Arte, cultura e soprattutto cibo. La tavola ha sempre maggiore appeal e negli ultimi anni ha sorpassato l’alloggio, diventando così la voce di spesa più importante del budget della vacanza in Italia, tanto che per molti turisti è addirittura la principale motivazione del viaggio nella Penisola. Con una spesa di 185 miliardi, di cui 60,4 provenienti da visitatori internazionali e 124,6 da quelli nazionali, i numeri sono in crescita secondo le previsioni per il settore del turismo in Italia nel 2025 dell’ultima Ricerca sull’Impatto Economico del World Travel and Tourism Council. Nel 2024 gli stranieri avevano speso 55,2 miliardi e quelli nazionali 122,6, ossia rispettivamente 5,4 miliardi e 2 miliardi in meno rispetto a quanto preventivato per quest’anno. Se sui primi bilanci della stagione estiva pesano le minori presenze nelle spiagge, certamente più incoraggianti sono i risultati della spesa enogastronomica con oltre un terzo del budget destinato al consumo di pasti in ristoranti, pizzerie, trattorie o agriturismi, ma anche per souvenir acquistati in mercati, feste e sagre di Paese. E a settembre si registra un aumento in percentuale del turismo legato al cibo grazie alla possibilità di partecipare a eventi che si concentrano tradizionalmente all’inizio dell’autunno con l’arrivo dei prodotti tipici di stagione, dalle castagne ai tartufi fino ai funghi. Uno scenario che conferma la centralità del patrimonio enogastronomico nazionale, dalla cui valorizzazione dipendono molte opportunità di sviluppo economico e occupazionale, lungo tutta la Penisola. E non è un caso che, secondo la classifica delle 100BestFood Cities realizzata da TasteAtlas Award 2024-2025, nella top dieci delle città dove si mangia meglio nel mondo si trovano ben 6 capoluoghi italiani, che occupano peraltro tutte le posizioni del podio con Napoli in testa seguita da Milano e Bologna. Ma tra le prime dieci ci sono anche Firenze, Roma e Torino. Un risultato ottenuto grazie alla presenza di 328mila realtà attive sul territorio nazionale tra bar, ristoranti, mense, catering e ristorazione mobile con un milione e mezzo di occupati e 96 miliardi di fatturato nel 2024, secondo l’ultimo rapporto Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi).
Eccellenze italiane
L’Italia è leader mondiale del turismo legato al cibo perché può contare sull’agricoltura più green d’Europa con il maggior numero di specialità Dop/Igp riconosciute nella Ue e migliaia di prodotti alimentari tradizionali censiti dalle Regioni. «Ogni piatto racconta tradizioni, storie, identità. La filiera corta, i prodotti a chilometro zero, stagionali, le espressioni della biodiversità, le denominazioni d’origine, l’accoglienza nelle aziende agricole, rappresentano territori e persone, che valorizzano la nostra agricoltura e connotano di autenticità il nostro turismo», ha sottolineato Dominga Cotarella, presidente di Campagna Amica – Terranostra nel ricordare gli agriturismi, le strade e le città del gusto e i mercati contadini. Si contano infatti in Italia quasi 1200 mercati e punti vendita diretta di Campagna Amica diffusi lungo tutta la Penisola. Si tratta di strutture determinanti per diffondere la conoscenza dei prodotti a chilometri zero, anche ai turisti, nelle città e nelle campagne dove, secondo l’ultimo rapporto Istat, sono presenti 25.849 agriturismi che ospitano quasi 5 milioni di turisti all’anno, per la maggioranza stranieri. La rete delle strade e delle città collegata a prodotti agroalimentari di qualità come le città del vino, dell’olio, del bio e i numerosi percorsi enogastronomici inoltre coinvolgono circa 1300 realtà, il 60% delle quali si trova in sei regioni con la Toscana (137) al primo posto seguita da Piemonte (123), Campania (123), Veneto (99), Sicilia (88) e Sardegna (87). Dall’ enoturismo al birraturismo fino al turismo dell’olio si tratta di fenomeni consolidati che coinvolgono decine di migliaia di cantine, frantoi e luppoleti che, in misura crescente nel tempo, offrono occasioni di svago e conoscenza dei prodotti del territorio con assaggi, degustazioni mirate e vantaggiose opportunità di acquisto. Sono offerti lungo