A metà novembre Donald Trump ha convocato una dozzina di big di Wall Street, tra cui il capo di J PMorgan, Jamie Dimon, il numero uno di Blackrock, Larry Fink, David Solomon di Goldman Sachs, Ted Pick di Morgan Stanley e il miliardario Bill Ackman, e li ha attovagliati tutti a una cena alla Casa Bianca. Due mesi prima, Trump aveva organizzato un incontro simile con i leader di aziende tecnologiche statunitensi, tra cui Satya Nadella di Microsoft, Sam Altman di OpenAi e Tim Cook di Apple.
I contatti con la grande finanza americana sono dunque coltivati ma con essa l’amministrazione Trump ha avuto un rapporto assai tumultuoso dalla sua vittoria elettorale a novembre. Un’ iniziale ondata di ottimismo si è affievolita nei primi mesi del secondo mandato in seguito agli annunci di tagli ai costi da parte del cosiddetto Dipartimento per l’efficienza governativa di Elon Musk e ai dazi del Giorno della liberazione del presidente, che hanno spaventato i mercati finanziari. Senza dimenticare gli attacchi al presidente della Federal Reserve Jay Powell che hanno sollevato dubbi sul suo impegno a favore dell’indipendenza della Banca centrale. La vera rivoluzione sarà, però, di sistema: Trump ha, infatti, avviato il cantiere di una profonda riforma delle regole del sistema finanziario. Anche perché a fine giugno il numero di società quotate negli Usa era di circa 3.700, in calo di circa il 17% rispetto a tre anni fa. Il numero si è pressoché dimezzato rispetto al picco del 1997.
Secondo mandato
L’obiettivo del tycoon è riscrivere anche il modo in cui funziona la Borsa americana, questa volta dal suo secondo mandato, iniziato a gennaio 2025. Quello che vediamo oggi è una combinazione di: una deregulation 2.0 per banche e mercati, uno spostamento del potere dai regolatori e dagli investitori verso i board e una profonda revisione delle regole su cripto, clima, Esg e tutela dei consumatori.
La Sec
Ma come sarà la nuova Wall Street disegnata da Trump? Il primo fronte è la Securities and Exchange Commission (Sec), l’autorità che vigila sui mercati. Con il nuovo corso la guida dell’agenzia è passata a figure considerate più amiche dei mercati e scettiche verso l’uso dell’Esg. Nuove policy hanno reso più facile per i cda bloccare le proposte degli azionisti, soprattutto su temi climatici o di governance. Sono stati irrigiditi i requisiti di filing per i grandi fondi passivi e limitate le possibilità degli investitori di coordinarsi e comunicare tra loro nelle campagne di voto.
Un’altra mossa di Trump, a settembre, è stata quella di chiedere di porre fine all’obbligo di presentare relazioni trimestrali sugli utili e la Sec sta valutando una proposta per rendere la rendicontazione semestrale. Il dibattito sul passaggio a un sistema semestrale non è nuovo: emerse anche durante il primo mandato di Trump che all’epoca aveva dichiarato di aver avuto già contatti con i massimi dirigenti aziendali sostenendo che ciò avrebbe consentito una pianificazione più a lungo termine. Nel 2018, aveva chiesto alle autorità di regolamentazione di valutare questa modifica, ma il tentativo non aveva avuto successo. Nello stesso anno, anche il ceo di JP Morgan, Dimon, e Warren Buffett scrissero insieme un intervento sul Wall Street Journal a sostegno dell’idea.
Reputazione
Un altro fronte in cui Trump sta cambiando le regole è quello politico-culturale. Ad agosto 2025 ha firmato l’ordine esecutivo Guaranteeing Fair Banking for All Americans, che ordina ai regolatori di contrastare il cosiddetto debanking: la chiusura di conti o servizi per motivi legati a opinioni politiche, religione o settore di attività (ad esempio armi o combustibili fossili). L’ordine spinge le agenzie (Fed, Occ, Fdic) a perseguire le banche che discriminano clienti «legalmente operativi» per ragioni reputazionali, invitando anche a cessare esami basati sul rischio di reputazione. Per i sostenitori trumpiani si tratta di difendere libertà di espressione e “fair access” al sistema finanziario. Per i critici è un modo per forzare le banche a finanziare settori controversi riducendo la capacità degli intermediari di gestire i propri rischi reputazionali e di compliance.
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La Casa Bianca sta inoltre discutendo di almeno un ordine esecutivo che cercherebbe di limitare l’influenza dei proxy sui voti degli azionisti. Nel frattempo, la Federal Trade Commission, ovvero l’Antitrust americana, ha acceso i riflettori sui proxy advisor Iss e Glass Lewis. La Ftc sta indagando per stabilire se le società abbiano violato le leggi antitrust attraverso la loro attività di orientamento dei voti degli investitori su questioni climatiche ed Esg. I gestori fanno affidamento su questo duopolio della consulenza per ricerche, analisi e raccomandazioni in base alle quali esprimere il voto degli azionisti su questioni che spaziano dalla remunerazione dei dirigenti alle elezioni dei cda. I repubblicani della Camera hanno affermato che Iss e Glass Lewis «collaborano con gli attivisti ambientalisti per imporre obiettivi ambientali, sociali e di governance (Esg) radicali alle aziende statunitensi». E anche Musk si è scagliato contro le due società dopo che avevano raccomandato di votare no sul suo storico pacchetto retributivo da 1.000 miliardi di dollari (poi approvato). A Washington si sta inoltre valutando una direttiva per aumentare i requisiti richiesti agli investitori che intendono sottoporre una proposta al voto degli azionisti tramite il prospetto annuale.
Guerra culturale
Di certo, si tratta di una vera e propria “guerra culturale” sulla regolamentazione: l’amministrazione Trump vorrebbe limitare il diritto di voto di piccoli azionisti e fondi a indice così come l’influenza dei consulenti esterni. Questa idea di restringere il campo a chi è davvero coinvolto comporta l’aumento del peso decisionale di gestori attivisti e grandi azionisti. Aprendo la porta a una concentrazione di potere di voto nelle mani di un più ristretto numero di soggetti. Ed è un rischio che non riguarda solo il mercato azionario, ma anche il mercato obbligazionario corporate: un’azienda con una governance debole o con una anomala esposizione a rischi ambientali o sociali vedrà un impatto sul suo rating e in ultimo sul suo costo del debito.
E attenzione al prossimo futuro perché il settore si avvia a essere guidato maggiormente da modelli automatizzati: cosa succederà se, e quando, a votare in assemblea tra gli azionisti ci sarà anche l’IA?
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