L’ultimo ordine esecutivo sui nuovi dazi formato nei giorni scorsi da Donald Trump pone fine alla scappatoia commerciale de minimis per i pacchi di basso valore spediti da tutti i Paesi. Tutti i pacchi di valore inferiore a 800 dollari, indipendentemente dal Paese di origine, saranno ora tassati all’ingresso, secondo le aliquote vigenti nel Paese di origine.
Quale sarà l’impatto sulla moda? Le nuove tariffe doganali – e l’abrogazione della scappatoia de minimis – renderanno più costose le spedizioni di articoli e materiali negli Stati Uniti, e i marchi saranno costretti ad adattarsi a costi più elevati e margini più ridotti. Qualcuno ha già iniziato ad aumentare i prezzi. Secondo un’analisi della piattaforma di analisi di prezzi e mercato Competitoor, i marchi del lusso hanno aumentato i prezzi delle borse negli Stati Uniti in media del 4% su base annua fino al 18 luglio. Tutti gli intervistati nello studio Fashion Industry Benchmarking 2025 della US Fashion Industry Association hanno affermato che una delle loro principali preoccupazioni aziendali è la politica commerciale statunitense e l’incertezza sull’impatto della guerra commerciale. Oltre il 70% degli intervistati ha affermato che i dazi più elevati hanno aumentato i costi di approvvigionamento, ridotto i margini di profitto e portato a prezzi al consumo più elevati, e quasi la metà segnala un calo delle vendite e il 22% ha già licenziato dipendenti a causa dell’aumento dei dazi.
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Non solo. Un’indagine di Vogue Business ha rilevato che i prezzi delle borse sono aumentati fino al 12 per cento. Hermès, che ha aumentato i prezzi a maggio per compensare l’impatto dei dazi all’importazione del 10%, è in attesa di vedere come si evolverà la situazione. “Aspettiamo maggiori dettagli. Per il momento, non prevediamo alcun cambiamento”, ha dichiarato il presidente esecutivo Axel Dumas agli analisti il 30 luglio in merito ai prossimi dazi del 15%. Burberry sta adottando un approccio attendista simile. “I dazi sono un ostacolo, ma abbiamo dedicato gran parte dell’anno scorso all’analisi della catena di approvvigionamento e dell’elasticità dei prezzi” ha detto il cfo, Kate Ferry all’inizio di luglio. “Abbiamo adottato un approccio chirurgico agli aumenti dei prezzi negli Stati Uniti. È una situazione altamente dinamica, quindi continuiamo a monitorarla e gestirla”.
Intanto, un numero crescente di aziende europee di moda e cosmetici starebbe valutando l’utilizzo di una clausola doganale statunitense poco nota e vecchia di decenni, nota come regola della “prima vendita”, come potenziale modo per attenuare l’impatto dei dazi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump. La regola consente alle aziende di pagare dazi inferiori applicando tariffe al valore di un prodotto all’uscita dalla fabbrica, molto inferiori al prezzo finale di vendita al dettaglio. “Fa parte delle possibilità”, ha dichiarato Nicolas Hieronimus, ceo di L’Oréal. “Prenderemo delle decisioni”, ha aggiunto. Marchi come il produttore italiano di sneaker Golden Goose, Moncler e Ferragamo hanno tutti promosso la strategia. “È un vantaggio significativo”, ha dichiarato Luciano Santel, direttore esecutivo di Moncler, in una chiamata con gli analisti. La strategia però non è priva di rischi. Innanzitutto può essere applicata solo per beni chiaramente destinati alla vendita negli Stati Uniti e che comportano molteplici transazioni estere. Inoltre richiede una documentazione dettagliata, un controllo rigoroso sulle catene delle forniture e strutture legali per gestire le transazioni richieste. Consulenti come Kpmg e PwC hanno registrato quest’anno un’impennata di richieste da parte delle aziende su come utilizzare questo metodo per alleviare il peso dei dazi di Trump.
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