Il caos alla dogana non pesa solo sull’operatività delle aziende italiane ed europee. Anzi, il boomerang dei dazi di Trump sta tornando in faccia anche agli imprenditori americani. Per capirlo basta leggere la storia, riportata dal Wall Street Journal, di Clifford Thompson. La sua azienda importa dall’India vasche da bagno in rame e lui sta cercando di capire quanto dovrebbero costare. Finora avevano un prezzo al dettaglio consigliato di circa 3.300 dollari ma poi i dazi del 50% sull’import del rame imposti dalla Casa Bianca e le elevate imposte sulle merci provenienti dall’India stanno costringendo la Thompson Traders del signor Clifford a riconsiderare quel prezzo.
Il problema è che stabilirne uno nuovo non è facile, cambiare il prezzo non è così semplice come cambiare un’etichetta, anche perché i fornitori e i grandi magazzini sono impegnati in una lotta epica su chi pagherà cosa. Non solo. Lo scenario di fondo cambia continuamente: negli ultimi giorni le imposte sui prodotti indiani sono raddoppiate al 50%, pochi giorni prima che una corte d’appello dichiarasse nulla la base giuridica di almeno una parte di quei dazi, una sentenza che sarà sottoposta a revisione da parte della Corte Suprema. Le trattative dell’azienda di mister Thompson con i grandi rivenditori al dettaglio anche per piccoli aumenti di prezzo sono lente e non si sa cosa accetteranno i consumatori stanchi dell’inflazione, né di quanto i concorrenti intendano applicare.
Le scorte pre-tariffarie si stanno esaurendo, costringendo le aziende a confrontarsi con difficili decisioni sui prezzi che non possono più rimandare. In un recente sondaggio della Fed di Richmond, circa il 38% delle aziende ha dichiarato di essere solo parzialmente certo o per nulla certo sui prezzi che applicheranno per il resto dell’anno. Quasi il 60% si è dichiarato parzialmente certo o per nulla certo sui costi dei materiali per il resto dell’anno. Thompson Traders afferma che il suo limbo sui prezzi non può durare per sempre perché non riesce ad assorbire una tassa di importazione a due cifre su così tanti beni I rivenditori, tra cui Lowe’s e Home Depot, acquistano i prodotti Thompson Traders e stabiliscono autonomamente il prezzo al dettaglio.
A maggio, l’azienda ha presentato una richiesta a Lowe’s chiedendole di pagare dal 4% al 5% in più per una gamma di lavelli da cucina prodotti in Turchia, Paese appena colpito da un dazio di importazione aggiuntivo del 10%. I lavelli in ceramica refrattaria sono stati generalmente venduti al dettaglio a un prezzo compreso tra 249 e 499 dollari, a seconda delle dimensioni. Lowe’s ha accettato un aumento del 4-5% su alcuni lavelli, ma non su tutti.
Stessa musica con Home Depot. I rivenditori sono, infatti, preoccupati che le richieste di aumento dei prezzi da parte di migliaia di fornitori possano alimentare ulteriormente l’inflazione e indebolire la domanda dei consumatori. Dal canto suo, però, mister Thompson, se non riesce ad aumentare i prezzi a sufficienza entro la fine dell’anno, potrebbe dover adottare misure drastiche per ridurre i costi, tra cui tagli al marketing e agli stipendi dei dirigenti. Intanto, ha chiesto alla sua fabbrica indiana di interrompere la spedizione di 50 vasche di rame che erano già state imballate per la consegna.
C’è poi un’altra considerazione che cozza con la strategia dei dazi di Trump (il cosiddetto buy american): l’imprenditore ha preso in considerazione la possibilità di produrre articoli a livello nazionale, ma sostiene che gli ostacoli sono troppo elevati. L’azienda si rifornisce di molti dei suoi articoli in rame e ottone martellati a mano da una città del Messico dove gli artigiani lavorano il rame fin dal Medioevo. Tentare di ricreare una situazione simile negli Stati Uniti richiederebbe un investimento che le piccole imprese, come la Thompson Traders, non possono permettersi.
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