Mentre Bruxelles assiste quasi inerme al tracollo dell’automotive europeo (accelerato peraltro dalle follie green imposte al settore), dalla Cina arriva una novità rischia di destabilizzare ulteriormente i fragili equilibri commerciali del Vecchio Continente. China EV Marketplace, una delle principali piattaforme digitali per la vendita di veicoli a basse e zero emissioni prodotti dal colosso asiatico, ha infatti annunciato il lancio di un nuovo servizio di vendita “porta a porta” destinato ai clienti europei.
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Si tratta di una mossa dirompente, che permette per la prima volta ai consumatori europei di acquistare un’auto elettrica o ibrida plug-in cinese direttamente online e riceverla a casa propria già omologata, immatricolata e pronta per l’uso stradale, senza dover affrontare alcun tipo di burocrazia, spese doganali o complicazioni logistiche. Una semplificazione radicale delle procedure di importazione, che rischia di rendere inefficaci proprio i dazi imposti dall’Unione Europea a partire da ottobre 2024, pensati per limitare l’afflusso di veicoli elettrici cinesi a basso costo.
Il Chief Operating Officer della piattaforma, Jakub Gerls, ha definito il servizio come una “svolta storica” per il consumatore europeo, sottolineando come sia ora possibile ordinare un veicolo elettrico o ibrido plug-in dalla Cina e riceverlo direttamente a casa, evitando completamente le tradizionali complicazioni dell’importazione internazionale. Questo approccio rappresenta un chiaro segnale: la Cina non si ferma davanti alle barriere commerciali europee, ma le aggira puntando sull’accessibilità del prodotto e sulla rimozione degli ostacoli amministrativi. Il servizio include, infatti, la gestione completa delle pratiche doganali, il pagamento delle imposte e dei dazi eventualmente dovuti, l’ottenimento dell’omologazione per la circolazione nell’UE e la consegna a domicilio in tutti i Paesi membri, con un sovrapprezzo contenuto.
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Per chi lo preferisse, è prevista anche la possibilità di ritirare il veicolo presso il centro di consegna situato a Praga, nella Repubblica Ceca. Va inoltre considerato che, per i veicoli ibridi plug-in, è richiesto un costo aggiuntivo di circa 400 dollari, necessario per effettuare il test sulle emissioni di CO₂ imposto dalle normative europee. Si tratta di un vero e proprio schiaffo al pachiderma europeo, che invece si ostina a produrre burocrazia e indiretti ostacoli al mercato. Per parlare della deleteria imposizione di regole green che ha completamente alterato (e danneggiato) le sorti di un settore ora in profonda crisi.
Intanto la Cina avanza. I primi risultati commerciali sembrano infatti confermare l’efficacia di questo modello: nel primo semestre del 2025, China EV Marketplace ha venduto circa 7mila veicoli, registrando una crescita del 66% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un incremento trainato soprattutto dalla domanda europea di veicoli ibridi plug-in, i quali, al contrario delle auto elettriche pure, non sono attualmente soggetti ai dazi supplementari imposti dall’Unione Europea. Questo rappresenta un dettaglio tutt’altro che secondario, poiché permette al mercato cinese di continuare a esportare veicoli a condizioni favorevoli, proprio mentre Bruxelles cerca di ostacolare le esportazioni dei Bev.
Uno degli aspetti che maggiormente contribuisce all’attrattiva di questa offerta riguarda i prezzi estremamente competitivi dei modelli proposti. Secondo quanto riportato da AutoMoto.it, sul sito della piattaforma è possibile acquistare la Xiaomi SU7 a 28.900 euro, la BYD Dolphin Surf a circa 9.400 euro, la Tesla Model 3 prodotta in Cina a circa 30.400 euro e la Volkswagen ID.4, anch’essa nella versione cinese, a circa 25.600 euro. Prezzi decisamente inferiori rispetto a quelli dei listini europei. In un momento in cui l’auto elettrica rimane ancora poco accessibile per molte famiglie, queste cifre rappresentano una tentazione non trascurabile-
L’Unione Europea sarà in grado di rispondere in modo efficace, non solo con barriere protezionistiche, ma con una politica industriale solida? Benché cruciale, la domanda appare quasi retorica per un continente che sull’auto ha inesorabilmente scelto di ingranare la retromarcia.
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