Sono tante le foto iconiche dei funerali di Papa Bergoglio. Ma ce n’è una talmente singolare da far pensare che sia frutto dell’intelligenza artificiale. È lo scatto di un sacerdote che si ripara dal sole di piazza San Pietro con un cappellino griffato Blackrock, colosso Usa della gestione del risparmio. Che sia o no un meme creato da qualche smanettone di internet, alla vigilia del conclave che inizierà il 7 maggio ci si può comunque porre la domanda: per chi voterebbe la grande finanza?
L’interrogativo riguarda la finanza cattolica italiana – che storicamente ha rapporti forti con la Cei – ma soprattutto quella dei grandi fondi di investimento Usa, che in parte sostengono i conservatori pronti a fare da ago della bilancia nella scelta del successore di Bergoglio. I porporati elettori sono più del numero canonicamente consentito, perché Papa Francesco negli ultimi anni ha accelerato con le nomine sperando che i conservatori al limite degli 80 anni superassero la soglia (l’obiettivo era avere un conclave più progressista), quindi i conservatori restano importanti e con loro chi li sostiene finanziariamente.
Gli italiani favoriti sono l’ex Segretario di Stato, Pietro Parolin, il capo della Cei, Matteo Maria Zuppi e il patriarca di Gerusalemme dei Latini, Pierbattista Pizzaballa. È immaginabile che i rappresentanti della finanza cattolica nel nostro Paese sperino in uno dei tre nomi. In realtà, più in uno dei primi due. Parolin, «ministro degli esteri» vaticano con un curriculum diplomatico di lungo corso, il più vicino a Bergoglio che lo scelse come segretario di Stato della Santa Sede. Potrebbe essere un nome gradito sia al fronte conservatore sia a quello progressista. Cui appartiene più Zuppi, arcivescovo di Bologna, da sempre legato alla comunità di Sant’Egidio. Entrambi sarebbero apprezzati dai decani della finanza cattolica, l’ex patron delle Fondazioni Giuseppe Guzzetti e colui che per anni è stato definito il papa laico della finanza, ovvero il presidente emerito di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli. Il cui nome è comparso nel messaggio diffuso dal gruppo lo scorso 22 aprile insieme al presidente Gian Maria Gros-Pietro, e all’ad Carlo Messina per esprimere «profondo e commosso cordoglio per la scomparsa di Papa Francesco». Nella nota si ricorda quando a ottobre 2023 Intesa annunciò la destinazione di 1,5 miliardi di euro ad iniziative benefiche per la riduzione dei divari sociali e il Santo Padre indirizzò un messaggio alla banca in cui si rivolgeva a Messina come a un «caro fratello».
Per questo conclave saranno però fondamentali i voti dei cardinali americani e la partita è più grossa della battaglia dei dazi. La nuova amministrazione Usa ha due nomi in cima alla lista dei papabili: Timothy Dolan e Raymond Burke. Il primo è il cardinale arcivescovo di New York, 75 anni compiuti a febbraio, e finito inquadrato da telecamere prima dei funerali di Papa Francesco in San Pietro per il breve incontro con Donald Trump (recitò la preghiera inaugurale al suo primo mandato nel 2017) e la moglie Melania.
Il vero anti-Bergoglio è però considerato il cardinale Burke che ha tessuto una fitta rete di interessi che passa da istituti di ricerca, università, think tank e media company. I riflettori sono accesi sull’influenza di alcuni big della finanza cattolica conservatrice americana. Il primo è il miliardario Peter Thiel, fondatore di PayPal ma acerrimo nemico del «capitale woke», ovvero della combinazione di capitalismo aziendale e marxismo culturale. Thiel è uno dei mega donatori del GOP che ha finanziato l’attuale vicepresidente J.D. Vance nella corsa al Senato in Ohio e al candidato al Senato per l’Arizona, il venture capitalist – suo protetto – Blake Masters. È molto influente anche Timothy Busch, miliardario dell’immobiliare di Orange County, in California che ha fatto una donazione di 15 milioni di dollari per costruire alcuni nuovi edifici del Santuario dell’Immacolata Concezione a Washington, la più grande basilica cattolica nel Nord America.
Dalla finanza Usa si muovono Sean Fielder, hedge funder che promuove i valori conservatori e ha guidato la sfida contro l’Obamacare, e il banchiere Frank Hanna III. Non vanno inoltre sottovalutate le manovre di Brian Burch, fondatore e presidente di CatholicVote, organizzazione nata con l’obiettivo di «promuovere i valori cattolici nella sfera pubblica». Nel 2024, la nomina di Burch ad ambasciatore statunitense presso la Santa Sede ha segnato un punto di svolta simbolico e concreto: la saldatura tra l’America trumpiana e il cattolicesimo tradizionalista. Attenzione, infine, alle mosse della Heritage Foundation e del suo presidente Kevin Roberts, cattolico molto legato all’Opus Dei.
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