C’è chi investe in titoli azionari e chi invece preferisce puntare su Pikachu, il mostriciattolo giallo dei videogiochi ora considerato da molti un vero e proprio bene rifugio. Non è fantascienza, né tantomeno improvvisazione adolescenziale: la «Pokémon economy», come qualcuno l’ha già ribattezzata, si candida a essere un asset alternativo tra i più sorprendenti. Destinato ad affiancare – almeno in linea teorica – i più celebri settori dell’oro, degli oggetti di lusso e degli introvabili pezzi da collezione. Già oggi il mercato globale delle carte dei Pokémon sfiora gli 11 miliardi di dollari e si inserisce in un frachise tra i più redditizi di sempre: le creature immaginarie create dal giapponese Satoshi Tajiri, infatti, a livello commerciale spostano oltre 100 miliardi, superando Topolino, Star Wars e le principesse Disney.
Il fenomeno su larga scala è trainato proprio dal mercato delle figurine da gioco, iniziato in Giappone nel 1996 con un assortimento base e poi progressivamente esploso in tutto il mondo grazie a un mix di nostalgia, scarsità e speculazione. Molti ex ragazzi degli anni ’90, ora adulti con un maggiore potere d’acquisto, hanno infatti iniziato a collezionare card rare, spingendo la domanda e i prezzi verso l’alto. La pandemia ha ulteriormente alimentato questa tendenza, con un aumento delle vendite online e un sempre maggiore interesse da parte di nuovi investitori. «Le carte dei Pokémon hanno superato i confini del semplice collezionismo e sono diventate ormai paragonabili a una valuta parallela con un mercato strutturato, quotazioni in tempo reale e dinamiche economiche degne di asset finanziari. Per chi sa muoversi in questo mondo, rappresentano un’opportunità di investimento non convenzionale ma molto redditizia», racconta Simone Rebichini, collezionista e conoscitore del fenomeno.
Il settore, del resto, ha raggiunto cifre da capogiro: il record di valore assoluto per una carta da collezione appartiene sinora a una Pikachu Illustrator del 1998, venduta per 5 milioni e 275mila dollari in una transazione privata a Dubai nel 2021. Ad aggiudicarsi questo “Santo Graal” da esposizione era stato lo youtuber americano Logan Paul, già protagonista di altre esose acquisizioni spiattellate poi in rete. Oltre al Pokémon giallo con le orecchie a punta, a raggiungere quotazioni stellari è stato anche il draghetto volante Charizard: una particolare carta che lo raffigura (la “Holo Shadowless” prima edizione), in condizioni ottimali può facilmente valere quanto un attico di lusso. Allo stesso modo, alcuni esemplari del Charizard olografico prima edizione del 1999 sono sul mercato a oltre 400mila dollari e una carta del Pokémon Blastoise è stata ceduta nel 2021 per 360mila dollari: a renderla così preziosa, la mancanza di qualsiasi stampa sul lato opposto a quello dell’immagine. Tra le figurine più rare e dunque ambite spicca poi la Snap Pikachu del 1999: ne esiste soltanto una copia e il suo valore è di circa 270mila dollari. Ma in rete si trovano anche carte tra i 70 e i 30mila dollari, come quella del volpino Umbreon in versione gold star o una Magikarp emessa del 1998 in occasione di un evento promozionale giapponese.
Ad attestare l’autenticità e la qualità delle carte sono alcune agenzie specializzate, che esaminano i pezzi da collezione in base a diversi criteri, come il grado di conservazione, l’integrità dei bordi, l’esattezza e la centratura delle stampe o la loro rarità, assegnando un punteggio che riflette il pregio della figurina. La gradazione professionale permette di stabilire il valore oggettivo delle tessere da gioco e di proteggerle da truffe o svalutazioni, proprio come accade con altri beni materiali da investimento. «I non appassionati potrebbero pensare che si tratti solo di una bolla commerciale o di una mania passeggera, ma non è così. Al netto delle oscillazioni fisiologiche, infatti, il mercato del settore è sempre rimasto stabile negli anni e ancora oggi non si avvertono segnali di calo. Anzi, l’emissione di sempre nuove carte e la passione dei giovanissimi rendono molto vive le contrattazioni, facendo crescere la domanda», spiega ancora Rebichini, ricordando che nel 2026 ricorreranno anche i primi trent’anni dalla nascita dei Pokémon. Con ogni probabilità, tale concomitanza contribuirà ad accrescere ulteriormente l’entusiasmo verso i curiosi personaggi made in Japan e verso gli affari che li riguardano.
A livello globale, la piazza asiatica e quella statunitense sono al momento le più vivaci per gli scambi, ma anche il Vecchio Continente non è da meno: in Europa, nell’ultimo decennio, il gioco di carte collezionabili Pokémon ha raggiunto una quota dell’82% nel mercato di settore. E l’Italia, in particolare, risulta essere il Paese continentale con la maggior crescita nelle vendite sul 2023. Al di là dei numeri, oggettivamente rilevanti, resta però da capire se le suddette figurine possano davvero rappresentare un asset rifugio per gli investitori. In periodi di instabilità dei mercati finanziari, questi ultimi ricorrono infatti a beni con caratteristiche di tangibilità, liquidità e accettazione globale, peculiarità che, in effetti, queste figurine posseggono. Tuttavia, a differenza di quanto accade per esempio con l’oro, le carte dei Pokémon sono soggette a una maggiore volatilità di medio termine legata alla domanda e alle tendenze di mercato, altrettanto ballerine. Le cronache raccontano che investire in questo mercato alternativo può anche regalare soddisfazioni, anche se la parola d’ordine rimane sempre e comunque “prudenza”. Perché, a certi livelli, i Pokémon non sono (più) un gioco da ragazzi.
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