Consumatori americani pazzi per i formaggi italiani taroccati. È infatti record storico per la produzione dei “falsi” tricolori negli Usa, secondo l’ultimo rapporto Dairy products summary, appena pubblicato dall’Usda, il dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti. Lo studio dedica un intero capitolo al cosiddetto “Italian cheese” che negli anni ha conquistato spazio sulle tavole degli americani dove ha addirittura superato i prodotti della tradizione a stelle e strisce come il cheddar, il classico formaggio dal colore che varia dal giallo all’arancione.
Negli ultimi dieci anni la produzione di parmesan, romano, provolone, ricotta, mozzarella e altri similari è aumentata del 22% e ha raggiunto nel 2024 il valore massimo di sempre di 2,73 miliardi di chili, secondo l’analisi dell’Osservatorio Coldiretti. A fare la parte del leone è la mozzarella, con 2,17 miliardi di chili, seguita dal parmesan con 203 milioni, il provolone con 176 milioni, la ricotta 110 milioni e il romano con oltre 27 milioni di chili. Oltre la metà della produzione di simil formaggi italiani viene realizzata in California (soprattutto mozzarella) e Wisconsin, la terra del “cheese” che ha addirittura come simbolo una mucca nelle targhe automobilistiche e si è specializzato nella produzione di parmesan. Se i nomi sono simili a quelli Made in Italy, le caratteristiche sono profondamente differenti perché i formaggi originali devono rispettare rigidi disciplinari di produzione con regole per l’allevamento e la trasformazione e un sistema di controlli che non ha eguali. E non si tratta di differenze marginali. Per esempio rispetto al Pecorino romano Dop, il “romano” realizzato negli Stati Uniti non contiene neanche una goccia di latte di pecora ma è ottenuto da quello di mucca.
Variazioni sul tema che non sfuggono però ai consumatori americani più avveduti, come dimostrano le ottime performance nel 2024 delle esportazioni italiane di Grana Padano e Parmigiano Reggiano originali che hanno raggiunto negli Usa la quantità di 19,9 milioni di chili, segnando così un vero record, con un aumento del 10% rispetto all’anno precedente. E bene è andata anche al Pecorino e al Fiore sardo con 11,8 milioni di chili (+11,3%). Ma il problema resta: sul mercato statunitense nove volte su dieci c’è il rischio di acquistare falso Parmigiano. Una situazione destinata ad aggravarsi con l’eventuale via libera ai dazi proposti dal Presidente Donald Trump che potrebbero colpire anche l’eccellente bouquet dei formaggi Made in Italy.
Una mossa sostenuta soprattutto dalla lobby dell’industria casearia Usa (Ccfn), che in passato ha addirittura scritto a Trump, durante il suo primo mandato, per chiedere di imporre tasse alle importazioni di formaggi europei. La lobby ha anche esplicitamente chiesto di costringere l’Unione Europea ad aprire le frontiere comunitarie ai tarocchi a stelle e strisce. Un problema che riguarda in realtà tutte le categorie merceologiche come l’olio Pompeian made in Usa, i salumi più prestigiosi, dalle imitazioni del Parma e del San Daniele alla mortadella Bologna o al salame Milano, senza dimenticare i pomodori, come il San Marzano che viene prodotto in California e venduto in tutti gli Stati Uniti.
A differenza di quanto avviene per altri articoli come la moda o la tecnologia, a taroccare il cibo italiano non sono infatti i Paesi poveri, ma soprattutto quelli emergenti o i più ricchi, a partire proprio dagli Stati Uniti, dove la Coldiretti stima che l’insieme del falso Made in Italy a tavola valga 40 miliardi sul totale di 120 miliardi a livello mondiale
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