Nel 2025 le famiglie italiane destineranno in media oltre 9.300 euro pro capite a spese obbligate su un totale di 22.114 euro di consumi. Un dato che tradotto in termini percentuali significa il 42,2% della spesa complessiva, contro il 37% registrato nel 1995. Una crescita di oltre 5 punti percentuali che certifica una tendenza ormai strutturale e che continua a comprimere la quota destinata ai consumi liberi, ovvero quelli legati a preferenze personali e stili di vita. È quanto emerge da un’analisi realizzata dall’Ufficio Studi della Confcommercio sul peso crescente delle spese obbligate nei bilanci familiari tra il 1995 e il 2025.
Il principale capitolo di spesa obbligata resta l’abitazione, con 5.171 euro annui per abitante, in aumento di 109 euro rispetto al 2024. Seguono assicurazioni e carburanti (2.151 euro) e l’energia (1.651 euro). A rendere ancora più incisivo il peso di queste voci è la dinamica dei prezzi: dal 1995 al 2025, l’indice dei prezzi delle spese obbligate è cresciuto del 132%, a fronte di un +55% per i beni commercializzabili. Ancora più marcata l’impennata per i costi energetici, che segnano un +178% nello stesso arco temporale.
Sangalli: “Freno alla ripresa dei consumi, agire su fisco e tariffe”
“Per le famiglie italiane il costante aumento delle spese obbligate è un forte ostacolo alla ripresa dei consumi. Occorre agire su tariffe e fiscalità per rafforzare il potere di acquisto e rilanciare la crescita economica del nostro Paese”. Così il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha commentato i risultati dell’analisi.
Consumi liberi sotto pressione: segnali misti tra beni e servizi
Sul fronte dei consumi commercializzabili, i dati evidenziano una dinamica mista: da un lato i servizi – come ristorazione, turismo, tempo libero – mostrano un moderato recupero con un +134 euro pro capite rispetto al 2024; dall’altro, i beni tradizionali, inclusi gli alimentari, registrano una nuova flessione di -57 euro.
Nel complesso, nel 2025 la quota destinata ai consumi commercializzabili si attesta al 57,8%, in progressivo calo rispetto agli anni Novanta. La quota relativa ai beni scende al 36,9%, mentre quella dei servizi si ferma al 20,8%, ancora sotto i livelli pre-pandemia (21,3% nel 2019).
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Il ruolo dei prezzi e della demografia
Gran parte dello spostamento dei consumi dai beni liberi verso quelli obbligati è stato determinato dall’aumento dei prezzi, più che dai volumi reali. A ciò si aggiunge il calo demografico: rispetto al picco del 2014, la popolazione italiana nel 2025 sarà diminuita di circa 1,4 milioni di unità, contribuendo a frenare ulteriormente la domanda interna.
Secondo l’analisi, i volumi pro capite di spesa nel 2025, ai prezzi costanti, restano inferiori di circa 200 euro rispetto al 2007. Una sostanziale stagnazione che segnala come il potere d’acquisto reale delle famiglie non abbia ancora recuperato i livelli precedenti alla lunga crisi economico-finanziaria e alla pandemia.
L’inflazione delle spese obbligate alimenta l’incertezza
Dal punto di vista delle aspettative, i trent’anni di inflazione sostenuta nei beni e servizi “non comprimibili” hanno generato un effetto psicologico negativo nei confronti dei consumi discrezionali. La percezione di dover destinare quote sempre maggiori del proprio reddito a spese ineludibili spinge le famiglie a comportamenti prudenti, frenando non solo i consumi, ma anche il senso di benessere.
Una dinamica che, secondo Confcommercio, ostacola la ripresa e richiede un’azione concreta sul fronte della fiscalità e del contenimento delle tariffe per alleggerire la pressione sui bilanci familiari e rilanciare la domanda interna, vero motore della crescita economica.
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