Il «circus» della Formula 1 sta vivendo una piccola rivoluzione: non attrae più solo appassionati di motori e alta velocità ma si è trasformato in una piattaforma globale di stile, moda e lusso che attrae un pubblico mondiale. Le grandi maison della moda vedono nella F1 un palcoscenico perfetto per raccontare valori di eccellenza, performance ed esclusività. Insomma, moda e lusso sono entrati nel paddock come copiloti. Questo crea opportunità per brand, team, città-evento (come per esempio l’Italian Grand Prix a Monza) di posizionarsi come «luogo di stile».
Le collaborazioni tra moda, lusso e F1 non riguardano esclusivamente loghi o pubblicità, ma si estendono a esperienze personalizzate, come le hospitality Vip, eventi esclusivi, co-creazioni di prodotto. Ad accendere il semaforo verde di questa nuova corsa è stato il colosso francese Lvmh quando ha annunciato l’accordo globale di dieci anni con la Formula 1 che coinvolge varie società del gruppo: Louis Vuitton diventa «Victory travels in Louis Vuitton» con trunk-trophy esclusivi per i podi; Tag Heuer funge da cronometrista ufficiale, Moët & Chandon (e la Hennessy) portano la celebrazione-champagne nel mondo.
Altri grandi marchi hanno seguito questa strada come AlphaTauri, fondato da Red Bull Racing/Red Bull, che è diventato «Official Premium Fashion Apparel Supplier» della F1 a partire dal 2022. Sono scesi in pista con collaborazioni anche Tommy Hilfiger (ha un contratto di partnership con il team Mercedes-AMG) e Charlotte Tilbury. Ricordiamo anche il cambio di fornitore di kit di Mercedes: Adidas ha preso il posto di Puma, segno che anche i brand sportivi guardano alla F1 per il loro riposizionamento.
Si aggiungono gli accordi con i singoli piloti che sono diventati ambasciatori di moda e bellezza. Ad esempio, Lewis Hamilton ha collaborato con Dior, Carlos Sainz con L’Oréal. Charles Leclerc è ambasciatore globale del marchio di whisky scozzese Chivas Regal dal 2023. E poi ci sono le tendenze influenzate dalle corse che portano in passerella pelle, denim e abiti ispirati al paddock. I bar di Formula 1 che spuntano come funghi trasformano le gare in rituali sociali. Le esperienze immersive creano un accesso che va oltre la pista. I tornei di e-sport offrono alla generazione dei videogiocatori un’altra arena in cui competere. Le partnership nel mondo della moda hanno reintrodotto i codici visivi dello sport a un nuovo pubblico. I meme si sono diffusi in modo organico, senza amplificazioni forzate. Secondo i dati della società di ricerca SponsorUnited, il numero di marchi di abbigliamento sportivo in F1 è raddoppiato dal 2018, passando da 24 a 50, con accordi medi superiori ai 3 milioni di dollari all’anno, circa otto volte superiori rispetto agli accordi comparabili delle leghe sportive statunitensi. La partecipazione totale dei marchi è aumentata del 40% dal 2021. Per il fondatore di SponsorUnited, Bob Lynch, il boom della F1 deriva dalla sua svolta volta a porre al centro la narrazione emozionale. «La F1 è essenzialmente progettata per raccontare storie in modo autentico per il mercato, con piloti che la gente conosce», spiega, «Hanno stili di vita diversi; vivono in tutto il mondo. È un mondo globale e lussuoso».
Al Gran Premio di Singapore, nel box hospitality della Ferrari, il presidente del team, Frédéric Vasseur, ha sottolineato come l’evento fosse esaurito da mesi, cosa che cinque anni fa non sarebbe mai accaduta. Grazie anche ai film: da F1-The Movie con Brad Pitt al fenomeno globale Drive to Survive di Netflix, l’influenza di questo sport si estende ben oltre la pista. Non solo. Pochi giorni dopo la gara di Singapore, la creator di YouTube, Amelia Dimoldenberg (famosa per aver intervistato attori agli Oscar e musicisti ai Brit Awards), ha annunciato Passenger Princess, una serie in quattro parti con i piloti di F1 George Russell, Oscar Piastri, Ollie Bearman, Carlos Sainz e altri, mentre cerca di ottenere la patente di guida.
«Siamo in un campionato del mondo che vive culture diverse e per essere rilevanti abbiamo cambiato il paradigma cogliendo la dinamica dell’intrattenimento», ha dichiarato Stefano Domenicali, ceo della Formula 1 e una delle figure più influenti nel panorama automobilistico internazionale. «Per contattare la platea dei tifosi che continua a cambiare abbiamo cambiato paradigmi in un momento in cui potevamo scomparire», ha aggiunto riferendosi ai tempi del Covid. «I nostri competitor», ha proseguito Domenicali, «non sono altri sport ma l’entertainment. Il made in Italy può rendersi protagonista di questo cambiamento e dobbiamo essere forti ad attrarre investitori».
Di certo, la Formula 1 – per decenni regno dell’ingegneria, della potenza e dell’odore di benzina – è diventata il nuovo circuito della moda: una passerella ad alta velocità dove la competizione si misura in stile, storytelling e milioni di follower.
La visibilità è planetaria: 24 Gran Premi in cinque continenti, centinaia di milioni di spettatori e un pubblico ad alto potere d’acquisto. Il posizionamento è unico: la F1 evoca tecnologia, precisione, esclusività, ovvero gli stessi valori che il lusso vuole trasmettere. E poi c’è il contenuto: la possibilità di creare capsule collection, storytelling digitali, eventi nei paddock che si trasformano in passerelle. L’Italia unisce due eccellenze mondiali – moda e motori – in un solo ecosistema. Ferrari, icona assoluta, apre la strada; ma la presenza di marchi come Armani o di artigiani specializzati nella produzione di abbigliamento tecnico suggerisce un potenziale ancora tutto da esplorare.
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