La Medusa veste Prada. I capelli della Gorgone domati da un cerchietto preppy e poco più giù della mitica testa, ali e artigli trattenuti in un tailleur sporty. Eccola l’unica mortale in una mitologia di immortali esibirsi nella vera metamorfosi impossibile e scivolare in un look ugly chic tratteggiato dall’incorruttibile talento di Miuccia. Come si concilia il simbolo dell’eccesso con il marchio del rigore? Da pochi giorni Prada ha concluso l’acquisizione di Versace, eppure accostarli sembra un ossimoro. Come certe coppie che il destino sembra aver messo assieme solo per scommessa genetica. «I marchi manterranno la loro originalità», ha annunciato l’amministratore delegato di Prada Andrea Guerra giudicando «straordinaria» la nuova creatura, «completamente e profondamente diversa dagli altri brand del gruppo».
Borchie e loghi
Dunque è realtà. Quella testa mozza arruffata di serpenti e magia, ritratta al centro dei servizi di piatti neri e oro destinati alle tavole dei russi o a quelle di qualche rapper appena trentenne che si assicura quattrocento metri quadri in certi grattacieli smargiassi che hanno ridisegnato la skyline dell’era moderna. Quella testa mozza ha avviluppato nella sua chioma il refolo eterno di anni Novanta, top model, borchie, loghi ed esagerazione e ora è entrata nel salotto buono di Milano: Prada, Miuccia, la Fondazione, Miu Miu, Bertelli, Luna Rossa, i gemelli in cachemire, le gonne longuette e i mocassini rasoterra. Medusa diventa la signora Prada.
Come una procace dal passato turbolento che alla fine si sposa bene. Il genio di Gianni prima, l’estro e la grinta di Donatella poi mai imbrigliati dalle convenzioni meneghine e della nebbiosa snobberia della fashion week. Se sei Medusa, non chiedi permesso a nessuno. Piuttosto pietrifichi chi ti si staglia davanti e osa incrociare il tuo sguardo. Ed è così che, immutabile, il marchio Versace è andato avanti. Scolli, tacchi, spacchi. Intere passerelle di madonne irriverenti: chiome, strass e la provocazione come credo. E poi la stessa filosofia declinata in tutto. L’inconfondibile greca a impreziosire i marmi di certe magioni più cariche di entusiasmo che di gusto, il Meteorite Versace impresso sul gres porcellanato, gli asciugamani per gli ospiti platealmente griffati, le candele cupe troppo profumate. In Versace tutto è tanto, ti arriva addosso come un pugno vero, maggiorenne. Ha sedotto il suo opposto e ora il barocco si corica nel talamo dell’essenziale.
Super modelle
«Versace ha inventato la moda come la conosciamo oggi: il glamour, le supermodelle, il legame con la cultura pop e la musica», ha spiegato Guerra, «Ognuno ha la sua storia e il proprio futuro. Noi andiamo avanti per la nostra strada, che è una strada di cultura e innovazione». Ma intanto, la moda che conosciamo oggi, rispetto a quella che scaraventò Gianni da Reggio Calabria a Miami, sembra diluita nell’amuchina del buongusto. Dagli sfavillii spudorati alla sinistra emotiva. Come passare dal Billionaire al Savini in una sola passerella.
Con Versace, Prada catturerà l’opposto del suo pubblico o Versace con Prada finirà con l’addomesticare i suoi estimatori a un altro stile? Sulla carta pare il connubio impossibile, l’appuntamento da mancare. Eppure è un’unione controintuitiva benedetta dai mercati, l’investimento che il gruppo Prada ha scelto di fare prima di chiudere altre acquisizioni per i prossimi tre anni. L’accostamento incongruo è, ovviamente, una scelta ponderata, Bertelli ha spiegato che «Versace rispondeva a due criteri fondamentali: il rischio finanziario contenuto e il valore del brand, tra i leader mondiali in termini di notorietà». Perché è con gli eccessi che si spinge la gente a desiderare e Versace ha insegnato la rotta dei sogni, ha disegnato le mappe di una nuova geografia del lusso: quello che non voleva stare sotto traccia né chiedere permesso.
Il suo forzare ha creato strade sul sentiero non ancora battuto e decisamente poco invitante della prudenza. È arrivato Gianni e ha fatto esplodere gli anni Novanta, li ha vestiti e poi spogliati. E tanti altri si sono messi in scia su un percorso che, a quel punto, era finalmente percorso. Cindy, Carla, Naomi, Claudia, Linda, Helena, Christy, Karen e Yasmeen, con Gianni, anche a loro è bastato solo il nome. Per tutto il resto delle loro vite. Dopo di loro, il diluvio. Dio ha creato la donna, Gianni Versace ha creato le top model. È questo che Prada ha acquistato: un mondo, quello da cui molto ha avuto inizio. Il mondo della spinta: degli scatti di Richard Avedon, delle feste nei night club, della Milano da bere, della discesa in campo di Silvio Berlusconi e della quotazione in Borsa di Mediaset, della benzina verde, di Google e dei telefoni cellulari che diventavano fenomeni di massa, di Madonna che ancora poteva cantare Like a Virgin… Versace è quel mondo lì. Che oggi si dipana tra linee fantasiose e mercati ramificati. Ma che conserva l’anima di quella che è stata una certa grandeur italiana della quale forse non andiamo fieri sempre e per tutto ma della quale sentiamo incontestabilmente una feroce nostalgia.
Oggi la Medusa, con la sua iconografia storpiata dalla contaminazione fin troppo pop, che strizza l’occhio alle influencer che viaggiano in tuta di ciniglia e fanno acquisti ai duty free degli aeroporti, tiene vivo sotto agli scompigliati serpenti qualcosa che ancora ci ricorda gli anni in cui pensavamo di potere tutto. Ha ancora qualcosa che le si agita dentro perché parla alla parte di noi che ancora tutti abbiamo voglia di ascoltare. E forse, domata dal «marito» giusto… Forse oggi che la Medusa è diventata la signora Prada, l’attende un’altra vita, più «rispettabile». Lo stesso fuoco ma raffreddato sotto a un tailleur per bene. Di norma, quando di due coniugi si dice che non c’entrano nulla l’uno con l’altro, significa che in realtà sono perfettamente assortiti. Ed è sempre dalle unioni più audaci che nasce «la razza» migliore.
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