A una sessantina di chilometri da Montebelluna, ha fatto crac anche la Popolare di Vicenza, per tutti identificata con il suo patron, Gianni Zonin. Il 19 marzo del 2021, dopo un processo durato due anni, con 116 udienze, 8.000 parti civili, il Tribunale di Vicenza aveva emesso il verdetto di primo grado sulle responsabilità del maxi-dissesto che tra «operazioni baciate» e mala gestio fece crollare nel 2017 la Popolare vicentina. Il 10 ottobre del 2022 la Corte d’Appello di Venezia ha confermato la sua condanna, ma ha accordato al banchiere un forte sconto di pena: 3 anni e 11 mesi la sentenza (la Procura generale aveva chiesto 5 anni e 10 mesi), contro i 6 anni e 6 mesi inflitti nel primo grado. I risparmiatori in attesa di giustizia hanno dovuto digerire un’altra notizia non esaltante: a febbraio 2025 la Consulta, esprimendosi in merito alla vicenda della maxi-confisca di quasi 1 miliardo a carico dell’ex presidente della banca popolare e altri tre imputati, ha stabilito che l’obbligo di disporre la confisca di tutti i beni utilizzati per commettere un reato societario può condurre a sanzioni sproporzionate ed è pertanto incompatibile con la Costituzione. In sostanza, per la Consulta il sequestro è illegittimo.
Quella sulla Vicenza è stata la procedura concorsuale più grande della storia della Repubblica italiana: 31 miliardi, sei volte (5,2 miliardi) l’Ilva e due volte la Parmalat, ha sottolineato il professor Giustino De Cecco, uno dei tre commissari liquidatori della popolare vicentina assieme a Claudio Ferrario e Francesco Schiavone Panni. Che a fine ottobre hanno presentato e spiegato in Senato i risultati della loro ultima relazione davanti alla Commissione d’inchiesta sul sistema bancario. I crediti baciati – come hanno spiegato i liquidatori – sono restati di titolarità della Liquidazione coatta amministrativa (Lca) e sono stati considerati in bonis per nominali 386 milioni di euro (25% del totale) per 681 clienti (55% del totale). Le operazioni baciate, classificate deteriorate, sono state invece valutate 1,1 miliardi (valore nominale, 75% del totale) e hanno coinvolto 556 clienti (45% del totale). All’avvio della liquidazione erano inoltre presenti 14 partecipazioni di controllo di BpVi iscritte a bilancio per 421,5 milioni di euro. I liquidatori hanno dismesso partecipazioni in società controllate e collegate incassando 227,7 milioni di euro più altri 14,3 milioni arrivati da liquidazioni volontarie di due società controllate.
Tra il 2017 e il 2019 i commissari liquidatori hanno promosso 27 azioni revocatorie nei confronti degli ex vertici di BpVi che avevano deciso di spogliarsi di parte o di tutto il loro patrimonio. Una prima tranche di azioni revocatorie è stata presentata nel dicembre 2017 per complessivi 29,9 milioni di euro; un’altra a luglio 2018 per 1,9 milioni; infine la terza a gennaio 2019 per un importo di 7,6 milioni di euro. Al 31 dicembre 2024 pendevano ancora due giudizi in primo grado, tre in appello e altri tre in Corte di Cassazione. I commissari liquidatori hanno anche deciso di proseguire con l’azione di responsabilità promossa nei confronti di 32 persone (ex consiglieri di amministrazione, ex sindaci, ex direttore generale ed ex vice direttori generali della Popolare di Vicenza).
A dicembre 2017 Gianni Zonin era stato ascoltato dalla Commissione di inchiesta sulle banche. Perché la Vicenza ha fatto crac? La sua risposta: «Colpa dei dieci anni della crisi economica, delle regole cambiate in corsa, del volume dei crediti deteriorati che in quel periodo si era molto espanso».
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