“Vanno disinnescati i dazi o si rischia una nuova recessione. Di fronte alle crisi le banche sono molto esposte, come più complessi e sensibili anelli di connessione tra i fattori dell’economia”. Il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, ha esordito così nel suo discorso davanti alla platea riunita nell’auditorium della Bocconi per l’assemblea dell’associazione dei banchieri italiani. Patuelli ha anche spronato l’Europa ad assumere rapidamente maggiori responsabilità per non essere paralizzata da veti di piccole minoranze, e a trasformare il Mes in un organismo della Ue “con le stesse regole di trasparenza della Bce verso il Parlamento europeo”. Il numero uno dell’Abi ha poi sottolineato di concordare con il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini: “O viene potenziata l’Ires premiale o viene ripristinata l’Ace per patrimonializzare e incrementare gli investimenti delle imprese”. Un allineamento tra Abi e Confindustria degno di nota e abbastanza inedito, ha fatto notare qualcuno in sala, considerando che in passato le due associazioni si sono limitate a condividere solo le richieste di riduzione della pressione fiscale. Patuelli ha anche certificato il ruolo dei sindacati per la ripresa delle banche che è maturata grazie anche alle “profonde riorganizzazioni effettuate con i responsabili e costruttivi comportamenti delle organizzazioni sindacali del sistema del settore bancario”.
All’assemblea dell’associazione dei banchieri è intervenuto anche il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta che ha posto l’accento su come la debolezza del dollaro apra nuove opportunità per l’Unione europea. “Gli investitori stanno ridefinendo i loro portafogli: è l’ora di offrire l’Eurobond”, ha detto Panetta tornando dunque a parlare della necessità che l’Ue si doti di un titolo comune europeo privo di rischi per attrarre i capitali degli investitori in fuga dal dollaro.
“Se i rischi al ribasso sulla crescita dovessero rafforzare le tendenze disinflazionistiche, sarà opportuno” che la Bce prosegua “nell’allentamento monetario”, ha precisato il governatore aggiungendo che “queste valutazioni rispecchiano i principi riaffermati nella recente revisione della strategia di politica monetaria: la simmetria dell’obiettivo di inflazione, l’orientamento di medio periodo e il ruolo centrale dei tassi di interesse tra gli strumenti disponibili”. Nei prossimi mesi, ha aggiunto Panetta, la politica monetaria “dovrà restare improntata a flessibilità e pragmatismo“. Il ritorno dell’inflazione all’obiettivo del 2% segna un progresso “significativo”, ma il quadro “resta esposto a molteplici rischi. In questo contesto, sarà fondamentale continuare a valutare di volta in volta le prospettive e i rischi per la stabilità dei prezzi”.
Collegato in video, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti ha ricordato che «l’economia italiana continua a dare segnali positivi» e dopo il «+0,3% del Pil nei primi tre mesi» il 2025 «ha già una crescita acquisita di +0,5%» con il massimo storico per l’occupazione e «dati confortanti per l’inflazione». Le condizioni della finanza pubblica, ha aggiunto Giorgetti, «sono migliorate, anche per il consolidamento dei conti pubblici». Il rapporto debito pil «al 135% è inferiore alle previsioni di oltre 2 punti».
Il ministro ha inoltre ricordato come lo spread tra i Btp e i Bund sia «ai minimi da 15 anni» e ci sia anche «un migliore giudizio delle agenzie di rating» sulla valutazione del debito pubblico. Giorgetti nell’esame della situazione italiana ha speso parole positive anche per la situazione del sistema delle imprese che hanno «una condizione finanziaria sana», con un debito al 59% del Pil, percentuale ben al di sotto dell’area dell’euro che supera il 100% «la percentuale più bassa» – ha aggiunto – dall’inizio degli anni 2000. Infine, un messaggio alle banche: «Il governo e il Mef» in questi anni «hanno fatto la loro parte» con la disciplina di bilancio che ha portato al calo dello spread e al miglioramento del rating, elementi «che hanno avuto effetti positivi per le banche» e quindi ora «mi attenderei che gli istituti di credito approfittino del quadro mutato e tornino a fare le banche». Perché, ha chiosato, nella valorizzazione del risparmio della clientela “hanno giocato di rimessa” e invece devono essere “più proattive con la clientela sulla gestione del risparmio”, devono “riconcentrarsi sull’attività di intermediazione e finanziamento dell’economia «guadagnando sul margine di interesse» e «meno sulla gestione patrimoniale».
Ricordando il calo dei prestiti alle imprese negli ultimi 15 anni, il responsabile del Mef ha sottolineato che «il governo non guarda alla nazionalità dei banchieri ma soltanto alla loro capacità a svolgere la loro funzione».
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