Papa Leone XIV ha scelto il terreno delle finanze vaticane per il suo primo intervento strutturale. Con la Lettera apostolica in forma di Motu Proprio “Coniuncta Cura”, il Pontefice ha riscritto le norme che regolano gli investimenti della Santa Sede, superando il Rescriptum del 23 agosto 2022 con cui papa Francesco aveva concentrato allo Ior tutta la gestione della liquidità e dei fondi dei dicasteri. In sintesi, allo Ior è stata tolta l’esclusiva sulla finanza.
Da oggi l’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, torna ad avere piena autonomia operativa nel campo degli investimenti, pur restando soggetta alle linee guida del Comitato per gli Investimenti e alla vigilanza dell’Asif.
Fine dell’esclusiva Ior
Nel nuovo schema, lo Ior perde l’esclusiva sui flussi finanziari della Curia. La Lettera papale precisa che l’Apsa «generalmente fa uso della struttura organizzativa interna dello Ior, a meno che gli organi competenti non ritengano più efficiente o conveniente il ricorso a intermediari stabiliti in altri Stati».
Un passaggio che segna un ridimensionamento del potere dell’Istituto per le Opere di Religione, tornato in questi anni al centro del sistema dopo la decisione di Francesco di obbligare tutti i dicasteri a concentrare presso di esso i propri depositi.
Equilibrio o ricalibratura del controllo
Nella visione di Leone XIV, la riforma non rappresenta un’inversione di rotta rispetto al suo predecessore, ma un riequilibrio in nome della «corresponsabilità nella communio», principio ribadito nella Costituzione Praedicate Evangelium.
Il Papa richiama l’esigenza di «ruoli e competenze ben definiti» tra le istituzioni curiali, in modo da favorire una «mutua collaborazione». In realtà, si tratta anche di un segnale politico: un modo per restituire all’Apsa — da sempre cuore amministrativo e immobiliare della Santa Sede — un ruolo da protagonista, dopo anni di subordinazione allo Ior.
Il nodo delle prossime nomine
L’effetto concreto della riforma dipenderà ora dalle persone chiamate a guidare i due organismi. Lo Ior resta nelle mani del direttore generale Gian Franco Mammì, uomo di fiducia di Francesco, ma la presidenza della Commissione cardinalizia e del Consiglio di sovrintendenza dovrà essere rinnovata nei prossimi mesi.
Secondo alcuni esperti degli affari della Curia, non si può escludere in toto che Leone XIV possa scegliere figure più vicine alla propria sensibilità, riaprendo di fatto la possibilità di un ritorno allo status quo ante, con lo Ior nuovamente al centro della macchina finanziaria vaticana.
Un’eredità pesante
La decisione di Leone arriva al termine di un decennio di profonda trasformazione iniziato da papa Francesco: dall’adesione alle norme antiriciclaggio internazionali alla chiusura dei conti non conformi, fino all’ingresso del Vaticano nell’area Sepa e al riconoscimento Moneyval.
Nel 2023 lo Ior gestiva oltre 5,4 miliardi di euro di patrimonio, con un utile netto di 30,6 milioni, mentre l’Apsa amministrava 4.000 immobili e un portafoglio mobiliare di 1,8 miliardi. Numeri che rendono evidente la portata economica e simbolica del nuovo equilibrio disegnato oggi.
La sfida della trasparenza
“Coniuncta Cura” non chiude, ma rilancia il percorso di riforma finanziaria iniziato più di dieci anni fa. Resta da capire se la nuova stagione segnata da Leone XIV saprà coniugare autonomia e controllo, senza ricadere nei vecchi meccanismi di opacità che i due pontificati precedenti hanno faticosamente cercato di superare.
In Vaticano, la trasparenza continua a essere la forma più alta di fede nella gestione dei beni visibili e la prova più concreta della credibilità di chi custodisce quelli invisibili.
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