Corriamo quando siamo spaventati, quando siamo in estasi, corriamo via dai problemi e per divertimento. E quando le cose sembrano volgere al peggio, ecco che ci mettiamo a correre più che mai… L’America conta tre momenti d’oro della corsa di fondo, e tutti e tre hanno coinciso con una grande crisi nazionale. Il primo durante la Grande Depressione, poi negli Anni Settanta quando ci azzuffavamo per il Vietnam, per la Guerra fredda, per le rivolte razziali. E il terzo boom della distanza un anno dopo gli attacchi dell’11 Settembre…». Così scriveva Cristopher McDougall, giornalista americano, inviato di guerra in Angola e in Ruanda, ma soprattutto autore di «Born to Run» un best seller sul running.
Il fascino della maratona
Negli ultimi anni è esplosa una vera e propria febbre per il running che, nell’immaginario di chi fa corse di lunga lena, sono i 42 chilometri e 195 metri della maratona. Il 2024 per le maratone è stato un anno record. Parlano i numeri, basti pensare che la 42 km di Londra ha fatto impallidire quella di New York con oltre 800mila richieste di partecipazione anche se quella della Grande Mela si conferma la sfida con il più alto numero di runner al traguardo: 55.646.
Boston, Tokyo, Berlino, Chicago e Parigi sono andate tutte sold out e in Europa i record per corridori giunti sul traguardo spettano a Berlino (54,280 finisher) e a Parigi (54.175). In rampa di lancio c’è poi la Maratona di Valencia che da un lustro ormai macina record e che lo scorso anno ha visto al via oltre 37mila partecipanti, un migliaio meno di Atene che ha registrato 38mila iscritti e che, nonostante tutto, resta la storia.
In Italia brilla la Maratona di Roma che, complessivamente con le altre distanze previste e le staffette, ha portato al via più di 40mila runner. E poi l’Asia che in fatto di corsa di lunga distanza ha grande filosofia e cultura. Dalla Tokyo Marathon che si è corsa a marzo e ha visto in gara 38mila maratoneti a un’altra 42km iconica, la maratona di Pechino che ha visto al via 30mila atleti ma che ha fatto registrare la cifra monstre di 182.949 richieste di iscrizione rifiutate per ovvi motivi organizzativi e di ordine pubblico.
I motivi del boom
«Ci sono almeno quattro motivi dietro al boom della corsa- spiega Alessio Punzi, responsabile running della Federazione Mondiale di Atletica- In questi ultimi anni si sono avvicinati i giovani e il running è diventato “cool“ perché è cambiato lo stile di vita delle nuove generazioni molto più attente al proprio benessere. L’altro aspetto è la tecnologia che in un certo senso ha cambiato in meglio la corsa, con nuovi materiali, nuove calzature che permettono di godersi una pratica sportiva alla portata di tutti ma facendo meno fatica. Infine l’aspetto social e quello legato ai viaggi: correre è diventato un modo di condividere emozioni e i social sono una cassa di risonanza perfetta per questo e le maratone sono ormai diventate l’occasione anche per fare una vacanza magari con amici o famiglia in una città straniera».
Giro d’affari lievitato
Secondo un rapporto della società di consulenza Brand Finance, le 50 maratone più importanti del mondo generano un impatto economico complessivo di 5,2 miliardi di dollari (circa 4,56 miliardi di euro). È un dato in crescita e che conferma come gli Stati Uniti siano la «terra promessa» dei maratoneti visto che concentrano il 40% del valore totale di questo «business». Chicago e New York dominano la classifica mondiale con un ritorno economico rispettivamente di 627 milioni di dollari e 622 milioni di dollari. A ridosso dei due colossi americani si collocano i Majors europei di Berlino (505 milioni di dollari) e Londra (425), seguiti da Boston (308)e Parigi (244). Roma, unica rappresentante italiana, si piazza al settimo posto andando a generare un impatto economico di 172 milioni di dollari. Chiudono la top 10 le gare di Tokyo, Los Angeles e San Francisco. Tutti gli eventi fino all’undicesimo posto (occupato da Osaka) superano i 100 milioni.
Movimento globale
«La vera differenza rispetto agli anni precedenti è che siamo di fronte a un boom “globale“- continua Punzi- La crescita è ovunque. Negli Stati Uniti si è andati ben oltre i livelli pre-pandemia. In Canada le gare sono tutte sold out. In Cina non ci sono abbastanza maratone per soddisfare la domanda, tanto che la federazione ha dovuto limitare il numero di gare per garantire qualità. Nei Paesi del Golfo stanno nascendo nuove maratone di città, che coinvolgono sempre più runner locali. In Europa, le maratone urbane fanno il tutto esaurito. Anche in Russia, pur non avendo relazioni formali, il fenomeno del running è esploso: la Maratona di Mosca ha raggiunto i 38.000 finisher. Le metropoli africane hanno le loro maratone annuali».
Ma il running le maratone non sono un buon affare solo per gli organizzatori e per le città in cui si corrono. Non sono solo sport. Sono motori di salute per le comunità. «Il benessere ha sette dimensioni- conclude Punzi- Fisica, sociale, spirituale, emotiva, intellettuale, occupazionale, ecologica. Le corse contribuiscono a quattro di queste: fisica, sociale, spirituale ed emotiva. Non è poco. Correre resta il modo più semplice, economico ed efficace per prendersi cura della propria salute mentale. E come settore, dobbiamo imparare a raccontarlo meglio».
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