Sorpresa. L’uso globale del carbone ha raggiunto un livello record nel 2024, e rimane su livelli eccezionalmente elevati anche nel 2025. Nonostante il crescente utilizzo di fonti energetiche rinnovabili. La quota di questo combustibile fossile nella produzione totale di energia è in calo, ma l’aumento della domanda di elettricità ha comportato un aumento della quantità assoluta utilizzata. Il vantaggio è semplice: il carbone è economico. Sebbene si supponga che la maggior parte dei governi miri all’uso del carbone «phase down» dopo gli impegni presi nel 2021, alcuni stanno spingendo avanti con il carburante più inquinante. L’India ha recentemente superato il miliardo di tonnellate di produzione quest’anno e negli Usa Donald Trump ha dichiarato il suo sostegno al carbone e ad altri combustibili fossili.
Secondo il rapporto International Energy Agency (Iea) intitolato Coal 2024, la domanda globale di carbone è aumentata a 8,77 miliardi di tonnellate nel 2024, segnando un nuovo record assoluto. Il motore principale è il settore elettrico nei Paesi in via di sviluppo, in particolare Cina e India, nel 2024. Nei Paesi avanzati (tra cui gli Usa e la Ue) la domanda di carbone continua a diminuire, ma il calo è più lento rispetto agli anni precedenti. Il fatto è che, nonostante il forte incremento delle rinnovabili, queste non bastano ancora a sostituire il carbone nelle regioni dove la domanda di energia cresce rapidamente o l’energia da idroelettrico e nucleare è limitata. Non solo. Negli Usa l’uso del carbone è salito di circa il 10% perché la robusta crescita della domanda di elettricità combinata con l’aumento dei prezzi del gas naturale ha fatto aumentare il consumo di carbone per la produzione di energia. Nell’Unione Europea, la domanda di carbone è stata sostanzialmente piatta, con un minor consumo da parte dell’industria che ha compensato la maggiore domanda derivante dalla produzione di elettricità.
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Dal punto di vista della potenza installata, il rapporto Global Energy Monitor (Gem) segnala che nel 2024 la capacità generativa a carbone globale ha fatto un incremento netto di circa 18,8 GW segnando, pur nell’aumento, il più basso incremento in due decenni. Le energie rinnovabili, nel frattempo, nonostante la forte crescita non stanno ancora spingendo il carbone fuori dalla scena. Tradotto: il carbone non è in rapido declino, come molti immaginano, ma la sua domanda ha stabilito nuovi massimi.
Il motivo, lo abbiamo accennato, è che l’aumento della domanda elettrica globale, amplificato da ondate di calore e maggior bisogno di raffrescamento, ha dato una spinta al carbone: nel rapporto Iea si segnala che le temperature record hanno «coperto l’intero aumento annuo» della domanda di carbone nel 2024. I Paesi emergenti restano al centro della domanda: quella della Cina è cresciuta dell’1,2% nel 2024, raggiungendo un nuovo massimo; in India, la domanda è aumentata di circa il 5,5% nel 2024, anch’essa a nuovo massimo e la quota dell’«Asia in via di sviluppo» rispetto al consumo mondiale di carbone ha superato i quattro quinti (+80%) nel 2024.
Asset
Molti Paesi – soprattutto quelli emergenti – possiedono grandi impianti a carbone già operativi. L’“asset base“ è costruito da anni e lo smantellamento richiede tempo, capitali, politiche e alternative disponibili. Questo fa sì che, anche con rinnovabili in crescita, il carbone rimanga parte integrante del mix. Le chiusure, in sostanza, non tengono il passo con i nuovi ingressi in alcuni Paesi. Poi vanno considerati alcuni fattori economico-politici. Il costo unitario di produzione del carbone resta basso in molti contesti e garantisce una certa affidabilità. In alcune nazioni, la sicurezza energetica guida la scelta: ridurre la dipendenza da importazioni o da gas può far preferire l’uso di carbone domestico. Infine, la geopolitica, i mercati delle materie prime e le normative ambientali variabili fanno sì che il passaggio «pulito» non sia uniforme.
Nonostante l’accelerazione dell’installazione di capacità rinnovabile (solare + eolico), e nonostante la quota di generazione elettrica da fonti a basso carbonio abbia superato il 40% nel 2024, il carbone ha continuato a erodere poco o nulla in termini assoluti. Il motivo è duplice: le rinnovabili stanno coprendo la nuova domanda di elettricità più che sostituire direttamente il carbone già in esercizio. Non solo, in certi Paesi la crescita della domanda elettrica è così forte (per industrializzazione, popolazione, data center, climatizzazione) che l’aumento netto della generazione da carbone è richiesto per assicurare il bilanciamento.
La domanda
La domanda è in aumento, ma i prezzi internazionali del carbone sono in calo (ad esempio, il costo delle esportazioni australiane è previsto in discesa del 27% nel 2025). Questo combina domanda stabile o leggermente crescente con una fornitura ancora elevata e scarsa pressione verso l’alto. Gli investitori e i finanziatori devono interrogarsi: se la domanda di carbone si stabilizzerà o calerà, gli impianti ancora in costruzione rischiano di diventare «stranded» (ovvero non produttivi o in perdita prima del previsto). L’espansione della capacità a carbone in Paesi come Cina e India amplifica, inoltre, il rischio che politiche ambientali future o costi regolatori possano rendere questi asset poco redditizi. Il fatto che il carbone resti forte nonostante il boom delle rinnovabili indica che l’obiettivo della decarbonizzazione richiede non solo migliori tecnologie rinnovabili ma anche strategie attive di dismissione, finanziamenti per la transizione e soprattutto regolamentazioni chiare.
La Cina
Intanto, la Cina rimane il «motore» principale del carbone globale: consuma più carbone di tutto il resto del mondo messo insieme (oltre un terzo del consumo globale). Nel 2024 ha aggiunto circa 30,5 GW di nuova capacità a carbone -pari al 70% circa del totale mondiale. Con una crescita della domanda di circa 5,5% nel 2024, l’India conferma che nei Paesi in forte sviluppo economico la transizione energetica è frenata dall’esigenza di crescita industriale, accesso all’elettricità e infrastrutture. In Europa e in Nord America, invece, la domanda di carbone cala o è stagnante: ad esempio, la Ue prevede una riduzione del consumo di carbone di quasi 2% per il 2025. Tuttavia, questo non basta ancora a compensare la crescita altrove.
Di certo, la transizione energetica non è un processo lineare: infrastrutture, geopolitica, economia e clima interagiscono in modo complesso. Il carbone rappresenta ancora un’attività redditizia in termini assoluti in molti Paesi, ma il rischio di regolamentazione ambientale, di tecnologie disruptive e di politiche di «stranded assets» cresce rapidamente.
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