L’Italia va a tutto bio. Nell’arco degli ultimi dieci anni la superficie agricola coltivata a biologico è balzata del 68% per un totale di 2,51 milioni di ettari mentre il numero di agricoltori biologici è aumentato del 66% per superare le 87mila unità, in netta controtendenza con il forte ridimensionamento delle imprese agricole presenti lungo la Penisola. Gli ultimi dati del 2024 confermano l’andamento positivo in termini di superfici coltivate, numero di operatori attivi e anche di consumi interni, secondo il nuovo rapporto Ismea Bio in cifre, la cui pubblicazione è prevista nel dicembre 2025. Le anticipazioni evidenziano che l’Italia si conferma leader in Europa per numero di aziende biologiche e si colloca al terzo posto per estensione delle superfici coltivate, dopo Spagna e Francia. Ma l’incidenza della superficie agricola utilizzabile (Sau) bio sul totale raggiunge nel 2024 il record storico del 20,2% (+0,4% sul 2023).
In altre parole, un terreno su cinque in Italia è biologico. E ben sette regioni (Toscana, Calabria, Sicilia, Marche, Basilicata, Valle D’Aosta e Campania) e la Provincia autonoma di Bolzano hanno già superato l’obiettivo europeo del 25% di incidenza della superficie agricola utilizzata bio fissato entro il 2030, mentre Lazio e Puglia, rispettivamente con il 23,4% e il 24,5%, sono molto vicine al traguardo. «Un dato che valorizza il lavoro fatto dal governo che ha sostenuto in questi anni con forza le imprese con fondi e progetti dedicati», ha sottolineato il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste (Masaf), Francesco Lollobrigida.
latte e cereali
L’Italia è diventata dunque un player di primo piano a livello comunitario e mondiale. Sono 19,5 milioni gli ettari di terreno coltivati biologicamente in Europa, dei quali ben 17,7 milioni all’interno dell’Unione Europea (Ue) secondo l’ultimo rapporto The World of Organic Agriculture 2024, dell’Istituto di ricerca sull’agricoltura biologica Fibl. Parallelamente al boom del biologico si è verificata una forte riduzione negli acquisti di pesticidi con un calo del 24% nell’Unione Europea dal 2011 al 2023 secondo gli ultimi dati Eurostat. E l’Italia guida la classifica di ecosostenibilità con un taglio record del 44% nel periodo considerato.
A livello globale 98,9 milioni di ettari sono oggi gestiti in modo biologico, pari al 2,1% del totale della superficie agricola coltivata, con 4,3 milioni di produttori biologici in tutto il mondo. Un mercato in costante crescita che vale 136,4 miliardi di euro con gli Stati Uniti in testa (59 miliardi di euro), seguiti dalla Germania (16,1 miliardi di euro) e dalla Cina (12,6 miliardi di euro).
Le vendite al dettaglio di prodotti biologici in Europa si sono attestate a 54,7 miliardi di euro, dei quali 46,5 miliardi di euro all’interno dell’Unione Europea. In Italia il valore degli acquisti ha raggiunto la cifra di 3,96 miliardi di euro nel 2024 (+3%) e quest’anno si assiste, nel primo semestre, a un ulteriore rafforzamento della dinamica positiva. Gli italiani sembrano dunque non voler rinunciare più a un cibo salutare e in questo trend accelera anche il biologico con una crescita delle vendite a valore molto importante anche nel Sud d’Italia; sono poi 8,4 milioni gli italiani che nei prossimi mesi aumenteranno questi acquisti secondo Il Rapporto Coop 2025. Tra i prodotti bio più amati dagli italiani spicca infatti l’ortofrutta (43%), seguita a distanza dal latte e derivati (22,2%) e dai derivati dei cereali come pasta e pane (11,2%).
