Sempre più spesso si sente parlare di terre rare. Le vuole Donald Trump, usandole come moneta di scambio per arrivare alla pace in Ucraina, ma anche tutti gli altri attori geopolitici mondiali. Perché è da esse che passa il futuro economico e politico del pianeta. Ma cosa sono le terre rare? Si tratta di un gruppo di 17 elementi chimici che appartengono alla categoria dei lantanoidi, a cui si aggiungono lo scandio e l’ittrio. Nonostante vengano definite rare, non lo sono poi così molto visto che alcuni di questi elementi sono presenti nella crosta terrestre in concentrazioni superiori rispetto all’oro o al platino. Perché quindi è stato utilizzato questo aggettivo per identificarle? A causa della loro scoperta e dall’iniziale difficoltà nel separarle e isolarle, dato che in natura si trovano sempre combinati tra loro e con altri minerali.
Come si chiamano le terre rare
I 17 elementi delle terre rare sono: lantanio, cerio, praseodimio, neodimio, prometio, samario, europio, gadolinio, terbio, disprosio, olmio, erbio, tulio, itterbio, lutezio, ittrio e scandio. Tra questi, il prometio è l’unico elemento radioattivo e non si trova in quantità significative in natura.
Dove si trovano
Le terre rare si trovano in vari tipi di depositi minerari in tutto il mondo, anche se la loro estrazione e produzione commerciale sono controllate da pochi Paesi visto che necessitano di tecnologie all’avanguardia. La Cina, in particolare, è il principale produttore mondiale, controllando oltre il 60% dell’offerta globale e una parte significativa delle riserve conosciute. Altri Paesi con risorse rilevanti includono Stati Uniti, Australia, Brasile, India, Russia e alcuni Stati africani, come Madagascar e Sudafrica.
L’estrazione delle terre rare è un processo complesso e spesso inquinante. I minerali contenenti terre rare devono essere trattati con reagenti chimici per separare gli elementi desiderati, il che può comportare emissioni tossiche e produzione di scorie radioattive. Questo ha portato a critiche ambientali e ha spinto alcuni Paesi a cercare metodi di estrazione più sostenibili o fonti alternative, come il riciclo dei dispositivi elettronici.
Quando si è iniziato a parlare di terre rare
Le terre rare hanno iniziato a diventare realmente importanti a partire dagli anni ’60 e ’70, con l’avvento dell’elettronica avanzata e delle tecnologie aerospaziali. Tuttavia, è negli anni ’80 e soprattutto ’90 che la loro rilevanza è cresciuta in modo esponenziale, grazie alla diffusione di:
- Dispositivi elettronici di consumo, come computer, telefoni cellulari e TV a schermo piatto;
- Tecnologie verdi, come turbine eoliche e auto ibride/elettriche;
- Applicazioni militari ad alta precisione.
La vera esplosione strategica è però arrivata dopo il 2010, quando la Cina ha ridotto drasticamente le esportazioni facendo impennare i prezzi e spingendo molti Paesi a riconoscere la dipendenza critica da queste risorse.
Perché sono importanti
Le terre rare sono fondamentali per molte tecnologie moderne e per la transizione ecologica, ed è per questo che ne abbiamo sentito parlare soprattutto negli ultimi anni in Unione europea. Le loro proprietà chimiche e magnetiche le rendono indispensabili in numerosi ambiti ad alta tecnologia. In particolare, alcuni di essi, come il neodimio, il praseodimio e il disprosio sono usati per la produzione di magneti permanenti ad alte prestazioni, componenti essenziali nei motori elettrici, nei generatori eolici, nei dischi rigidi e nei sistemi audio.
Oltre ai magneti, le terre rare sono usate in:
- Smartphone e dispositivi elettronici: per realizzare schermi, batterie e microcomponenti.
- Auto ibride ed elettriche: i motori e le batterie contengono diversi elementi rari.
- Turbine eoliche: i generatori ad alte prestazioni necessitano di magneti che contengono terre rare.
- Tecnologie militari: visori notturni, radar, sistemi di guida e laser impiegano diversi di questi elementi.
- Illuminazione e laser: l’europio e il terbio sono utilizzati nei fosfori per schermi TV e lampade fluorescenti.
- Industria chimica e petrolifera: alcuni catalizzatori impiegati nella raffinazione contengono terre rare.
La dipendenza dalle terre rare sta crescendo con l’aumento della domanda di tecnologie verdi e digitali. Per esempio, un veicolo elettrico può contenere da uno a due chilogrammi di terre rare nei suoi componenti. Una turbina eolica offshore da tre megawatt può contenere più di seicento chilogrammi di magneti a base di terre rare.
Il ruolo geopolitico delle terre rare
Il predominio cinese nella catena di fornitura delle terre rare ha sollevato preoccupazioni in molti Paesi occidentali, soprattutto per la vulnerabilità strategica che ne deriva. In passato, la Cina ha già limitato le esportazioni di questi materiali per motivi politici o economici, scatenando instabilità sui mercati globali.
- La Cina controlla circa il 60–70% della produzione mondiale di terre rare e una quota ancora più ampia nella raffinazione e lavorazione.
- Questo conferisce a Pechino un potere di leva economico e politico: può limitare l’export, alterare i prezzi o favorire le sue industrie interne.
- Stati Uniti, Unione Europea e Giappone dipendono fortemente dalle importazioni cinesi per alimentare le proprie filiere tecnologiche e militari.
- Le terre rare sono irrinunciabili per componenti di missili, radar, droni, motori elettrici, satelliti, reattori nucleari e comunicazioni crittografate.
Per questo motivo, l’Unione europea, gli Stati Uniti, il Giappone e altri attori stanno cercando di diversificare le fonti di approvvigionamento, investire in miniere nazionali, promuovere il riciclo e sviluppare tecnologie alternative che riducano la dipendenza da questi materiali.
Un ulteriore problema riguarda la sostenibilità: l’estrazione intensiva può causare danni ambientali significativi, tra cui l’inquinamento delle acque, la deforestazione e la produzione di rifiuti tossici. Per mitigare questi effetti, stanno nascendo iniziative volte a migliorare le tecnologie di estrazione, ridurre l’impatto ambientale e aumentare l’efficienza nell’uso di queste risorse.
Nel 2010, la Cina ha bloccato temporaneamente l’export verso il Giappone in seguito a una disputa territoriale. L’episodio ha scosso i mercati globali e dimostrato che le terre rare potevano essere usate come arma geopolitica. La Cina non solo estrae, ma raffina e produce la maggior parte dei componenti basati su terre rare (come magneti permanenti). Gli altri Paesi, anche se dispongono di risorse minerarie, dipendono comunque da Pechino per la fase industriale intermedia, che è tecnicamente ed ecologicamente complessa. Per ridurre il rischio, Usa, Ue e altri stanno cercando nuove miniere (in Canada, Australia, Africa), rilocalizzando le attività di raffinazione e investendo nel riciclo ma ricostruire una filiera completa richiede anni di tempo, grandi investimenti e normative ambientali severe che rendono tutto più lento rispetto alla Cina.
Le terre rare sono geopoliticamente importanti perché chi le controlla può influenzare intere filiere industriali globali e condizionare le scelte strategiche di altri paesi. In un mondo che punta su tecnologie pulite, smart e militari avanzate, la sicurezza dell’approvvigionamento di terre rare è diventata una priorità nazionale per molte potenze mondiali.
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