“La chimica è fondamentale per la transizione ambientale: ha abbattuto negli ultimi trent’anni il 70% delle emissioni dirette di gas serra e dimezzato i consumi energetici. Il riciclo è diventato inoltre la prima modalità di smaltimento dei rifiuti prodotti, toccando la metà del totale e facendo dell’Italia un riferimento internazionale”. Così Francesco Buzzella, Presidente di Federchimica, la Federazione nazionale dell’Industria Chimica, in apertura dell’annuale Assemblea pubblica, tenutasi oggi al Teatro Lirico Giorgio Gaber di Milano.
Il settore impiega oltre 113.000 addetti altamente qualificati: i laureati sono il 27%, il doppio rispetto alla media del manifatturiero. Si è davanti a una creazione di valore sociale a cui contribuiscono il sistema partecipativo di relazioni industriali e un contratto collettivo nazionale di lavoro rinnovato quest’anno, prima della naturale scadenza, che garantiscono pace sociale nelle imprese e benessere per le persone che vi lavorano. Considerando il valore economico, con 65 miliardi di euro di fatturato nel 2024, la chimica è la quinta industria del Paese e il terzo produttore europeo. Conta più di 2.800 imprese, di cui il 70% PMI. La chimica è presente nel 95% dei manufatti e ha un effetto pervasivo e moltiplicatore su tutta l’economia: ogni 100 euro di valore aggiunto nella chimica ne attivano ulteriori 232 lungo tutte le filiere.
Nel contesto attuale, caratterizzato da incertezza, tensioni geopolitiche, scarsa competitività e debolezza generale della domanda industriale, per il settore chimico si prospetta il quarto anno consecutivo di calo di produzione: -1,5% per il 2025.
“A stravolgere il paradigma delle consolidate sicurezze europee provvedono anche Stati Uniti e Cina” ha precisato Buzzella. “Da un lato la nuova ondata di protezionismo americano, con i dazi che incidono in maniera consistente sul nostro settore (l’export supera i 40 miliardi di euro e gli Stati Uniti rappresentano il quarto mercato di esportazioni, con una quota del 7%) da sempre caratterizzato da una forte internazionalizzazione. Dall’altro la sovracapacità produttiva della Cina che opera in un contesto tale da beneficiare di una asimmetria competitiva, tanto che dal 2021 ai primi otto mesi del 2025 la quota cinese sull’import italiano di chimica è passata dal 6 al 17%”.
“La chimica è quindi un vero e proprio motore di sviluppo per il benessere collettivo e la crescita del Paese. Per tutelarne la competitività – ha chiarito Buzzella nella sua relazione – serve intervenire su costo dell’energia, transizione ambientale e semplificazione, condizioni necessarie per evitare il rischio di una desertificazione industriale”.
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