Frutta
Il mercato in crescita favorisce le importazioni che fanno registrare un incremento in quantità del +7,1% nel 2024 rispetto all’anno precedente. I prodotti più importati in Italia sono soprattutto cereali con 74mila tonnellate e frutta fresca e secca con oltre 64mila tonnellate. E sul podio dei principali fornitori salgono l’America del Sud, Paesi europei che non fanno parte dell’Unione e l’Africa. Si tratta di un fiume di prodotto per il quale è difficile verificare il rispetto del principio di reciprocità, ossia la garanzia che siano stati ottenuti con le stesse regole, ambientali, sanitarie e di rispetto dei diritti dei lavoratori che valgono nell’Unione. Per rispondere alla crescente domanda di trasparenza il ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare (Masaf) si appresta a varare il marchio del biologico italiano. Una iniziativa accolta molto positivamente dagli operatori. «Il marchio del biologico italiano aiuterà finalmente il consumatore a fare scelte consapevoli e a valorizzare il lavoro della filiera agricola Made in Italy», afferma Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Bio nel sottolineare che «è importante sostenere gli agricoltori che scelgono il biologico come risposta a emergenze climatiche e difficoltà di mercato. Il nuovo marchio sarà un’opportunità per costruire filiere solide e trasparenti, valorizzando la produzione nazionale e semplificando le regole, in un contesto di crescente pressione delle importazioni da Paesi terzi».
Cabina di regia
A supporto della produzione italiana ha preso il via il Piano Nazionale Sementi Biologiche (Pnsb), finanziato dal Masaf e attuato dal Crea. Il piano ha l’obiettivo di aumentare la disponibilità di sementi bio certificate, oggi inferiore rispetto alla richiesta, delle imprese che vorrebbero convertirsi al biologico. Proprio per rispondere alle criticità strutturali del settore in modo sistemico e con un’unica cabina di regia nazionale è nato su base triennale il Piano Nazionale Sementi Biologiche (Pnsb), finalizzato a promuovere una filiera sementiera nazionale più autonoma, strutturata e autosufficiente, in grado di supportare il comparto fornendo le varietà necessarie.
Una iniziativa per valorizzare l’agricoltura italiana che, è bene ricordarlo, è anche la più green d’Europa con 328 specialità Dop/Igp/Stg riconosciute, 529 vini Dop/Igp, 5717 prodotti tradizionali le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura sono praticate secondo rigidi standard di qualità tradizionali e una percentuale di appena lo 0,5% di prodotti agroalimentari nazionali con residui chimici irregolari, cinque volte in meno dei prodotti di importazione, il cui tasso di non conformità in media è pari a 2,6% secondo elaborazioni Osservatorio Coldiretti su dati Efsa. Senza dimenticare il fatto che in Italia si contano 1175 mercati e punti vendita di Campagna Amica (Farmers Market) dove i contadini vendono direttamente prodotti a chilometri zero che non devono percorrere grandi distanze con mezzi inquinanti prima di giungere al punto vendita.
Secondo la prima indagine su «il biologico e i mercati contadini» presentata quest’anno da Ismea assieme a Coldiretti Bio e Campagna Amica, crescono peraltro gli acquisti di prodotti biologici nei mercati contadini che si stanno gradatamente affermando come un nuovo canale di vendita. L’offerta bio coinvolge un farmers market su due. Tra chi frequenta i farmers market, l’acquisto diretto dal produttore è diventato, infatti, il principale canale di approvvigionamento dei prodotti bio, davanti a supermercati e negozi specializzati. Una tendenza spinta dal fatto che proprio la presenza «fisica» degli agricoltori rappresenta una garanzia di qualità e autenticità di quanto si va a mettere nella borsa della spesa. Il valore della spesa in prodotto bio effettuata nei mercati contadini e in quelli rionali ammonta oggi a quasi 150 milioni di euro, secondo Ismea.
La filiera
La classifica delle regioni con la più alta percentuale di produttori biologici nei mercati contadini sul totale vede in testa il Trentino Alto Adige (38%), a seguire Calabria (29%) e Campania (27%) e poi Friuli Venezia Giulia (26%), Emilia Romagna (25%) e Toscana (24%).«I risultati dell’indagine mostrano chiaramente che le politiche di sviluppo del biologico in Italia e in Europa devono avanzare in maniera coordinata con le politiche locali del cibo», spiega Maria Letizia Gardoni, « Il biologico deve tornare a restituire piena centralità all’agricoltore e al suo ruolo di innovatore, sia nelle tecniche produttive che nelle dinamiche commerciali di filiera, rilanciando il rapporto diretto tra agricoltore e consumatore anche nel biologico, come elemento essenziale per uno sviluppo dei territori e delle comunità».
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