In Europa il settore automotive è sempre più nel caos e ormai a un passo dal punto di non ritorno. Le responsabilità gravissime sono da ricercare nella scellerate imposizioni arrivate da Bruxelles, con l’obbligo del “tutto elettrico” a partire dal 2035, insieme alle sanzioni miliardarie (il provvedimento, seppur slittato di tre anni, continua a fare danni: i costruttori dovranno, infatti, salvo auspicate cancellazioni, farsi trovare pronti alla scadenza), ma anche nella colpevole accettazione delle case auto e della maggior parte delle associazioni di rappresentanza delle regole che ora si stanno rivelando suicide per il sistema industriale europeo e i suoi occupati.
E così è tempo di ripensamenti, dietrofront rispetto ai piani di investimento e rapidi cambi di strategia allo scopo di evitare il peggio. Il mercato non risponde e le stime di crescita della mobilità elettrica vengono smentite, di giorno in giorno, dalla realtà dei fatti.
Le ultimissime vedono la tedesca Opel, marchio del gruppo Stellantis, invertire improvvisamente la rotta, mentre la Porsche (gruppo Volkswagen), in crisi nera a causa del harakiri elettrico, ha annullato la produzione di batterie al suo interno. Per la Germania sempre tempi durissimi. Solo nel comparto automotive, in un solo anno si è registrata una perdita netta di circa 51.500 posti di lavoro, pari a quasi il 7% della forza lavoro.
Opel ha infatti annunciato che continuerà a produrre auto endotermiche oltre la scadenza prefissata del 2028. Lo spettro di chiusure e di bilanci a picco hanno convinto il management a intervenire. Con lo stop ai due siti per la produzione delle batterie, la Porsche ridurrà fortemente gli addetti previsti (300 persone) in un primo tempo. A piangere sono anche le casse: 295 milioni in fumo e restituzione dei finanziamenti ricevuti per circa 56 milioni.
E poi c’è il caso italiano di Termoli, la storica fabbrica italiana di motori, ora della della galassia Stellantis, da convertire in Gigafactory, progetto congelato senza più notizie in proposito, con quasi 2.000 dipendenti in solidarietà per un anno.
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L’iniziativa, sostenuta anche con fondi pubblici Pnrr – poi stornati altrove – doveva prevedere un investimento complessivo di 2 due miliardi, ma ha subito una serie di sospensioni e rinvii a partire dal 2024, culminando in un’incertezza totale sui tempi di realizzazione e sul futuro occupazionale, con Stellantis e Acc, il consorzio che include anche TotalEnergies, che hanno preso tempo per valutare il mercato delle batterie. Tutto questo mentre a Saragozza, in Spagna, Stellantis e la cinese Catl hanno annunciato a fine 2024 un investimento fino a 4,1 miliardi per una fabbrica da 50 GWh entro il 2026.
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