Le turbolenze degli ultimi cinque anni – tra pandemia, tensioni geopolitiche e guerre commerciali – sembrano indicare che in futuro il costo della vita sarà sensibilmente più alto rispetto a quello di oggi.
Quanto ci costerà un caffè tra 25 anni? Quasi 2 euro dagli 1,2 attuali o addirittura oltre 4 euro? In assenza di una sfera di cristallo si può ipotizzare il possibile caro-tazzina sulla base dei dati storici sull’inflazione. Sulla base delle serie storiche Istat, negli ultimi venticinque anni l’inflazione media si è attestata intorno all’1,9% e attraverso la capitalizzazione composta si arriva a un aumento complessivo del costo della vita del +64% e quindi alla tazzina di caffè da quasi 2 euro (1,97) nel 2050. Il conto cambierebbe, e in peggio, se si ampliasse la prospettiva e si prendesse come riferimento l’inflazione media dal 1948 ad oggi, pari al +5,2% su base annua: in questo caso, nel 2050 il carovita toccherebbe il +255% e il caffè sarebbe molto più amaro: 4,26 euro.
L’effetto carovita sulle famiglie da qui al 2050
Applicando la stessa logica, Moneyfarm ha calcolato, con un aumento del +64% del costo della vita, un aggravio di spesa media per una famiglia italiana dagli attuali 2.128 euro a 3.491 euro al mese, ossia un incremento complessivo di 16.356 euro l’anno. Nel secondo caso, supponendo un aumento del 5,2% del costo della vita, la stessa spesa media mensile arriverebbe a sfiorare i 7.560 euro, con un delta di oltre 65mila euro su base annuale.
Si tratta di simulazioni e non va dimenticato che l’andamento dell’inflazione è molto variabile: tra il 1973 e il 1984, è cresciuta al ritmo di oltre il 10% su base annua, mentre nel decennio pre-covid si era stabilizzata a livelli decisamente contenuti. La tendenza di fondo è comunque di un aumento del costo della vita nel tempo: è emblematico, infatti, che in soli cinque degli ultimi 77 anni si sia registrata un’inflazione negativa, l’ultima volta nel 2020 (-0,3%).
La crescita dei prezzi può essere gestita. I pensionati con assegni fino a 2.394 euro lordi – cioè fino a quattro volte il trattamento minimo – hanno la sponda della rivalutazione annuale pari al 100%. Per gli importi superiori la percentuale scende al 90% (tra le quattro e le cinque volte il trattamento minimo) e al 75% (oltre le cinque, a partire dai 2.993 euro lordi al mese). Per i lavoratori, invece, l’adeguamento degli stipendi all’inflazione non è garantito. Il rapporto Inapp mostra un aumento dei salari reali dell’1% tra il 1991 e il 2023, dall’altro, uno studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro segnala che, a differenza della maggior parte dei paesi del G20, l’Italia si distingue per una dinamica salariale negativa nel lungo periodo, con un calo dell’8,1% in termini di potere d’acquisto tra il 2008 e il 2024.
Investire per contrastare il carovita
Per compensare, almeno in parte, l’aumento dei prezzi si può optare per investire i risparmi. Secondo gli ultimi dati Istat, gli italiani riescono ad accantonare il 9% delle proprie entrate, il che, considerando una retribuzione lorda di 37.302 euro annui per lavoratore, pari a circa 2.000 euro netti per tredici mensilità, si traduce in 2.340 euro risparmiati ogni anno.
Se lasciati fermo sul conto corrente, rimarca l’analisi di Moneyfarm, i risparmi sarebbero esposti all’azione erosiva dell’inflazione, tanto che, dei 2.340 euro messi da parte nel 2000 e poi depositati in banca per venticinque anni, oggi rimarrebbero solo circa 1.450 euro in termini di potere d’acquisto, con una perdita certa del -38%. Se, la stessa cifra fosse stata investita in una linea obbligazionaria governativa europea, si sarebbe compensata l’inflazione e si sarebbe ottenuto un ulteriore +9%; con l’investimento nei mercati azionari, invece, oltre al recupero dell’inflazione si sarebbe più che raddoppiato il potere di acquisto (+106%).
“In un’epoca segnata da incertezza e volatilità come quella che stiamo attraversando, la crescita dei prezzi agisce come una tassa invisibile sui nostri risparmi e l’investimento diventa la strada obbligata per chi desidera conservare il proprio potere d’acquisto, una forma di autodifesa finanziaria con cui proteggere il proprio capitale e i propri obiettivi di vita”, sottolinea Davide Cominardi, Investment Consultant Manager di Moneyfarm. “Naturalmente – aggiunge – l’investimento nei mercati finanziari non è privo di incognite e ognuno, a seconda del momento in cui agisce, andrà incontro a dinamiche diverse, ma il rischio più sottovalutato è proprio quello di non fare nulla e vedere il frutto del proprio lavoro svalutarsi nel tempo”.
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