Prada ha completato l’acquisizione della Medusa il 2 dicembre, lo stesso giorno in cui ottant’anni fa è nato Gianni Versace. Dopo sei mesi di attesa delle autorizzazioni normative richieste, diventa dunque operativo l’accordo da 1,25 miliardi di dollari con Capri Holdings, annunciato ad aprile, che unisce strategicamente due dei marchi italiani più conosciuti nel mondo.
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Nella veste di presidente esecutivo ci sarà Lorenzo Bertelli, attuale direttore marketing e responsabile della corporate social responsibility dell’intero gruppo, nonché figlio di Miuccia Prada e di Patrizio Bertelli. Inizialmente Bertelli troverà in Versace l’amministratore delegato Emmanuel Gintzburger e il direttore creativo Dario Vitale, che ha preso dallo scorso aprile il posto di Donatella Versace. Poi si vedrà. Ora la sfida del gruppo milanese è di riuscire a rilanciare il marchio della Medusa. Si tratta di un impegno che richiederà anni, un paio per le sinergie produttive, un altro ancora per il resto. «Sarà un lavoro di lungo periodo, però sono sicuro che quello sarà un altro elemento che ci può portare a una scala che io reputo essere la scala a cui un giorno dobbiamo arrivare», ha osservato l’amministratore delegato di Prada, Andrea Guerra. Il cui obiettivo è «una crescita sostenibile nel lungo termine».
Potenziale inespresso
Non sarà un’impresa facile. Versace ha dovuto affrontare gravi difficoltà finanziarie negli ultimi cinque anni. I ricavi del marchio sono diminuiti del 15%, attestandosi a 193 milioni di dollari nell’anno fiscale 2025. Per gli analisti del settore la maison della Medusa è un grande nome, ma è ancora un’azienda relativamente piccola che dovrebbe crescere. Durante l’investor day di Capri Holdings a febbraio, prima della vendita, l’amministratore delegato di Versace, Emmanuel Gintzburger, che rimane in carica, ha dichiarato che le quattro aree di interesse principali del marchio sono «approfondire i codici della casa, portare gli accessori a 600 milioni di dollari, portare le calzature a 250 milioni di dollari e ampliare la quota di mercato maschile». Gli esperti vedono del potenziale in nuove categorie come gioielli, orologi e articoli per la casa.
Il gruppo, che gestisce marchi come Prada, Miu Miu e Church’s, è una delle poche aziende del lusso ad aver resistito al rallentamento del mercato, avendo aumentato il fatturato del 9% su base annua e raggiunto 4 miliardi di euro nei primi nove mesi del 2025, conclusi il 30 settembre. Non solo. Mentre diversi importanti conglomerati del lusso hanno registrato un calo delle vendite negli ultimi due anni, Prada ha registrato 19 trimestri consecutivi di crescita. Tuttavia, gli analisti concordano sul costo del turnaround, che avrà un impatto sui margini di Prada nel breve termine.
«Non ci saranno scorciatoie», afferma Guerra, sottolineando che ci vuole tempo per costruire solide fondamenta, immagine e identità. «Il percorso di Miu Miu ha richiesto dai 36 ai 48 mesi per raccogliere i primi frutti». Ora, Miu Miu sta generando ricavi record e rappresenta il 25% del business del gruppo e ha superato il traguardo di 1 miliardo di euro di vendite. Versace ha comunque ancora molta strada da fare. E lo stesso Guerra prevede che ci vorranno dai 18 ai 24 mesi per raggiungere la crescita sostenibile del fatturato desiderata.
L’approccio gestionale di Prada sarà comunque diverso da quello di Capri, che era orientato all’operatività: ha puntato sull’espansione, in particolare negli Stati Uniti e spesso attraverso la vendita all’ingrosso; ha applicato un piano simile a tutto il suo portafoglio, concentrandosi sulle efficienze condivise; e ha investito meno di quanto le case di lusso europee tendano a fare nello sviluppo del marchio. Prada, sostengono gli analisti, è molto più concentrata sulla moda, e quindi probabilmente si focalizzerà sul marchio stesso e su come accrescere la propria presenza sul mercato. Sotto Capri, c’è sempre stata un’enfasi di fondo sul tentativo di aumentare i volumi spingendo verso la fascia più mainstream del mercato, che non è propriamente ciò che Versace rappresenta: secondo gli esperti, il management di Prada non seguirà lo stesso approccio.
Strategicamente, l’autorevolezza di Versace potrebbe dunque essere ristabilita con un prêt-à-porter di alta gamma e di forte impatto sotto un nuovo direttore creativo, dopo che giovedì Dario Vitale ha annunciato l’addio (Donatella Versace, che ha avuto un ruolo fondamentale nel mantenere l’autorevolezza culturale del marchio nonostante le vendite in calo, rimane ambasciatrice globale della maison).
La distribuzione
Oltre a questo, gli esperti sottolineano la necessità di riorganizzare la distribuzione di Versace, «rifocalizzandosi sul retail a prezzo pieno, riducendo il wholesale e i prezzi scontati». Viene inoltre sottolineata la necessità di investire e potenziare la rete retail. Sfruttando anche il potenziale internazionale inesplorato in regioni chiave come il Medio Oriente e l’Asia. Così come c’è anche spazio vuoto negli Stati Uniti, soprattutto nella categoria degli accessori.
La prima (e a questo punto ultima) collezione Versace di Vitale dovrebbe arrivare nei negozi all’inizio del prossimo anno. I riflettori non sono però spuntati solo sulle passerelle: la prossima conference call sui risultati finanziari di Prada dovrebbe tenersi a marzo 2026, saranno allora più chiare le prospettive di uno dei più ambiziosi progetti di consolidamento del lusso italiano.
Nel frattempo, la moda deve fare i conti con l’ingresso a gamba tesa della Procura di Milano che nei giorni scorsi ha notificato 13 ordini di consegna ad altrettanti brand che avrebbero «utilizzato manodopera cinese in condizione di pesante sfruttamento». Tra le maison coinvolte ci sono anche Prada e Versace. A tutte viene chiesto di consegnare la documentazione relativa ai modelli organizzativi di lavoro come audit, bilanci, elenco di fornitori e subfornitori.
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