Hanno gambe e braccia come noi. Occhi per vedere, orecchie bioniche per ascoltare. Ci somigliano nelle fattezze, ma sono tutt’altro: uomini-macchina progettati solo per servire. Osservano, imparano, interagiscono e poi decidono, processando migliaia di informazioni grazie a un’elevata dose di intelligenza. Artificiale, ovviamente. I robot umanoidi non sono più creature da film di fantascienza; ora sono una realtà sempre più incisiva, destinata ridefinire gli assetti di interi settori economici e produttivi, dal manifatturiero alla sanità. Anche in Italia, dove un umanoide made in Brianza sta già allungando il passo sui competitor internazionali. Secondo Goldman Sachs, il mercato globale delle macchine antropomorfe raggiungerà un valore di 38 miliardi di dollari al 2035, con una crescita annua stimata tra il 20 e il 40% e con un volume di spedizioni globali di 1,4 milioni di unità entro i prossimi dieci anni. In questo orizzonte avremo quindi un esercito di androidi altamente addestrati di dimensioni analoghe alla popolazione di Milano. E nel 2060 – calcola la Bank of America – nel mondo ci saranno 3 miliardi di umanoidi pronti a sostituire il 20% dei lavoratori nei settori industriali. Intanto, già oggi la robotica è nei piani di sviluppo dei grandi colossi dell’innovazione.
La corsa dei big
Dagli Stati Uniti alla Cina, passando per il Giappone e la Corea del Sud, aziende come Tesla, Boston Dynamics, Ubtech Robotics e SoftBank stanno progettando macchine antropomorfe sempre più sofisticate. La multinazionale guidata da Elon Musk sta mettendo a punto Optimus, un automa pronto a prendere servizio nelle fabbriche automobilistiche del gruppo, mentre il colosso dell’intelligenza artificiale Nvidia ha fissato al 2026 l’ingresso degli umanoidi nelle linee di produzione dell’azienda taiwanese Foxconn. Anche Amazon, che già fa ampio utilizzo dell’automazione, ha in programma di aumentare la presenza dei robot nei propri magazzini. E chissà che, in un futuro non troppo lontano, a consegnarci i pacchi a casa non saranno fattorini d’acciaio, programmati per non fermarsi mai. Non pensiate di tratti di semplici suggestioni. Tutt’altro: nei giorni scorsi un umanoide ha persino suonato per la prima volta la campanella a Wall Street. Perché l’irruzione dei nostri omologhi in silicio e algoritmi nei gangli vitali dell’economia e dell’industria è già un fatto compiuto. E in questa partita l’Italia gioca da protagonista. Nel nostro Paese è stato infatti realizzato il primo robot umanoide cognitivo capace di operare in fabbrica e già attivo in diverse imprese italiane. Si chiama Robee e a progettarlo è stata l’azienda brianzola Oversonic, fondata nel 2020 da Fabio Puglia e guidata dal ceo Paolo Denti.
L’umanoide italiano
Il robot in questione replica operativamente la struttura meccanica del corpo umano, con 40 giunti mobili e un set completo di sensori che gli consentono di vedere e navigare lo spazio circostante. Attualmente è impiegato in diversi settori industriali, tra i quali il meccanico, il plastico, il chimico, il tessile l’elettronico, dove svolge compiti di assemblaggio, controllo qualità, movimentazione materiali e assistenza alle macchine. A distinguere l’umanoide tricolore è il fatto che, a differenza di alcuni suoi blasonati “colleghi” stranieri, sia già in servizio con tanto di certificazioni di qualità e non sia un semplice prototipo in fase di rodaggio. «Il nostro è l’unico umanoide europeo inserito da Cb Insights nella classifica dei 13 player a livello mondiale, insieme a Tesla e Boston Dynamics. Questo dimostra che esiste una via italiana ed europea all’intelligenza artificiale. Ora stiamo accelerando nel processo di internazionalizzazione: gli Usa rappresentano per noi un mercato naturale e strategico », spiega Denti a Moneta.
Il cervellone multitasking
RoBee può dialogare con le persone, mantenendo una conversazione regolare, è capace di prendere decisioni in modo autonomo e, grazie alle tecnologie in dotazione, raccoglie dati dall’ambiente circostante, li elabora e poi sceglie di operare nel modo più adatto. Cambia così il tradizionale paradigma: la macchina non è più una mera esecutrice di ordini, ma possiede un’autonomia gestionale e di azione. Oltre a lavorare in fabbrica, l’androide antropomorfo made in Brianza opera anche nel settore medicale: RoBee è infatti protagonista di un progetto innovativo in ambito neuroriabilitativo e aiuta neuropsicologi e logopedisti nell’assistenza a persone colpite da ictus cerebrale, oltre ad agevolare l’assistenza a pazienti affetti da Alzheimer. Inoltre, è impiegato in un laboratorio di ricerca congiunto per sviluppare nuovi approcci terapeutici basati sull’interazione tra robotica avanzata e medicina riabilitativa. A oggi sono 10 i RoBee già consegnati, mentre altri 20 sono in fase di collaudo preconsegna e 30 sono in fase di conferma ordine. Sono invece circa 170 le richieste da parte di nuovi potenziali clienti. Cresce dunque l’interesse per una macchina che parla italiano anche nel know-how e che nel 2024 ha portato Oversonic a un fatturato di circa 3,5 milioni.
La sfida strategica
L’avanzata dei robot, unita allo sviluppo esplosivo dell’IA, rappresenta una rivoluzione strutturale, perché il nuovo equilibrio tra uomo e macchina sta già creando nuovi mestieri e altrettante opportunità di posizionamento strategico. La capacità di attrarre investimenti e di trasformarli in sviluppo industriale è solo il passo di avvicinamento a una sfida ben più grande: la gestione di un futuro in cui in capitale umano e quello umanoide contribuiranno assieme a generare valore.
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