E’ stata una settimana calda per gli appassionati di arte asiatica, settore che negli ultimi anni ha mostrato un dinamismo sorprendente, complice l’allagamento del mercato che vede una crescita costante nei segmenti legati alla pittura moderna e contemporanea, laddove i comparti più tradizionali – come stampe e arti decorative – stanno attraversando una fase di consolidamento.
Mentre a Londra si è da poche ore conclusa la tradizionale Asian Art che annualmente celebra l’arte asiatica attraverso mostre, aste e conferenze (ma l’Asian week più famosa si tiene a marzo a New York…), l’italiana Finarte ha battuto con successo a Milano una pregevole asta con vere e proprie chicche: come una selezione di bronzi Ming tra cui una grande figura in bronzo parzialmente dorato raffigurante Longnu, la figlia del drago, una selezione di incensieri in bronzo, una rara giada intagliata a guisa di bufalo d’acqua del secolo XVIII proveniente dalla collezione Bulgari, alcuni bronzi raffiguranti divinità sia di epoca Ming che Qing, una grande scultura in legno laccato e dorato raffigurante la Guanyin dalle mille braccia risalente al secolo XVII.
«Nel 2025 il mercato dell’arte orientale è apparso più prudente ma anche più maturo». ha commentato Andrea Cesati, responsabile dipartimento arte orientale di Finarte, «passata l’esuberanza del boom, la clientela è ora più riflessiva e consapevole, i pezzi di elevata qualità continuano a realizzare risultati elevati, ma c’è anche un approccio focalizzato sulla storia e le radici culturali».
Non mancano sorprese appetitose anche per i visitatori di Amart, la fiera in corso a Milano, in particolare negli stand specializzati di Mirco Cattai (tappeti asiatici) e Gilistra (arte giapponese).
Un mercato a dir poco sfaccettato, quello dell’arte orientale antica, moderna e contemporanea, che vede come poli economici trainanti l’Asia, in particolare la Cina e Hong Kong, e dove a spingere il mercato è senza dubbio la pittura. Secondo i più recenti report, la categoria «Asian Modern & Contemporary» ha registrato un incremento del 36% rispetto all’anno precedente, superando la crescita di altri segmenti. Un nome spicca su tutti: Yayoi Kusama, incrocio perfetto tra la forza visiva della cultura giapponese e una poetica universale.
Diversa la situazione per le stampe e opere su carta, dove il mercato appare più stabile che in espansione. Le stampe giapponesi ukiyo mantengono fascino, basti pensare a una copia recente di La grande onda di Kanagawa di Hokusai aggiudicata quest’anno per circa 378.000 sterline nel Regno Unito, ma i volumi restano inferiori a quelli della pittura. Più complesso è l’andamento delle arti decorative e degli oggetti d’antiquariato. I dati segnalano una lieve flessione come negli altri segmenti, unito alla contrazione dell’economia cinese.
I risultati delle aste mantengono comunque un buon passo: quelle tenutesi lo scorso marzo hanno totalizzato (tra Christie’s, Sotheby’s e Bonhams) 115 milioni di dollari, risultati soddisfacenti anche se calanti rispetto al 2024 (150 milioni) e al 2023 (190 milioni). Più sottotraccia, ma in crescita, è il fatturato delle gallerie. Il gallerista milanese Giuseppe Piva, specializzato in arte giapponese, è appena rientrato da Dai Tōken Ichi, la più grande fiera annuale di spade giapponesi al mondo che si tiene a Tokyo.
Quella delle antiche spade (katana) e delle armature samurai rappresenta un’ulteriore nicchia che si sta sempre più espandendo. I prezzi sono importanti per i lotti pregiati, pur senza competere con quelli della pittura: una spada Yamanbagiri Kunihiro è stata battuta all’asta per 1,5 milioni di euro. «Le spade più preziose sono quelle che risalgono fino al XII secolo, mentre le armature samurai ancora reperibili sul mercato non sono mai antecedenti al XVII secolo», dice Piva, che sottolinea la crescita del mercato degli antichi paraventi: «Anche in questo caso quelli più ricercati provengono dal Giappone, oggetti che per tradizione nascono come supporto alla pittura, a differenza di quelli cinesi che fungevano solo da arredo».
Sussiste ovviamente il problema falsi. «Nel caso delle spade, che hanno un range di prezzo che varia da poche decine di migliaia di euro a 2/3 milioni, a fare la differenza è la firma dell’artigiano che si trova incisa, quando c’è, nel codolo del manico. La falsificazione, da sempre, si annida proprio lì, anche se esiste una garanzia che può essere rilasciata soltanto dall’associazione Nbthk, lasocietà governativa per la tutela della spada giapponese».
Leggi anche:
1. Capolavori d’intarsio nelle aste mondiali parte la caccia grossa a Maggiolini & soci
2. Aga Khan in guanti bianchi: asta record a Londra per la collezione del principe
© Riproduzione riservata