Molti grandi investitori stranieri stanno puntando sul mattone di lusso in Italia: le mete più gettonate restano la Toscana, le isole e le grandi città. Ma le formule di investimento stanno cambiando e ora prevedono nuove modalità di contratti che danno la possibilità al proprietario di utilizzare a fini privati l’asset per alcuni mesi e affittare invece lo stesso immobile nei restanti periodi dell’anno.
In sostanza, c’è la possibilità di mettere a reddito per alcuni periodi dell’anno l’immobile che viene acquistato e di farlo all’interno di un cosiddetto pool di immobili che vengono gestiti da un operatore.
C’è poi un’ulteriore formula che è quella che si sta affermando in Italia ora, ma che è già presente in Paesi come il Nord America e il Medio Oriente da molto, o comunque quantomeno da 15 anni, che è quella delle cosiddette branded residences, residenze brandizzate, nuova frontiera del lusso assoluto. «Sono delle unità residenziali a cui vengono associati dei servizi esclusivi di vario tipo e a cui viene poi accoppiato un brand. Può essere un marchio del settore dell’hôtellerie, per esempio la catena Four Seasons sta realizzando moltissime residenze brandizzate in Italia, oppure può essere anche un brand legato alla moda e al lusso come Bulgari, Dior o Bugatti», spiega a Moneta l’avvocato Mattia Biasi, partner dello studio britannico Withers.
Questi investimenti vengono fatti sia con la logica di investire in un Paese molto attraente sia con quella di stabilire in Italia la residenza per beneficiare della tassazione agevolata per i non residenti con flat tax a 200.000 euro. «Si tratta della norma varata dal governo Renzi che riguarda appunto il regime fiscale dei neo-residenti e che da allora è rimasto in vigore. L’estate scorsa il governo Meloni ha incrementato la componente della flat tax da 100 a 200.000 euro per anno e certamente questo è stato un incentivo, a prendere la residenza in Italia, soprattutto per i big spender», aggiunge Biasi.
Questo trend di investimento offre dei vantaggi anche per gli sviluppatori, cioè per gli operatori che costruiscono questo genere di residenze garantendo dei servizi annessi, perché c’è un markup rispetto a quello che sarebbe il prezzo medio di quel singolo immobile in quella determinata zona. Mediamente il valore si accresce almeno del 30 per cento. «Abbiamo seguito diversi clienti in Toscana, nella zona di Bolgheri dove c’è un sviluppo in corso. In quel caso le residenze sono servite ma non brandizzate, il brand è il territorio considerando che non siamo molto distanti dalla zona della Sassicaia, ma stiamo comunque parlando di un genere di acquisto che non si era visto in passato, anche perché tutti gli acquirenti sono sostanzialmente o del Nord Europa o asiatici», aggiunge Biasi. Il taglio medio di queste unità residenziali parte da circa 10 milioni fino ad arrivare a fiorare i 30 milioni. Dal punto di vista dell’investitore il vantaggio è che può decidere per certi periodi dell’anno anche dare la “villa” in gestione all’operatore, che può essere anche un gruppo dell’hotellerie, affinché la metta sulla propria piattaforma riservata alle prenotazioni di un certo tipo di clientela.
L’investimento nelle residenze brandizzate offre di certo opportunità uniche. Tuttavia, una comprensione approfondita del quadro normativo e una negoziazione – assistita – del contratto preliminare sono imprescindibili per una tutela adeguata in fase di acquisto del futuro asset. «Esistono chiaramente degli accordi che devono essere sottoscritti per lo sviluppo del progetto e questi si distinguono sostanzialmente in un iniziale contratto di compravendita di immobili da costruire o comunque da ristrutturare. Poi ci saranno altri accordi con lo sviluppatore e l’operatore per successiva gestione dei servizi a favore di quel determinato immobile», sottolinea l’avvocato di Withers. Esiste, inoltre, un cosiddetto contratto di rental pool che offre la possibilità di poter dare questo immobile non solamente in gestione per i servizi, ma addirittura una sorta di sub-locazione.
Il punto di domanda per quanto riguarda questo tipo di investimenti è cosa succede se quel determinato brand a un certo punto decide di andarsene, soprattutto per le residenze brandizzate. Insomma, il rischio più grande è quello sostanzialmente di perdere la valorizzazione che deriva da quel determinato brand. «Generalmente – spiega l’esperto di Withers – quello che noi consigliamo di fare ai clienti è di inserire, per quanto possibile, una previsione con una sorta di impegno da parte del venditore, o comunque dello sviluppatore, a sostituire con un brand della stessa tipologia».
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