Dietro il mito della pizza, della pasta e dei mille piatti che fanno leccare i baffi al mondo, si nasconde un vero e proprio tesoro economico. La filiera agroalimentare italiana, dai campi alla grande distribuzione, dall’industria alla ristorazione, vale infatti 707 miliardi di euro, una cifra equivalente a oltre venti manovre finanziarie e che conferma il cibo tricolore come la principale ricchezza del Paese.
Il riconoscimento della cucina italiana come patrimonio culturale immateriale dell’umanità dall’Unesco aggiunge un nuovo capitolo a questa storia di eccellenza, trasformando tradizione e gusto in leva concreta per turismo e crescita economica. “Essere la prima cucina al mondo, nella sua interezza, ad ottenere questo riconoscimento è motivo di grande orgoglio, ma anche di consapevolezza del valore che questo risultato avrà in termini economici”, ha sottolineato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. “Il raggiungimento di questo traguardo – ha aggiunto l’esponente del governo Meloni – incentiverà la valorizzazione della nostra ristorazione, che già rappresenta il 20% della ristorazione nel mondo”.
Tradizione viva
Ad attestare il valore di questo riconoscimento, non a caso, sono in primis i protagonisti della ristorazione, che ogni giorno mettono nel piatto l’eccellenza tricolore tanto apprezzata nel mondo. “La cucina italiana, oggi patrimonio Unesco, è una tradizione viva che racconta la nostra storia attraverso sapori autentici e gesti tramandati attraverso più generazioni”, rimarca Alessandro Avvenente, fondatore ed executive chef del ristorante Angelica di Capri, che proprio sull’isola azzurra porta in tavola un menù in cui le materie prime del territorio, sapientemente abbinate, sono l’ingrediente speciale. “La nostra cucina continua ad affascinare il mondo perché unisce semplicità, cultura e bellezza attraverso un linguaggio universale”, aggiunge il giovane ristoratore.
E il mondo, adesso ancor di più, guarderà al nostro Paese anche a motivo della sua fama gastronomica. Secondo stime di Cst per Confesercenti, l’effetto sull’attrattività del Paese potrebbe difatti tradursi in un incremento tra il 6% e l’8% delle presenze straniere nei primi due anni, pari a circa 18 milioni di visitatori aggiuntivi. Nel 2024, i turisti stranieri hanno speso oltre 12 miliardi di euro in ristoranti, bar e pubblici esercizi, il 7,5% in più rispetto all’anno precedente, e le anticipazioni per il 2025 indicano un’ulteriore crescita a 12,68 miliardi di euro (+5%).
I benefici del riconoscimento Unesco
Il riconoscimento Unesco porta benefici tangibili. Pantelleria, iscritta nel 2014 per la coltivazione della vite ad alberello, ha registrato un aumento del 9,7% del turismo annuo, che sale al 75% fuori stagione, mentre gli agriturismi hanno incrementato la forza lavoro del 500% in dieci anni. L’arte dei Pizzaiuoli Napoletani, patrimonio dal 2017, ha visto crescere del 283% i corsi professionali e del 420% le scuole accreditate all’estero. Le Colline del Prosecco Superiore di Conegliano e Valdobbiadene, riconosciute nel 2019, hanno registrato un incremento del 45,4% nelle strutture turistiche e del 35,4% nei posti letto.
Nel biennio 2023-2024, i siti italiani con riconoscimento Unesco hanno registrato performance superiori rispetto a quelli privi di tutela: gli arrivi turistici sono cresciuti del 7,39% contro una riduzione del 3,26%, mentre le presenze sono aumentate del 14,87% contro il 2,5%.
Export da record
Il made in Italy a tavola intanto continua a conquistare il mondo. L’export agroalimentare ha chiuso il 2024 con un record storico di 69,1 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto ai 37 miliardi del 2015. Se la crescita dovesse mantenersi sui ritmi attuali, le vendite all’estero potrebbero superare i 100 miliardi entro il 2030.
“Il riconoscimento della cucina italiana come patrimonio Unesco rappresenta una straordinaria opportunità di crescita economica per il Paese, a partire dall’export, che nel 2025 raggiungerà la cifra record di 73 miliardi di euro, nonostante dazi Usa, tensioni internazionali e blocchi commerciali”. Lo attesta una proiezione Coldiretti su dati Istat diffusa in occasione dell’Assemblea nazionale della più grande organizzazione agricola d’Italia e d’Europa, riunita a Roma con il presidente e il segretario generale, Ettore Prandini e Vincenzo Gesmundo. Nei primi nove mesi dell’anno – riferisce il report – l’agroalimentare nazionale ha registrato una crescita del 6% sui mercati globali, con l’obiettivo di consolidare e possibilmente aumentare ulteriormente questo risultato entro fine anno.
Il prodotto più esportato è il vino, davanti a ortofrutta trasformata, formaggi, pasta e derivati dei cereali, frutta e verdura fresche, salumi e olio d’oliva. La Germania resta il principale mercato di sbocco dei prodotti agroalimentari italiani, con una crescita nel 2025 del 7%, seguita da Francia (+6%), Stati Uniti (-1%), Gran Bretagna (+3%) e Spagna (+15%)”.
A oggi, il sistema agroalimentare impiega 4 milioni di persone e si regge sull’attività di 700mila imprese agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. L’Italia guida l’Unione europea per valore aggiunto agricolo, con oltre 42 miliardi di euro previsti nel 2024, e si conferma prima anche per valore generato per ettaro: quasi 3mila euro, il doppio rispetto alla Francia.
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