Per gli operatori italiani del mercato dell’arte si è chiusa un’estate a due facce: prima l’euforia per l’acclamato decreto del governo che taglia finalmente l’Iva sulle compravendite, poi la preoccupazione per l’effetto dell’applicazione dei dazi americani che non potrà mancare di avere ripercussioni su una congiuntura già stagnante dal 2024 (-12%). A onor del vero, il nuovo codice dell’U.S. International Trade Commission non penalizza, almeno sulla carta, le opere d’arte come dipinti e sculture, che sono classificati alla voce di «informational materials», protetti dal Primo Emendamento e dunque esenti dalle tariffe doganali. Tuttavia, lo stesso codice prevede numerose eccezioni dando ampio margine di discrezionalità ai funzionari doganali che possono decidere se e quali dazi applicare fino alla possibile, sia pur estrema, requisizione del bene.
Le eccezioni comprendono soprattutto pezzi di antiquariato, oggetti e mobili di design, multipli, arte digitale, e oggetti cosiddetti “ibridi” ovvero contenenti metalli o materiali off limits. Non è tutto. Anche i materiali necessari per creare, imballare o esporre l’arte (legno, metallo, materiale da imballaggio) possono essere colpiti da dazi, aumentando considerevolmente i costi di produzione e trasporto. Non da ultimo vi saranno aspetti burocratici come l’aumento della documentazione richiesta, che verosimilmente allungheranno i tempi di spedizione e richiederanno consulenze specializzate per gli esportatori. Un capitolo a parte riguarda Paesi come Canada, Messico e Cina per i quali gli Usa hanno imposto dazi del 25% anche su tutte le opere d’arte. Ma questa è un’altra storia. In Italia, i più pensierosi sono gli operatori del comparto design storico e antiquariato.
Rossella Colombari, la più accreditata galleria italiana di design del Novecento, è presente da 46 anni sul mercato americano: «Di crisi per il nostro settore ne ho viste anche di peggiori, come quella del 1991 durante l’invasione del Kuwait o anche quella del 2014. I nuovi dazi introdotti da Trump non sarebbero di per sé un problema insormontabile se non si aggiungessero a un mercato già caotico come quello Usa dove ci scontriamo con la svalutazione del dollaro e con un precedente dazio del 7% sull’illuminazione di design. Sommando tutto, per noi la tassazione sull’export non sarà del 15 ma del 32 per cento. Come se non bastasse, i nostri trasportatori ci chiedono: che cosa succederà per gli oggetti e gli arredi che contengono metalli come acciaio e alluminio, che sono ora tassati del 50 per cento?». Tutto ciò senza contare i divieti già esistenti in Usa sull’importazione di oggetti o mobili antichi che contengono materiali politically uncorrect (Lacey Act del 2008) come palissandro, ebano, mogano, avorio, tartaruga, corallo, pelli esotiche e altre rarità: «Una vera assurdità – dice Colombari – visto che stiamo parlando di antiquariato…».
Cerca di essere ottimista Giacomo Abate, responsabile del dipartimento Design della casa d’aste Wannenes, che proprio all’ultima asta di luglio ha registrato la vendita a un collezionista americano di un lampadario Max Ingrand degli anni ’60 a 52mila euro, cioè il doppio del prezzo di base: «Il design storico europeo vende emozioni, icone e memorie, dunque sono certo che il vero collezionismo si adeguerà anche a questi dazi, così come nel 2021 si era adeguato all’aumento del costo per metro quadro dei container di spedizione». Ottimista anche Michele Casamonti, fondatore con il padre Roberto della Galleria Tornabuoni Art che ha sedi in Italia e all’estero: «Per le opere d’arte originali il problema non sussisterà, per quanto riguarda materiali e servizi la situazione si chiarirà con le grandi fiere internazionali negli Stati Uniti, prima tra tutte Art Basel Miami che si tiene a dicembre. Più che sulle conseguenze economiche dei dazi, mi spaventa un po’ l’atteggiamento culturale che è all’origine della nuova politica americana, quella di America first, un clima che potrebbe riverberarsi sul collezionismo statunitense che tradizionalmente ha sempre ha sempre guardato con estremo interesse all’arte europea, e in particolare quella italiana; basti pensare che moltissime collezioni e musei americani espongono gli artisti dell’Arte povera, del Futurismo e dello Spazialismo italiani. Non vorrei che iniziasse a filtrare il messaggio che prima viene l’arte americana…».
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