L’Europa non ce l’ha fatta. Ancora una volta il tentativo di dire la sua in un settore chiave dell’industria è fallito. E così Northvolt, recentemente finita a gambe all’aria, è diventata americana.
Il produttore di batterie statunitense Lyten ha annunciato l’acquisizione di tutte le attività rimanenti del concorrente svedese finito in bancarotta. L’amministratore delegato di Lyten, Dan Cook, ha dichiarato che inizierà subito a riassumere il personale.
L’obiettivo immediato è riavviare la produzione presso Northvolt Ett, così come nel suo centro di ricerca e sviluppo a Vasteras. “La nostra prossima priorità è proseguire con i progetti di espansione – ha spiegato Cook – si tratta di progetti essenziali per il nostro piano di sviluppo”.
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Prima di dichiarare bancarotta a marzo, Northvolt aveva raggiunto una capacità produttiva di 16 GWh e prevedeva di espanderla significativamente. I termini finanziari della transazione non sono stati resi noti, ma Lyten ha dichiarato, il giorno dell’annuncio dell’acquisizione, che gli asset erano stati sviluppati con oltre 5 miliardi di dollari di investimenti. Naturalmente, l’acquisizione è stata effettuata con “un forte sconto”.
Lyten aveva già acquisito diversi asset di Northvolt. Nel novembre 2024, la società ha comprato lo stabilimento di produzione di batterie Cuberg di Northvolt in California. E all’inizio di luglio ha comprato le attività polacche del gruppo svedese, acquisendo il più grande impianto europeo di sistemi di accumulo di energia a batteria (BESS) a Danzica, progettato per immagazzinare energia solare ed eolica.
Lyten ha anche espresso interesse per l’acquisizione dello stabilimento produttivo Northvolt Six in Quebec. Fondato nel 2015, il gruppo statunitense è specializzato nella tecnologia litio-zolfo, che non richiede nichel, manganese, cobalto o grafite, che non vengono estratti o lavorati in grandi quantità in Europa o negli Stati Uniti.
Quella di Northvolt è la storia di un fallimento tutto europeo e dell’illusione di dare vita a un colosso delle batterie nel Vecchio Continente. Fondata nel 2016, Northvolt era uno dei maggiori produttori europei di batterie agli ioni di litio per veicoli elettrici, ma ha dichiarato bancarotta a marzo a causa del rallentamento della domanda, dei ritardi nella produzione e di un ingente debito.
Non solo. Di fatto la gigafactory non è fallita per mancanza di capitali. Con 15 miliardi di dollari raccolti, di cui 5 miliardi in sovvenzioni e prestiti da governi di Canada, Unione Europea, Germania, Polonia e Svezia, l’azienda sembrava avere tutte le carte in regola per eccellere. Tra i principali investitori figuravano nomi di grande rilievo: Volkswagen il principale, poi colossi del calibro di Goldman Sachs e BlackRock.
Ma a complicare il quadro è stata una gestione sbagliata e troppo ambiziosa, focalizzata sull’espansione piuttosto che sul consolidamento delle basi operative. Inoltre, la produzione, non era mai veramente decollata, rimanendo dipendente da macchinari e tecnici cinesi. La crisi dell’elettrico ha poi messo una pietra tombale sul progetto.
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