«Tre mesi fa ho parlato di una grande confusione, dissi che c’era un gran casino. Oggi la confusione è aumentata e questo conferma la mia opinione. Non parteciperemo a un mercato così affollato, non c’è alcun bisogno di un altro attore che non può che creare ulteriore confusione». Più chiaro di così, Carlo Messina non avrebbe potuto essere. Del resto, non ha fatto che descrivere il fermo-immagine del film sul risiko bancario cui assistiamo da mesi, un film iniziato con una fotografia nitida e attori e ruoli chiaramente identificabili, che giorno dopo giorno ci ha però trascinato in una trama sempre più caotica, con attori che si scambiano di ruolo mentre cresce la nebbia squarciata solo da colpi di scena subito oscurati da bombe fumogene. Un gran casino, appunto. Se non suonasse offensivo per il significato di Guernica, la celebre tela di Picasso, verrebbe voglia di prenderla a riferimento.
Così, un’operazione – il completamento della privatizzazione del Monte dei Paschi – annunciata con lo scopo di riportare all’onore del mercato una banca che aveva rischiato il precipizio con effetti di trascinamento pericolosi, in men che non si dica ha visto sfrecciare al suo intorno Opa e Ops che stanno terremontando il sistema bancario nazionale, proiettando incognite gravi persino sulla principale compagnia assicurativa. C’è chi ha provato a schematizzare l’esito stimato di queste battaglie incrociate, ma per quanto convincente sia la rappresentazione che ne vien fuori, a una disamina più attenta si scopre che manca sempre qualche tassello, qualche passaggio, qualche protagonista. Sicché è praticamente impossibile immaginare oggi il nuovo ordine bancario – ad esclusione dei presidi che intendono restare fuori dalla mischia, come appunto Intesa Sanpaolo – sul quale le famiglie italiane e il sistema delle imprese potranno contare negli anni a venire. Anche perché più d’una delle Ops attualmente in campo potrebbe avere un esito deludente o addirittura abortire cammin facendo.
Per esempio, quanto prima potremmo assistere alla rinuncia da parte di Unicredit – causa prescrizioni Golden Power e mancata concessione del Danish Compromise nell’Opa su Anima – a proseguire la scalata sul Banco Bpm. E qualora il suo intrepido amministratore delegato volesse invece portare la sfida sino in fondo, assumendosi tutti i rischi di un’operazione certo interessante ma che somiglia sempre più a una scommessa, il costo sarebbe tale da suscitare qualche indesiderata osservazione da parte delle autorità di vigilanza.
Quanto all’Offerta di scambio che Mps ha lanciato su Mediobanca, mentre ci viene confermata l’intenzione dei suoi amministratori di andare fino in fondo nonostante la “variante“ dell’Ops su Banca Generali annunciata da Piazzetta Cuccia, qualche problema potrebbe sorgere nelle interlocuzioni, in particolare, con le autorità di vigilanza europee. Nonostante siano passati 17 anni, sembra che a Bruxelles e Francoforte sia ancora viva la memoria dell’operazione Mps-Antonveneta che di fatto mandò in fumo 15 miliardi per inadeguatezza patrimoniale dell’acquirente. Sia chiaro, quella transazione e l’Ops su Mediobanca non hanno nulla in comune, ma la variazione patrimoniale di Piazzetta Cuccia – qualora avesse esito positivo l’acquisizione di Banca Generali – potrebbe richiedere un conguaglio in denaro e suggerire nelle vigilanze qualche domanda tendenziosa in relazione alla capienza patrimoniale di Mps. Niente di concreto allo stato, ma laddove c’è volontà di strumentalizzare c’è sempre di che temere.
L’Ops annunciata da Mediobanca sulla totalità del capitale di Banca Generali, l’ultima in ordine di tempo, è la più controversa per le motivazioni che ne sono alla base, per le modalità con cui è stata annunciata e per le implicazioni che potrebbe avere sul presente e sul futuro delle Generali. A dieci giorni dall’annuncio, Alberto Nagel – da 17 anni plenipotenziario in Piazzetta Cuccia – ha incontrato Gaetano Caputi, capo di gabinetto della premier Giorgia Meloni, in cerca di un consenso palese che però, secondo le cronache, non avrebbe ricevuto. Anzi, a quanto è dato sapere dietro la «non ostilità» celebrata da qualche quotidiano amico è sembrato di leggere freddezza.
E il fatto che in cambio del placet auspicato avrebbe messo sul tavolo «oltre alle buone motivazioni industriali dell’Ops, la testa dell’operazione Natixis» (da una testimonianza indiretta dell’incontro), avrebbe in un certo senso confermato che la ratio prima dell’offerta su Banca Generali è rendere più complicata la scalata di Mps a Piazzetta Cuccia. Naturalmente dietro tanta manovra l’obiettivo personale è salvare la poltrona: su questo come sul fatto che si tratta di un’operazione difensiva nessuno nutre dubbi.
Resta da capire come reagirà alla proposta il consiglio di amministrazione delle Generali, indicato e votato proprio da Mediobanca poche ore prima dell’annuncio dell’Ops su Banca Generali, che miracolosamente di recente è stata declassata da partecipazione strategica a partecipazione finanziaria. I primi segni di nervosimo si sono già registrati in occasione della nomina dei comitati endoconsiliari. Si attendono nuove.
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