Partiamo dalla realtà: nel nuovo mondo digitalizzato i vostri dati non sono più, appunto, vostri. O meglio: potete esercitare il diritto di difendere quelli più sensibili nel nome della privacy, ma tutto quello che fate, che scegliete, che (a volte) dite, gira all’interno della Rete e finisce gratuitamente nei depositi di chi, i vostri dati, li utilizza per offrirvi i suoi servizi. Per fare soldi, insomma (loro). Questo succede anche se andate in giro con un cellulare anni Novanta, se non volete iscrivervi ad alcuna app di messaggistica, se non siete continuamente collegati a un social network: basta uscire di casa facendo slalom tra le migliaia di telecamere che ci sono in giro, fare un pagamento con il bancomat, o entrare in un negozio pieno di specchi digitali o assistenti vocali. Basta vivere, dunque, per essere tracciati. E quindi: perché non utilizzare tutto questo a nostro vantaggio?
C’è un acronimo entrato nel vocabolario tecnologico che spiega tutto: DePIN. Ed è una soluzione ancora sconosciuta ai più, ma è un’arma da utilizzare nel pieno della rivoluzione Web3, cioè l’evoluzione di Internet caratterizzata dalla decentralizzazione e dalla proprietà dei dati gestita direttamente dagli utenti tramite tecnologie come la blockchain. In pratica DePIN, ovvero Decentralized Physical Infrastructure Networks, è un nuovo paradigma economico che promette di ridefinire i concetti di lavoro, reddito e partecipazione digitale. E se tutto questo vi sembra poco comprensibile, sappiate che i dispositivi fisici connessi – dalle auto agli smartphone, dalle antenne alle reti WiFi domestiche – diventano parte attiva di un network che genera valore e guadagno per gli utenti. Basta crederci e la semplice iscrizione a qualche app.
E allora: il modello DePIN, come detto, si basa sulla partecipazione volontaria degli utenti, i quali mettono a disposizione dati, potenza di calcolo, connessione Internet o sensori in cambio di una ricompensa in token digitali. Gettoni che possono poi essere tramutati in coupon, criptovalute o, perché no, anche in denaro contante. In questo meccanismo non è più solo il software a essere decentralizzato: anche l’hardware e le risorse materiali vengono condivisi in modo trasparente, sicuro e remunerato. E secondo Michele Ficara Manganelli, direttore dello Swiss Blockchain Consortium, «nei prossimi anni sarà il mondo DePIN a garantirci stipendio e pensione. Significa che non saranno più solo le aziende a remunerare il lavoro, ma reti di oggetti connessi che raccolgono dati, forniscono servizi distribuiti e vengono premiati».
Sarà, per dirla semplice, un mondo in cui il valore non sarà più creato solo nei server centralizzati delle Big Tech, ma in una costellazione di nodi fisici diffusi che cooperano tramite smart contract, garantendo maggiore efficienza, privacy e inclusività economica. E quindi: quanto manca?
La notizia è che, parlando al presente, esistono già numerosi progetti che offrono agli utenti la possibilità di guadagnare passivamente, semplicemente utilizzando le proprie risorse quotidiane: siamo agli albori, ma si può cominciare a provare. Tra gli esempi più interessanti ci sono app come DIMO – che permette di condividere dati come posizione, consumo, diagnostica della propria auto per ottenere token in cambio – oppure Mystnodes, servizio con il quale si guadagna ospitando un nodo che contribuisce a una rete VPN decentralizzata e cedendo una parte della propria banda internet inutilizzata per migliorare la privacy e la sicurezza online degli altri utenti. Imprese di economia distribuita (qui a parte ne mettiamo altre) che toccano vari settori economici e arrivano perfino nella sfera ambientale con applicazioni come Ambigo, con la quale un dispositivo fisico inviato all’utente lavora come sensore ambientale per misurare e condividere i dati sull’inquinamento atmosferico. Contribuendo a costruire una mappa aggiornata in tempo reale della qualità dell’aria.
Insomma, è solo l’inizio di una rivoluzione personale che mette i nostri dati, e quindi noi, al centro di tutto. E d’altronde: da quando Facebook ha cancellato dalla sua homepage la scritta “è gratis, e lo sarà per sempre”, ci è già chiaro che paghiamo le grandi aziende tech mettendo la nostra vita a loro disposizione. È arrivato, però, il momento di chiedere qualcosa in cambio. «DePIN è la naturale evoluzione di un’economia che non può fare a meno di internet – spiega ancora Ficara Manganelli -: remunerare chi ospita, gestisce e mantiene l’infrastruttura globale, senza passare da giganti centralizzati, diventa un cambio di paradigma radicale. Dove ogni individuo può contribuire con ciò che possiede, un’auto, una connessione, un sensore, e ricevere un reddito, anche minimo ma scalabile, per la sua partecipazione».
Si diceva di un futuro in arrivo, ma non bisognerà aspettare molto: «Entro cinque anni, ogni startup o big tech dovrà integrare una strategia DePIN per essere sostenibile e convincere utenti e investitori. Chi non saprà decentralizzare resterà fuori mercato: la monetizzazione dei propri dati e delle proprie risorse non sarà più un optional, ma una forma legittima e riconosciuta di micro-lavoro digitale». La blockchain quindi – ovvero quel database condiviso e distribuito tra molti computer, dove ogni transazione viene registrata e verificata da tutti i partecipanti alla rete in maniera sicura e immutabile – rende sempre più realistico il fatto che la nostra futura pensione (o, più probabilmente, quella dei nostri figli) potrebbe arrivare non più da enti pubblici o piani previdenziali, ma da reti autonome e auto-sostenibili. Ogni contributo, anche piccolo, alla rete verrà registrato, valutato e ricompensato in modo trasparente.
Chi installerà un sensore, condividerà la connessione o fornirà dati utili per la collettività riceverà una quota equa di valore digitale. E le piattaforme DePIN rappresenteranno così una nuova forma di reddito passivo, accessibile a chiunque e potenzialmente più democratica. Così, praticamente, ecco il mondo al contrario che potrebbe realizzare finalmente il sogno di chi Internet lo ha inventato: «Dati, connettività e sensoristica saranno la moneta di scambio per una rendita digitale automatica, distribuita tra milioni di piccoli nodi umani e non. Chi resterà legato a un modello centralizzato, finirà semplicemente fuori mercato».
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