di 5.164,57 euro annui (con l’eccezione dei lavoratori autonomi in regime forfettario), permettendo così di ridurre il reddito imponibile, ossia la base su cui vengono calcolate le imposte. C’è poi una tassazione agevolata al momento del pensionamento che non dipende dal reddito, bensì dal fattore tempo. Si riduce progressivamente più a lungo si rimane iscritti. Entro i 15 anni, la tassazione è pari al 15%, ma diminuisce dello 0,3% ogni anno successivo al quindicesimo, fino a raggiungere la tassazione minima del 9% dopo 35 anni. Diventa quindi fondamentale la data di prima iscrizione alla previdenza complementare e aprire una posizione, anche con un versamento minimo, significa iniziare subito a maturare gli anni necessari per ottenere la minore tassazione agevolata finale. Per quanto riguarda gli aspetti negativi di un fondo pensione, c’è la questione del vincolo di durata, ovvero il ritiro anticipato delle somme versate è soggetto a limitazioni e vincoli specifici.
Chi invece cerca maggiore flessibilità può valutare un piano di accumulo di capitale (Pac). In questo caso non si tratta di un prodotto previdenziale in senso stretto, ma di una strategia di investimento periodico in fondi comuni, o più spesso in Etf, che possono generare rendimenti potenziali superiori e contenere maggiormente la voce costi. Il grande vantaggio di questa soluzione è la flessibilità che offre nel modificare o interrompere i versamenti senza vincoli e la libertà di ritirarli quando si vuole (anche se questo può esporre l’investitore al rischio di scelte impulsive, soprattutto nei momenti di volatilità dei mercati). Tuttavia, il Pac non prevede vantaggi fiscali e i rendimenti sono tassati al 26%.
Fondo pensione o Pac sono due strumenti validi per poter soddisfare l’esigenza di costruirsi una pensione integrativa e non è detto che i due debbano essere per forza alternativi. Si può infatti decidere di scegliergli entrambi, per ottimizzare rendimento, flessibilità e benefici fiscali. I fondi pensione possono essere più indicati quando l’orizzonte temporale si accorcia e i vantaggi fiscali diventano essenziali, mentre i Pac sono spesso la scelta preferita di chi, come i lavoratori autonomi in regime forfettario, non può godere delle stesse agevolazioni.
In generale, comunque, quello che fa la vera differenza per una pensione integrativa solida non è tanto quale strumento scegliere, ma la costanza e la durata dell’investimento. Cominciare presto permette di diluire lo sforzo, affrontare meglio i periodi di volatilità dei mercati e sfruttare appieno la forza dell’interesse composto.
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