lo Stivale 5717 prodotti agroalimentari tradizionali, le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura sono praticate in maniera omogenea e secondo antiche ricette tramandate negli anni. L’Italia è anche leader in Europa con 851 prodotti a Denominazione di Origine Protetta (Dop) e a Indicazione di Origine Protetta (Igp), tra cibi e vini. Un sistema che trova le sue radici nei territori degli oltre 5.500 piccoli comuni dove si produce infatti il 92% dei prodotti Dop e Igp e il 79% dei vini italiani più pregiati. Non è un caso che quasi tre italiani su quattro (73%) si recano a visitare i piccoli borghi sparsi sul territorio nazionale secondo l’analisi Coldiretti/Ixe’ che evidenzia come queste aree, se adeguatamente valorizzate, possono diventare una risorsa strategica per il rilancio economico e occupazionale del Paese. Si tratta infatti di realtà che promuovono la cultura del mangiare italiano soprattutto tra gli stranieri, sempre più attratti da mete meno iconiche, ma ricche di cultura e fascino. Luoghi particolarmente importanti per il cosiddetto “turismo delle radici” che riguarda ben 60 milioni di emigranti e loro discendenti, di prima, seconda, terza o quarta generazione, che vivono fuori dai confini nazionali. Secondo l’Osservatorio Coldiretti su dati Isnart e Banca d’Italia sono circa 7,8 milioni i turisti stranieri di origine italiana che ogni anno vogliono riconnettersi con le proprie radici visitando la terra di origine della famiglia con una spesa annuale stimata in 8 miliardi. Il fenomeno riguarda direttamente le aree rurali interne dalle quali è partita una forte emigrazione anche se il viaggio viene finalizzato anche alla visita dei luoghi più turistici. Il cibo, che rappresenta un elemento sempre più significativo dell’esperienza turistica, assume una rilevanza ancora maggiore in questi casi, poiché l’emigrazione ha riguardato aree agricole e le tradizioni a tavola sono l’espressione più diretta del legame con la terra. Ben il 96% dei viaggiatori delle radici in Italia ha apprezzato la cucina locale e l’80% ha fatto acquisti di cibo o bevande, secondo una indagine statistica realizzata da Crea, Università della Calabria e Rete Rurale Nazionale. Il risultato è che al rientro dalla vacanza il 43% si rivolge con maggiore assiduità a prodotti agroalimentari italiani e li consiglia a parenti ed amici ma c’è anche un 12% che li compra senza però consigliarli. I turisti delle radici diventano quindi veri ambasciatori all’estero del Made in Italy.
Sapori senza frontiere
Fare leva su chi arriva anche da lontano è quindi strategico per spingere la domanda. Rientrati nei loro Paesi, infatti, quanti hanno apprezzato il vero sapore delle nostre eccellenze, poi mettono nel carrello prodotti agroalimentari italiani. Un contributo anche per ridurre il fenomeno dell’italian sounding (il falso Made in Italy), perché l’acquisto dei prodotti originali rappresenta anche un ricordo piacevole della vacanza. Nel 2024 le esportazioni di cibo e vino italiani hanno raggiunto il record di 69,1 miliardi e nei primi quattro mesi del 2025 si registra una crescita del 5% nonostante le tensioni internazionali sul commercio determinate da guerre e dazi. Ma non va dimenticato che le imitazioni dei prodotti alimentari italiani nel mondo valgono 120 miliardi di euro, quasi il doppio del vero Made in Italy sui mercati esteri. Il fenomeno va contrastato con una più incisiva conoscenza dei prodotti del Bel Paese alla quale può autorevolmente contribuire la candidatura nel 2025 della cucina italiana “patrimonio immateriale dell’Unesco” promossa dal ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida. Una iniziativa che ha convinto l’81% degli italiani che la ritiene utile alla valorizzazione della cucina nazionale, secondo una recente indagine di Notosondaggi.
«La nostra cucina – ha sottolineato il ministro – non è solo la realizzazione di un piatto ma quello che il piatto racconta: la ricerca, la trasformazione, la contaminazione di secoli di storia, la capacità di produrre tenendo conto la sostenibilità ambientale e sociale».
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