Negli ultimi due anni, il germanio è diventato uno dei metalli critici più “sorvegliati” dalla comunità internazionale. Non soltanto perché viene utilizzato in grandi quantità per prodotti civili come accade per il silicio o il rame, ma per il suo uso in applicazioni avanzate per la Difesa: ottiche a infrarossi, visione notturna, sensori di guida per missili, sistemi di sorveglianza avanzata. Il germanio è dunque essenziale per la produzione di sistemi di imaging termico utilizzati nelle attrezzature militari, compresi i jet da combattimento. È uno dei pochi materiali che trasmette efficacemente la radiazione infrarossa su lunghezze d’onda critiche, rendendolo indispensabile per lenti, finestre ottiche e rivestimenti nei sistemi di visione notturna, termica, guida missilistica. Il problema è che, come gli elementi delle cosiddette terre rare, il germanio è economicamente e praticamente difficile da estrarre. La Russia è stata storicamente un fornitore di germanio, ma le sanzioni imposte al paese in seguito all’invasione su vasta scala dell’Ucraina hanno contribuito alla carenza di approvvigionamento nell’Ovest.
La guerra commerciale e le tensioni geopolitiche stanno, quindi, ridisegnando la mappa della supply chain globale. I controlli cinesi sulle esportazioni del germanio, metallo appunto fondamentale per l’industria della Difesa, stanno creando infatti una grave crisi di approvvigionamento. Pechino aveva inizialmente imposto queste misure nel 2023 in risposta alle restrizioni imposte dall’Occidente sui semiconduttori e sulla tecnologia di produzione dei chip. Con il calo delle importazioni negli Stati Uniti quest’anno, i prezzi sono saliti alle stelle: il germanio è balzato al livello record di quasi 5.000 dollari al kg dai 1.000 dollari di inizio 2023. Non solo. Secondo un’analisi dei dati commerciali di Silverado Policy Accelerator, le importazioni di germanio negli Stati Uniti dalla Cina sono diminuite di circa il 40% tra gennaio e luglio rispetto allo stesso periodo del 2024.
Governi e aziende militari stanno accumulando scorte strategiche per proteggersi da interruzioni future. Questo accentua momentaneamente la domanda e riduce ancora l’offerta libera sul mercato. Le implicazioni non sono trascurabili. I sistemi che prevedono componenti con germanio vedono aumenti nei costi dei materiali. In un contesto dove i bilanci della Difesa sono spesso rigidi, ciò può ridurre la capacità di produzione o ritardare progetti. Gli Stati che non hanno fonti proprie (miniere, impianti di raffinazione) o accordi stabili con produttori affidabili rischiano, inoltre di essere vulnerabili a interruzioni o aumenti improvvisi.
Le rotte della catena di approvvigionamento diventano leve geostrategiche. I governi stanno valutando politiche di stock strategici, incentivi per produzione interna, investimenti in ricerca sui materiali critici, sostegno al riciclo. Ad esempio, il Dipartimento della Difesa USA ha programmi di riciclo del germanio ottico ricavato da lenti e finestre usate. Si stanno intensificando gli sforzi per sviluppare materiali sostitutivi per ottiche infrarosse, per ridurre la quantità di germanio necessario, oppure per migliorare il riciclo. Ma sostituire il germanio non è semplice: nessun materiale offre finora la stessa combinazione di trasparenza, durezza, stabilità termica e purezza richiesta.
Per questo si cercano, e alcune società tentano di offrire, delle alternative. LightPath Technologies, con sede in Florida, che ha ricevuto finanziamenti dal governo degli Stati Uniti, sta lavorando per fornire alternative. Al di fuori della Cina, il produttore belga di materiali per batterie Umicore e il minatore canadese Teck Resources producono del germanio. Nyrstar, una filiale della casa commerciale Trafigura, sta anche valutando la possibilità di costruire un impianto di recupero e lavorazione del germanio e del gallio presso la sua fonderia di zinco nel Tennessee. Nel frattempo, ad agosto, il colosso Lockheed Martin ha ad esempio annunciato un accordo per la fornitura di germanio con il produttore Korea Zinc, che la sua sede a Seul.
Nelle scorse settimane, però, si è acceso uno scontro diplomatico: le autorità americane per l’immigrazione (ICE) hanno fatto irruzione in un impianto di batterie per veicoli elettrici in costruzione in Georgia da Hyundai e LG, portando all’arresto di quasi 500 lavoratori sprovvisti del corretto permesso di soggiorno e di lavoro. Il governo sudcoreano sta indagando su potenziali violazioni dei diritti umani durante il raid e la detenzione e ha chiesto ufficialmente che i diritti e gli interessi dei suoi cittadini non vengano violati durante i procedimenti di applicazione della legge. Il blitz ha dunque alimentato le tensioni diplomatica tra gli Stati Uniti e la Corea del Sud anche se le aziende sudcoreane sono destinate a investire miliardi in America nell’ambito di un accordo commerciale per evitare forti tariffe statunitensi. Il presidente Lee Jae-myung ha avvertito che scoraggerà gli investimenti stranieri negli Usa. E ha definito la situazione “sconcertante”, aggiungendo che è pratica comune per le aziende coreane inviare lavoratori per aiutare a creare fabbriche all’estero. Non solo. Hyundai ha annunciato che l’apertura dell’impianto sarà ritardata di almeno due mesi.
Di certo, se le restrizioni cinesi sul germanio rimarranno in vigore o si intensificheranno, è probabile che i prezzi restino alti o aumentino ulteriormente, con variazioni repentine quando emergono nuovi dati su offerta o domanda. Paesi, industrie, e organizzazioni internazionali sono davanti a una sfida: assicurarsi che la dipendenza esterna non comprometta la capacità operativa, investendo nella diversificazione, nel riciclo e, dove possibile, nella sostituzione tecnologica.
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