Cala il sipario sulla bolla immobiliare cinese. Evergrande, un tempo il simbolo del boom del mattone di Pechino, abbandona la Borsa di Hong Kong dopo oltre quindici anni di contrattazioni. Affossata da oltre 300 miliardi di debiti, la compagnia è fallita generando uno tsunami sull’economia del Paese con notevoli scossoni anche sui mercati mondiali : era il più grande gruppo del real estate del Dragone, forte di una valutazione di mercato oltre i 50 miliardi di dollari.
Nonché il vanto del miracolo economico cinese e del suo fondatore e presidente Hui Ka Yan che, partendo da umili origini era arrivato a scalare la lista Forbes delle persone più ricche dell’Asia nel 2017: da allora, la sua fortuna è crollata da 45 miliardi a meno di un miliardo di dollari. Una parabola disastrosa che ha visto il suo apice a marzo del 2024 quando l’immobiliarista è stato multato per 6,5 milioni di dollari e radiato a vita dal mercato dei capitali per aver sovrastimato ricavi per 78 miliardi.
Al momento del crollo, Evergrande aveva circa 1.300 progetti in fase di sviluppo in 280 città in tutta la Cina. Nella galassia c’erano anche una società di auto elettriche e la squadra di calcio Guangzhou Fc, allenata negli anni da Marcello Lippi e da Fabio Cannavaro, ma espulsa dalla massima divisione cinese all’inizio del 2025 per non essere riuscita a saldare una parte sufficiente dei suoi debiti.
La fine e i creditori con il cerino in mano
Il declino di Evergande è iniziato dopo che Pechino ha introdotto nuove regole nel 2020 per controllare i prestiti dei grandi costruttori. Le misure hanno portato il gruppo a offrire i suoi immobili a prezzi scontati per garantire i flussi di cassa necessari per la sopravvivenza. Un errore, visto che l’azienda è andata in default a fine 2021 sugli interessi di alcuni bond esteri.
Dopo anni di scontri legali, l’Alta Corte di Hong Kong ha ordinato la liquidazione della società a gennaio del 2024. Una scelta nata dopo l’ordinanza maturata a seguito dell’incapacità di presentare una ristrutturazione praticabile per le passività estere.
All’inizio di agosto, i liquidatori hanno riferito che i debiti del gruppo nel settore si sono attestati a 45 miliardi di dollari e che finora ha venduto solo 255 milioni di dollari di attività, ammettendo che la revisione completa degli asset “si rivelerà irraggiungibile”.
Una parabola triste che oggi si chiude con il delisting dalla Borsa di Hong Kong. Il debutto fu nel 2009 con una capitalizzazione di 9 miliardi di dollari. I liquidatori hanno recuperato al momento 255 milioni su 45 miliardi di passività.
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