Ci sono rivoluzioni fatte con le bombe e altre fatte con un ago. Quello che Greg Lambrecht da Manhattan, 56 anni, decise un giorno di infilare nel sughero di un tappo con l’idea di estrarne il vino senza aprire la bottiglia, e al contempo iniettando dell’argon, un gas che evita che la maggiore quantità di vuoto nella bottiglia stessa possa ossidare più rapidamente il vino. Il Coravin, così si chiama questa magia, è lo strumento che la gran parte dei ristoranti utilizza per servire una piccola quantità di vino senza doversi preoccupare del fatto che il resto si rovini e vada quindi consumato rapidamente. E Gumprecht, che con il vino non aveva mai avuto niente a che vedere essendo di mestiere un ingegnere medico, è diventato il più grande alleato dei ristoratori che vogliono mettere al calice anche grandi bottiglie che un tempo non si aprivano per evitare che restassero sul groppone, dei clienti che vogliono ordinare un bicchiere di Sassicaia e non l’intera bottiglia, di tutti coloro che sono inclini a un consumo moderato, consapevole e di alto profilo. Abbiamo incontrato Lambrecht a Milano e ci siamo fatti raccontare i segreti di questa rivoluzione del servizio del vino.
Che cos’è Coravin?
«Coravin ha svolto un ruolo importante nel cambiare il modo in cui il vino viene servito, venduto e, in definitiva, vissuto. Prima di Coravin offrire vini premium al bicchiere senza sprechi era quasi impossibile. Oggi, le nostre innovazioni offrono agli amanti del vino la libertà di accedere a qualsiasi vino, di qualsiasi stile o annata, al bicchiere, in perfetta sintonia con il crescente desiderio di bere meno ma meglio. Sono fiero che Coravin possa contribuire ad aprire questo mondo e a dare alle persone la libertà di gustare e servire il vino senza limiti».
Ma come le è venuta l’idea?
«Da un’esperienza molto personale. Mia moglie era incinta all’epoca, quindi non beveva, ma io volevo comunque godermi un bicchiere di vino senza dovermi impegnare a bere l’intera bottiglia. Avevo una formazione in tecnologia medica e avevo trascorso anni a lavorare con aghi progettati per causare danni minimi ai tessuti. Una sera in cucina ho guardato una bottiglia di vino e ho pensato: deve esserci un modo per usare un ago per estrarre il vino da quella bottiglia senza toglierne il tappo».
Quanto ci è voluto per passare dall’idea alla realizzazione pratica?
«Da lì, è diventato un viaggio decennale di test, modifiche e iterazioni. Ho costruito prototipi, li ho condivisi con gli amici e ho chiesto solo una cosa in cambio: un feedback onesto. Ho testato ogni variabile: aghi, gas, tipi di tappo, finché nel 2013, undici anni dopo quella prima idea, abbiamo lanciato ufficialmente Coravin».
Quali sono state le maggiori problematiche che ha dovuto affrontare?
«Da un punto di vista ingegneristico la sfida era progettare un regolatore in grado di abbassare in modo sicuro e preciso la pressione del vino per spingere delicatamente il vino attraverso il sistema, un livello di controllo della pressione che non esisteva nei prodotti di consumo all’epoca. E poi c’è stata la sfida della credibilità…».
Credibilità?
«Sì, dovevamo dimostrare al mondo del vino che Coravin funzionava davvero. Abbiamo incontrato i produttori di vino e i migliori sommelier di tutto il mondo per fargli provare il nostro sistema in prima persona, abbiamo organizzato degustazioni alla cieca in tutto il mondo con vini visionati mesi prima. Quando i professionisti più qualificati non riuscivano a distinguere la differenza con le bottiglie appena aperte, diventavano i nostri evangelisti».
Coravin può essere una delle risposte alla crisi del vino, in particolare di quello rosso, che soffre del cambio delle abitudini di consumo, di preoccupazioni salutistiche e anche delle regole del codice della strada?
«Naturalmente sì. Coravin è stato creato per dare alle persone la libertà di gustare il vino secondo le proprie esigenze. Chi desidera solo un assaggio o un bicchiere, per motivi di salute, stile di vita o perché deve guidare, può farlo senza aprire l’intera bottiglia. Si tratta di rimuovere le barriere al piacere del vino».
Quanti sistemi Coravin avete venduto in questi 14 anni?
«Dal lancio di Coravin, sono stati venduti oltre 1,85 milioni di sistemi in tutto il mondo. Oggi, ogni secondo di ogni giorno, si versa più di un bicchiere con un sistema Coravin. Considero tutti quei momenti felici la nostra principale eredità».
In quale Paese Coravin ha conosciuto il maggiore successo?
«Il Coravin è stato accolto con entusiasmo dovunque ci sia passione per il buon vino. Certo in alcuni mercati vocati all’innovazione come l’Australia è stato accolto a braccia aperte. In altri come la Francia o l’Italia, dove le tradizioni enologiche sono più radicate, la reazione è stata più cauta ma sempre positiva. La Borgogna, sempre considerata conservatrice, è stata particolarmente ricettiva: la produzione è così limitata e i vini così costosi che non si vuole stappare una bottiglia per ogni persona che passa…».
Ci sono diffidenze o malintesi sull’uso di Coravin?
«Coravin pone sempre due sfide: funziona? E poi: ne ho bisogno? Abbiamo lavorato duramente per dimostrare che i sistemi Coravin funzionano anche con i vini naturali più impegnativi, sia fermi che spumanti. Ma la nostra sfida più grande alla fine è la cultura».
In che senso?
«Le persone pensano di non aver bisogno di conservare il vino. Ma Coravin non è un sistema di conservazione del vino ma un modo per servire qualsiasi vino al bicchiere e per gustare uno Champagne, poi un ottimo vino fermo e infine un vino dolce in qualsiasi giorno della settimana. In passato, ascoltavamo un intero album di un musicista, ma ora ascoltiamo una playlist di artisti diversi».
Come potrebbe migliorare ulteriormente Coravin?
«Vorremmo che diventasse sempre più veloce, più semplice, più divertente e più efficiente. Continuiamo a migliorare ciascuno dei nostri sistemi (Timeless, Pivot e Sparkling) per raggiungere questi obiettivi. Apportiamo anche modifiche in base alle richieste dei nostri clienti. Coravin è diventato uno strumento di analisi del vino diffuso in tutto il mondo e i nostri clienti sono la principale fonte di innovazione».
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