Se vi trovate a Riad e avete voglia di mangiare un panettone, o siete fuori registro o conoscete il prodotto: trattasi del dolce confezionato da Luca Penna, made in Italy, o meglio Puglia, ancora meglio Salento e ancora di più, Santa Maria di Leuca, ultimo morso d’Italia prima della luce e del silenzio del Mediterraneo. Scherzi del sole, del mare e del vento salentini? Negativo, è tutta roba vera, serissima, naturale, senza trucco, senza inganno, qualità assoluta.
Ma questa sarebbe pubblicità mentre la storia che c’è dentro è profumata come il panettone, la storia dei fratelli Penna. Stefano laureato alla Cattolica di Milano in Economia Industriale e Luca, pasticciere, cuoco, chef titolare del ristorante «Origini» sempre a Leuca, all’interno di Montirò, il resort di proprietà di Maria e Rocco, madre e padre padrone dell’azienda che tuttavia non mette mano se non naso nell’arte di Luca e nella saggezza amministrativa di Stefano e nella discrezione di Alessia.
Penna Bakery è una realtà non paesana, non è un territorio che si limiti alla creazione dei dolci di Natale e Pasqua, è molto di più. È la ricerca degli ingredienti, è il risultato alto del prodotto e innanzitutto è la narrazione di una storia, quella di Luca, bambino affascinato dalla cucina più che dai balocchi e di suo fratello Stefano che si divertiva a fare scontrini, l’astuzia commerciale già in adolescenza. Va da sé che l’unione fa business e Luca ha una enciclopedia di racconti che partono dalla Puglia, vanno a Milano, sbarcano in Inghilterra, viaggiano in America, dunque Londra, Orlando, l’altro mondo per scoprire, capire, imparare, migliorare e infine fare lezione. A forza di vedere, di assaporare, di degustare (o disgustare) donuts e cookies, Luca Penna ha capito di poter fare meglio, di aggiungere la creatività e la tradizione italiane. Scuola alberghiera e a diciotto anni, Luca è dell’85, dicembre giorno 17, parte per Milano, sei mesi di stage al Four Season, osserva, studia il lavoro della brigata ma ha voglia di provare altro, dunque l’Inghilterra perché il mito di James Bond riempiva i suoi sogni.
Va al George Club, 87/88 Mount Street, in Mayfair, prima paga sterline 900, il mondo è little, tra i fornelli trova due salentini di Ugento, Cristian Antonazzo e Antonio Damiani, la dimora è l’ostello della gioventù, camerata da dodici inquilini. Fa due conti con quello che i genitori gli hanno messo in portafoglio, mille sterline che però scompaiono per uno scippo, nel sottopasso della stazione di Stratford. Luca si ripresenta depresso al George club, spiega il misfatto a Graziano Bonacina, lo chef, ma evita di raccontare l’accaduto, per vergogna, a Rocco e Maria. Non ha più un centesimo per mangiare, viaggiare, vivere, chiede un anticipo ma Bonacina lo rassicura, aggiungi ore di lavoro e ti sarà dato. Non ci sono alternative, Luca non molla, raddoppia l’impegno, il sudore, cucina, lava, spazza, prova con le frolle, le creme, i bigné,la mensa prevede pasta in bianco e formaggio, stop. Con le “nuove” sterline affitta una casa, una stanza, con bagno e cucina incorporata, pigione di 350 sterline, zona Nord Ovest, Kilburn, metrò linea grigia Jubilee. Al George Club non si scherza, orari dalle 6 del mattino fino all’1 di notte, nel giorno di riposo si iscrive al Callan Studio per migliorare l’inglese basico. Gli arriva un’offerta dal ristorante Giardinetto, cucina italiana ma con esperimenti molecolari, otto mesi di lezioni poi lo Scott’s al 20 di Mount Street, sito leggendario di pesce crudo, tempio delle ostriche.
