L’intelligenza artificiale è già entrata nella vita quotidiana degli studenti italiani. Nelle aule, però, resta spesso fuori dalla porta. L’81% degli studenti italiani dichiara di utilizzare strumenti di intelligenza artificiale, dagli assistenti vocali ai software di supporto allo studio. Ma solo il 28% afferma di aver acquisito queste competenze a scuola. La maggioranza impara da sola o con l’aiuto della famiglia, segnale di una domanda formativa che l’istruzione pubblica fatica a intercettare.
Il problema centrale resta la formazione degli insegnanti. Solo il 34% dei docenti italiani si sente preparato a insegnare l’IA, una quota che scende drasticamente al 24% nelle scuole pubbliche. In altri termini, due insegnanti su tre ammettono di non avere le competenze necessarie per affrontare il tema in classe. La percentuale sale al 76% se si guarda esclusivamente al settore pubblico. È il paradosso che emerge dal GoStudent Future of Education Report 2025, un’indagine condotta su oltre 5.000 tra studenti e genitori e 300 insegnanti in sei Paesi europei, che fotografa il divario crescente tra la rapidità dell’innovazione tecnologica e la lentezza del sistema educativo.
Eppure la consapevolezza dell’importanza dell’IA è diffusa. Il 58% degli insegnanti ritiene che sarà cruciale per il futuro professionale degli studenti e la metà arriva a definirla un diritto umano fondamentale. Ma tra convinzione e pratica quotidiana si apre un vuoto fatto di mancanza di formazione, accesso diseguale agli strumenti e assenza di linee guida chiare. Solo il 39% ritiene che la scuola li stia preparando adeguatamente alle competenze del futuro. Due su tre vorrebbero insegnanti più competenti sull’IA e oltre la metà auspica una maggiore alfabetizzazione tecnologica anche da parte dei genitori.
L’interesse per forme di apprendimento innovative è alto: il 57% vorrebbe sperimentare lezioni in realtà virtuale o aumentata e la stessa percentuale è curiosa di provare tutor robotici o ambienti di apprendimento basati sull’IA. Tuttavia, solo il 18% ha avuto finora accesso a queste soluzioni. Anche sulle competenze richieste dal mercato del lavoro gli studenti mostrano idee chiare. Chiedono cybersecurity (41%), sviluppo tecnologico (37%) e machine learning (35%). Materie che, nella maggior parte dei casi, restano ai margini dei programmi scolastici tradizionali.
A complicare il quadro c’è una frattura geografica profonda. La Lombardia guida la classifica delle regioni più preparate, ma con numeri tutt’altro che rassicuranti: solo il 24% dei docenti risulta formato sull’IA e meno della metà degli studenti ha accesso a tecnologie avanzate.
In Campania e Lazio la situazione peggiora: l’accesso degli studenti alla tecnologia si ferma intorno al 20% e la formazione dei docenti scende rispettivamente al 18% e al 6%. Sorprende anche il dato dell’Emilia-Romagna, regione considerata storicamente avanzata, dove solo il 7% degli studenti ha accesso a strumenti tecnologici e nessun insegnante dichiara una preparazione adeguata sull’intelligenza artificiale. Il risultato è un sistema a macchia di leopardo, in cui il luogo di nascita incide sempre più sulle opportunità formative.
Il report mette in luce anche il ruolo, ancora fragile, delle famiglie. Solo il 30% dei genitori afferma che i figli utilizzano tutor o assistenti IA per studiare e appena il 34% ha accesso a strumenti didattici basati sull’intelligenza artificiale. I principali ostacoli sono i costi, la mancanza di dispositivi nelle scuole e la scarsa conoscenza degli strumenti. Non mancano, però, segnali di apertura: il 40% dei genitori riconosce il valore dell’apprendimento personalizzato offerto dall’IA e quasi la metà ne vede il potenziale se integrata con la didattica tradizionale. Resta centrale il fattore umano, indicato dal 74% come insostituibile, insieme alle preoccupazioni legate a un uso improprio della tecnologia.
© Riproduzione riservata