Mentre l’anticiclone africano fa ribollire il Paese, è il momento di misurare la temperatura del mercato dell’arte italiana, all’indomani della chiusura della stagione fieristica sancita dalla regina “Art Basel”. La fiera delle fiere ha dato l’ennesima conferma del trend che negli ultimi dieci anni vede incontrastato il dominio di una manciata di nomi, quasi tutti artisti defunti, gli stessi che oggi rappresentano il 6-7% dei lotti nelle grandi aste internazionali. Parliamo anzitutto di Alighiero Boetti e Lucio Fontana, seguiti da Piero Manzoni, Mario Schifano, Alberto Burri, Giorgio De Chirico, Mimmo Rotella, Enrico Castellani, Giacomo Manzù. I primi cinque sono quelli che hanno fatto registrare nel 2024 le aggiudicazioni più alte, in testa un “Concetto Spaziale” di Fontana (1968) battuto da Christie’s a 3,7 milioni e un “Achrome” di Manzoni del 1958 a 2,9 milioni.
E gli altri? Quali sono gli artisti italiani storicizzati “dimenticati” dal mercato e che potrebbero essere rivalutati nei prossimi anni? Marco Meneguzzo, che ha appena curato il primo Catalogo ragionato dell’opera pittorica di Mario Schifano, non ha dubbi: «Giulio Turcato, classe 1912, tra i più importanti esponenti dell’astrattismo informale italiano, è forse il nostro artista che più di tutti grida vendetta; è un autore di assoluto livello internazionale che purtroppo non è stato finora sostenuto né da un archivio degno di questo nome, né da una forte galleria di riferimento. In vita ha prodotto tantissimo e sono certo che le sue quotazioni siano destinate a salire. Un altro artista italiano che il grande mercato non potrà non riscoprire è il siciliano Elio Marcheggiani, che ha avuto la sfortuna di non essere capito negli anni Sessanta, quando realizzava opere che oggi si direbbero di Cattelan o Damien Hirst».
Sul caso Turcato non ha dubbi anche la critica e storica dell’arte Laura Cherubini: «Gli artisti sanno capire gli altri artisti e Turcato era amato sia dagli esponenti della cosiddetta Scuola di piazza del Popolo, sia dalla Transavanguardia e perfino da un esigentissimo come Gino De Dominicis. Altri autori, rivalutati dalla critica ma non ancora dal mercato, sono Gino Marotta ed Elisa Montessori. E naturalmente Fabio Mauri».
La collezionista mecenate Patrizia Sandretto, presidente dell’omonima Fondazione, crede fortemente nella rivalutazione di artisti pionieri delle correnti più sperimentali degli anni ’60. «Anzitutto Giuseppe Chiari, esponente di Fluxus, che ridefinì il rapporto tra musica, gesto e immagine. Poi la ligure Ketty La Rocca, classe 1938, che tra i ’60 e i ’70, ha lavorato in modo pionieristico sul linguaggio verbale e corporeo, ed esplorò i limiti della comunicazione attraverso poesia visiva, foto-collage, video e performance. Infine Grazia Varisco, unica donna del Gruppo T, una voce importante nel panorama delle ricerche artistiche in campo cinetico e programmato: è presente in importanti collezioni museali, ma il mercato ha ancora difficoltà a capirla».
Per il critico e docente Giacinto Di Pietrantonio la questione dei grandi artisti “dimenticati” dal mercato è ricorrente in tutte le epoche. «Oltre a Turcato e Chiari aggiungerei Giosetta Fioroni, e poi c’è il caso internazionale di Luigi Ontani, una cui opera è stata per ben 13 anni sulla copertina della bibbia della performance art di Rosalee Goldberg; sono certo che sia destinato a rivalutarsi».
Il critico e curatore Alberto Fiz è convinto di una riscoperta di Mauro Staccioli: «È stato uno scultore tra i più importanti del secondo dopoguerra, con una ricerca che ha saputo cogliere la precarietà e il disequilibrio del mondo. Certamente ancora sottovalutati sono anche Enzo Cucchi, che ha fatto della pittura e della scultura i nodi vitali di una ricerca che indaga il mito, Mirella Bentivoglio, artista poliedrica tra le massime protagoniste della poesia visiva e concreta, e Franco Vaccari che è andato ben oltre la fotografia, esplorando poeticamente i processi relazionali ben prima che diventasse una moda».
Tornando alla pittura, il collezionista Giuseppe Iannaccone vede ancora penalizzato dal mercato il paesaggista siciliano Piero Guccione: «Poeta silenzioso, ha esposto al Metropolitan di New York e ha partecipato a sei Biennali di Venezia. Gestito malissimo da sé stesso e dai suoi mercanti, è però stimato e riconosciuto da chi ama l’arte la grande pittura».
Il critico Michele Bonuomo, direttore del mensile Arte, analizza le cause di un sistema che ha condannato finora al dimenticatoio artisti italiani di grande valore: «Autori eccellenti come Ernesto Tatafiore, Vettor Pisani, Mimmo Germanà e Maurizio Cannavacciuolo sono stati sulla breccia mondiale negli Ottanta finché erano sostenuti da galleristi degni di questo nome, come Lucio Amelio o Gian Enzo Sperone. Oggi sono spariti dal mercato, ma per colpa di un sistema che ha trasformato l’arte in brand di lusso e i galleristi, soprattutto quelli italiani, in venditori di quadri».
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