Le lancette dell’orologio svizzero segnano l’ora della crisi. Le esportazioni di orologi elvetici verso gli Stati Uniti sono infatti precipitate del 55,6% nel mese di settembre, travolte dall’impatto dei nuovi dazi del 39% imposti da Washington sulle importazioni di segnatempo svizzeri. Lo ha comunicato nei giorni scorsi la Federazione orologiera svizzera (FH), precisando che il crollo ha di fatto annullato i progressi registrati sui mercati asiatici, in particolare in Cina e a Hong Kong.
Il tracollo americano segue la flessione già registrata ad agosto (-23,9%), segno che la stretta tariffaria statunitense sta colpendo duramente il comparto. Le nuove tariffe erano entrate in vigore nel corso dell’estate, che aveva scatenato tensioni commerciali con diversi partner, tra cui proprio la Svizzera.
Lo tsunami dei dazi
Prevedendo il contraccolpo, i produttori elvetici avevano tentato di anticipare il colpo accumulando scorte negli Stati Uniti nei mesi precedenti. Ad aprile, subito dopo l’annuncio dei dazi, le esportazioni verso gli Usa erano infatti balzate del 149,2%, per poi crescere ancora del 45% in luglio. Un’accelerazione che oggi si rivela puramente temporanea. “A settembre la maggior parte dei mercati è cresciuta, ma la correzione massiccia registrata negli Stati Uniti ne ha annullato tutti gli effetti”, ha commentato la Federazione nella sua nota mensile.
Asia in recupero
Se oltreoceano le lancette si fermano, in Asia il tempo dell’orologeria svizzera sembra invece accelerare. In Cina le vendite sono rimbalzate del 17,8%, mentre Hong Kong ha fatto ancora meglio, con un +20,6%. In Europa, il quadro è più sfumato: le esportazioni verso il Regno Unito sono salite del 15,2%, ma si sono contratte verso i principali mercati continentali: Francia (-3,5%), Italia (-3,9%) e soprattutto Germania (-14,6%).
Nel complesso, le esportazioni orologiere svizzere sono diminuite del 3,1% su base annua, attestandosi a 2 miliardi di franchi svizzeri (pari a circa 2,1 miliardi di euro). Tuttavia, sottolinea la Federazione, senza il crollo americano ci sarebbe stata una crescita del 7,8%. Il dato segna una battuta d’arresto significativa per un settore simbolo del made in Svizzera, che dopo anni di espansione si trova oggi a fare i conti con le nuove tensioni protezionistiche internazionali.
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