I dazi americani e la richiesta di liberalizzazione delle esportazioni alimentari statunitensi rischiano di mettere nell’angolo gran parte della produzione italiana, in particolare, la Dop economy che si sta sempre più affermando sui mercati globali. A rischio è il principio della tutela della proprietà intellettuale per i prodotti a denominazione le cui caratteristiche specifiche dipendono dal legame con il territorio di produzione. Un asse portante dell’offerta europea e italiana che è leader nella Ue per denominazioni riconosciute con un paniere composto da 326 prodotti Dop, Igp, Stg e 529 vini Docg, Doc, Igt. La Dop economy italiana, secondo i dati dell’ultimo Rapporto Ismea-Qualivita, sviluppa un valore alla produzione di 20,2 miliardi di euro e in dieci anni ha messo a segno una crescita del 52% offrendo così un contributo del 19% al fatturato complessivo dell’agroalimentare italiano.
Si tratta di un settore che rappresenta il valore aggiunto del made in Italy a tavola e che continua a guadagnare punti in tutta Italia sostenuto dai tradizionali big, come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Prosciutto di Parma e Mozzarella di bufala campana Dop, ma anche da piccole denominazioni che sono sempre più diffuse sul territorio nazionale svolgendo un’importante funzione di traino non solo per il cibo, ma anche per il turismo.
E oggi anche nell’Ue è in primo piano la questione della tutela delle denominazioni, uno dei capitoli del piano strategico dell’agricoltura europea. Per l’Italia la difesa di una vera bandiera dell’agroalimentare è un obiettivo prioritario considerando il livello raggiunto dall’export nel mondo che ha sfiorato nel 2024 i 70 miliardi. Con gli Usa secondo sbocco di mercato, dopo la Germania, e che si avvicina a diventare il primo. «Nonostante le tensioni commerciali, è evidente che il lavoro fatto in questi anni sulla promozione del cibo italiano negli States ha funzionato e, a prescindere da quali saranno le prossime mosse di Trump, occorre ora fare tutto il possibile per evitare un muro contro muro che finirebbe per danneggiare tutti», sottolinea il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, nel precisare che «dobbiamo dare certezza agli operatori, quindi il lavoro iniziato dal governo italiano con la nostra presidente del Consiglio e portato oggi a livello europeo per arrivare a un punto di caduta che eviti l’introduzione di dazi è di fondamentale importanza per un settore come il nostro, che vede nel mercato Usa la possibilità di essere il primo mercato nei prossimi anni».
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