Il mare non è solo pesca: il capitale blu a livello globale vale oltre 24.000 miliardi di dollari. In Italia, l’economia del mare ha generato nel 2022 un valore aggiunto lordo di 64,6 miliardi. Innumerevoli i settori coinvolti: dai trasporti al turismo, dalla pesca all’energia. Ma oltre ai comparti tradizionali si fanno spazio anche nuovi campi di applicazione innovativi, come mette in luce lo studio realizzato da Sda Bocconi e Intesa Sanpaolo per il lancio del Blue Economy Monitor, il nuovo osservatorio della banca. Fra le realtà più promettenti ci sono biotecnologie e farmacologia marina: campo in cui siamo all’avanguardia, visto che l’Italia ospita il 10% delle aziende europee nel campo delle biotecnologie blu, con una particolare presenza nelle applicazioni biofarmaceutiche.
Principi attivi
Sul mercato sono già presenti farmaci basati su principi attivi di origine marina: antitumorali, antivirali e anti colesterolo e trigliceridi. Parallelamente vengono sviluppati biomateriali come il collagene marino, ottenuto da scarti della pesca, utilizzato per la rigenerazione di pelle, ossa e cartilagini. Tra gli antitumorali spicca la trabectedina, derivata dalla tunicata marina Ecteinascidia turbinata (un invertebrato) e oggi sintetizzata in laboratorio. Un altro farmaco innovativo è l’eribulina, ottenuta dall’alga Halimeda, usata contro il cancro al seno metastatico. Spugne e coralli producono sostanze chimiche in grado di inibire la replicazione di virus come quelli dell’Hiv e dell’epatite. La pelegrinina, derivata da un mollusco, si è mostrata utile contro herpes e influenza.
Il ruolo cardine dell’Italia nel settore si articola su più fronti. Da un lato, Enea è stata capofila del progetto Ue “B-Blu“ che ha coinvolto dieci Paesi del Mediterraneo per creare una blue biotechnology community. Dall’altro, sono nate imprese come Biosearch, spin-off dell’Istituto di Chimica Biomolecolare del Cnr e della Stazione Zoologica Napoletana Anton Dohrn che ha un intero dipartimento dedicato alle biotecnologie marine ecosostenibili; Micoperi Blue growth, che ha fra gli obiettivi «ricercare principi attivi ecosostenibili alternativi alla chimica e applicabili sia in agricoltura che in campo medico»; e Bioactive, che nei suoi impianti coltiva «micro alghe e piante officinali per la sintetizzazione di attivi farmaceutici italiani ad altissimo valore».
Atenei
I farmaci marini sono anche al centro della ricerca degli atenei. L’Università di Pisa ha creato un centro interdipartimentale di farmacologia marina e quella di Genova un corso ad hoc, mentre la Federico II di Napoli ha istituito diversi gruppi di ricerca sul tema, come TheBlueChemistryLab. La Ca’ Foscari di Venezia ha depositato un brevetto per trasformare la chitina nel guscio del granchio blu in nanomateriali intelligenti con cui realizzare, per esempio, patch medicali biocompatibili. Mentre l’Università di Bologna punta su un laboratorio di biologia delle alghe.
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