L’ostilità della Germania verso la scalata di Unicredit su Commerzbank è cosa nota, ma la vera partita è ancora tutta da giocare. A Berlino, il governo guidato dal cancelliere Friedrich Merz, prima di arrivare allo scontro totale con il numero uno di Piazza Gae Aulenti, Andrea Orcel, vorrebbe trovare una via d’uscita che possa far contenti tutti. L’ipotesi di lasciare campo libero alla banca italiana è fuori discussione. Unicredit punta infatti a fondere la sua controllata locale Hvb con Commerz – un’idea indigesta sia per Merz sia per il ministro delle Finanze, Lars Klingbeil, che preferirebbero invece una ritirata ordinata da parte di Orcel, con la vendita della quota.
Ai piani alti del governo l’idea è chiara: Commerz, in quanto banca sistemica, non si tocca. Orcel, semmai, dovrebbe sfruttare la finestra attuale per ricavare una plusvalenza robusta. Del resto, Unicredit ha messo piede in Commerz nel settembre 2024, pagando 13,20 euro per azione, e oggi il titolo vale 28,30 euro. Certo, la banca italiana non potrebbe vendere tutta in blocco la propria partecipazione – Unicredit ha da poco convertito i suoi derivati salendo al 20%, ma ha già annunciato che convertirà anche i rimanenti fino a un teorico 28% – però potrebbe valutare un’uscita graduale o un collocamento privato, magari con l’ingresso di un compratore gradito al governo. Anche applicando uno sconto robusto, nell’ordine del 10% sui prezzi di Borsa attuali, se Unicredit esercitasse tutti i derivati e cedesse il 28%, potrebbe mettere a bilancio una plusvalenza potenziale di alcuni miliardi.
Nonostante tutto, Orcel non intende darsi per vinto. Il numero uno di Unicredit ha scritto tre lettere lo scorso mese, indirizzate al cancelliere Merz, al ministro delle Finanze Klingbeil e al capo della Cancelleria, Levin Holle. Il banchiere vuole avere la possibilità di spiegare di persona al governo quanto sia buona l’idea di creare un “campione bancario nazionale”. Le risposte, però, sono state alquanto fredde: Merz ha rimandato Orcel da Klingbeil, e quest’ultimo lo ha invitato a parlare con i manager di Commerz, non con il governo. Da qui forse la decisione di Orcel di accelerare convertendo i derivati e salire al 20% in una sorta di manovra d’accerchiamento nei confronti della seconda banca tedesca. Nel frattempo, l’istituto guidato da Bettina Orlopp continua a opporsi a Orcel sentendosi protetto anche dal governo. Il vicepresidente del consiglio di sorveglianza, Sascha Uebel, ha dichiarato con tono spavaldo che la salita di Unicredit al 20% «non cambia nulla», se non che «sono forse un po’ più determinato rispetto alla settimana scorsa» a bloccare la scalata dell’istituto italiano.
La verità, però, è che Unicredit ha in tasca un potenziale 28% e l’autorizzazione a salire fino al 30% da parte delle autorità tedesche ed europee. Una quota del genere renderebbe Orcel non solo una presenza ingombrante, ma anche decisiva in qualsiasi assemblea, ordinaria o straordinaria. È una leva negoziale reale, su cui il governo può fare poco. E alla fine, in un logoramento prolungato, potrebbe anche accettare di sedersi al tavolo per trattare. Almeno, questa è la speranza del banchiere romano.
Il governo tedesco, però, non è inerme. Se il pressing per ottenere la vendita della quota non dovesse funzionare, allora potrebbe affilare le armi per rendere un inferno l’integrazione tra Hvb e Commerz. I margini di manovra non mancano: da un lato, Berlino può mantenere il suo 12% in Commerz e fare fronte comune con piccoli investitori e fondi per bloccare una fusione, che richiede una maggioranza qualificata. Dall’altro, ha in mano un arsenale amministrativo e regolatorio in grado di rallentare – o complicare – ogni fase del processo di integrazione. Infine, Orcel dovrà fare i conti con una società quotata e con un Consiglio di sorveglianza dove siedono sindacati combattivi. Con l’appoggio del governo, questi ultimi potrebbero rendere estenuante ogni passo. Non è esattamente il terreno ideale per un manager abituato a essere il dominus assoluto di Unicredit.
Cosa potrebbe fare, invece, Unicredit per alzare ancora la pressione? La mossa più immediata sarebbe convertire tutti i derivati in azioni. Poi potrebbe valutare un’Opa per superare la soglia del 30%. Un precedente utile è l’operazione Mfe sul gruppo mediatico tedesco Prosieben, dove è stata lanciata un’Opa per salire oltre il 30%, con l’obiettivo di continuare ad acquistare quote sul mercato in modo più libero. Tuttavia, anche con un’operazione così improntata, un gruppo di azionisti di Commerz ostili rimarrebbe. Sicché si creerebbe uno stallo societario pericoloso: ed è forse questo il vero asso nella manica di Orcel per trascinare governo e management al tavolo delle trattative.
Più remota, ma non da escludere, la possibilità che Berlino – pur non avendo una legge Golden Power all’italiana – possa bloccare l’operazione attraverso altri strumenti normativi che tutelano gli asset strategici nazionali. Uno scenario che potrebbe guadagnare forza se il braccio di ferro tra Unione europea e Unicredit sul fronte Banco Bpm dovesse prendere una piega favorevole all’esecutivo italiano.
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