LA SVOLTA
Ma la svolta è al Browns, della catena di Rocco Forte. Il salario è di 1.200 sterline, insieme con il manager, che combinazione è italiano, Manuel Baggioni, prende in locazione una casa bella, tre camere, salotto, due bagni, costo 1.500 mensili ma la coppia subaffitta ad altri giovani, studenti e camerieri, la spesa di abbassa a 250 sterline. Al Brown poche chiacchiere, sul muro della cucina c’è un solo comandamento: «Qui si lavora, non si parla». Luca fa tutto e di più, chi sbaglia paga, quando una salsa o un dolce non hanno la giusta dose, la giusta forma, finiscono in faccia o nel cesto della spazzatura. Clientela interessante, Luca ricorda Karl Lagerfeld, Diego Della Valle, Michelle Hunziker ma ecco un altro giro di giostra, Annabel’s, al 46 di Berkeley Square, il massimo, il club più esclusivo di Londra, il giorno del colloquio lo informano: «Quello che vedi qui non lo vedrai in nessuna altra parte del mondo, nella tua vita». Luca Penna è in brigata con altri 25, al momento dei dessert va ai tavoli, flamba l’Eton Mess, fragole, meringa sbriciolata, panna montata: lo guardano, curiosamente ma lui ricambia con orgoglio italiano, Sharon Stone, Penelope Cruz, Al Pacino, Di Caprio e Hugh Grant, Ron Dennis e Briatore, compaiono i due Windsor, William e Harry, partono conti stratosferici, un tavolo di una ventina di russi paga 110mila sterline.
Davanti a tanto “cinema”, a Luca viene la voglia di partire per l’America ma a New York i contratti sono a lunga scadenza, allora sceglie Walt Disney, mica i cartoni animati ma Orlando, un anno e mezzo a 500 dollari al giorno, abita in un villaggio con tutti i privilegi, piscina, campi da tennis, pallacanestro, riservato ai dipendenti, un sogno, si traveste da Forrest Gump, viaggia, scopre, impara. E’ il tempo di tornare a casa, Rocco e Maria hanno bisogno dei figli per sistemare Montirò, dunque albergo con ristorante. Luca è da sempre affascinato dai lieviti, prova, riprova, cinque, dieci, al massimo trenta panettoni, per i parenti e amici stretti. Arriva il Covid, insieme con il fratello Stefano, comprende che è il momento per organizzarsi, a Milano, anno 2021, è in programma Re Panettone, Penna Bakery si piazza al secondo posto.
Esplode il fenomeno, arrivano richieste da ogni dove, servono investimenti in laboratorio, 40mila euro per incominciare, la produzione passa da 400 a 600 a 800 e arriva a 3.000 lievitati, dall’Australia una commessa di 6.000 panettoni, dalla Spagna El Corte Ingles ne chiede 2.000, l’acconto è di 20mila euro, la Rinascente vuole 2.000 confezioni, lo stesso numero per la catena svizzera Globus e Eataly Usa e Olanda, c’è anche Fortnum & Mason, Londra. E poi arriva la richiesta clamorosa, la società di Bin Salman, principe saudita e primo ministro del Paese, 700 panettoni ogni mese, per tutto l’anno, pagamento anticipato, il prossimo 28 ottobre Luca partirà per Riad dove esibirà l’arte dei lieviti. La casa e resort di Montirò è un’azienda, Luca e Stefano aprono un nuovo ristorante, Origini appunto, l’insegna giusta per il ritorno, 28 dipendenti, la famiglia è coinvolta. Maura Toma, moglie di Luca, in ufficio, il pupo Rocco jr non ancora avendo un anno e mezzo ma Stefano è al commerciale, Alessia, l’altra sorella, agli ordini, la Bakery ha ordini per 25mila panettoni. Siamo soltanto all’inizio, Luca e Stefano Penna hanno un sogno, aprire negozi di dolci, panettoni, colombe e veneziane in America, Inghilterra, Arabia, tutti made in Santa Maria di Leuca. Non è un sogno ma ogni tanto è bello ricordare l’ostello di Londra, il furto in metropolitana, i Windsor e sapere che la vita è domani. Comunque se sbarcate a Riad lasciate perdere Laddu, Luqaimat e Kunafa, zuccheri e melassa, quando sentirete il profumo dei canditi e dell’uvetta, sono i Penna che vi aspettano. As Salaam alaikum.
Leggi anche:
–Glaciale, visionario e stacanovista: il profilo del re del lusso Bernard Arnault
© Riproduzione riservata