“Una follia che rimuoveremo“. Un impegno politico, più che una semplice critica. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, nel corso de question time di ieri alla Camera ha stroncato senza giri di parole il Green Deal europeo, responsabile della crisi profonda che sta travolgendo l’intero settore dell’auto in Europa, con pesantissime ripercussioni sui posti di lavoro. “La crisi dell’auto è europea, ed è dovuta alla follia del Green Deal, che noi rimuoveremo”, ha detto per l’esattezza l’esponente di governo, rispondendo a un’interrogazione di Azione sulla vicenda Iveco.
Il ministro ha quindi fatto riferimento a un quadro allarmante. con impianti industriali che chiudono in Germania, Francia, Spagna, e decine di migliaia di licenziamenti. Non serve uno scienziato per comprendere che tale situazione sia legata a doppio filo ai diktat verdi targati Bruxelles, che hanno imposto un cambio di rotta ai colossi dell’automotive, senza però considerare i reali impatti (negativi) di una rivoluzione così radicale, calata peraltro dall’alto.
“Bisogna superare l’ideologia del Green Deal, che ha portato al collasso l’auto europea, perché gli stabilimenti automobilistici vengono chiusi in tutta Europa, con decine di migliaia di licenziamenti”, ha accusato Urso, rivendicando il lavoro svolto dal governo italiano per difendere la tenuta del sistema industriale nazionale. “Sino a oggi – ha affermato il ministro – noi abbiamo preservato gli stabilimenti italiani e non vi sono stati licenziamenti. Mentre altrove accadevano licenziamenti collettivi e gli annunci di chiusura di interi stabilimenti”.
“Noi crediamo nello sviluppo del settore dei veicoli commerciali e industriali, e per questo mi sono recato lunedì a Berlino e domani sarò a Parigi, per concordare un’azione comune per quanto riguarda la normativa europea sulle emissioni di CO2, che così come predisposta, senza riconoscere la piena neutralità tecnologica, potrebbe arrecare ulteriore grave danno alle aziende del settore”, ha aggiunto ancora l’esponente di governo, insistendo su un principio più che condivisibile: la transizione ecologica non può basarsi su un’unica tecnologia imposta per legge. La neutralità tecnologica, cioè la possibilità di sviluppare soluzioni diverse (dall’elettrico all’idrogeno, ai biocarburanti), è dunque una condizione essenziale per non distruggere l’industria europea.
Il caso Iveco, con il possibile passaggio della società in mani indiane, è solo l’ultima scintilla di una crisi che ormai riguarda l’intero settore. E che conferma tutte le criticità della transizione ecologica perseguita senza realismo.
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