Sulla scrivania di Andrea Orcel i dossier sulle potenziali acquisizioni vengono aperti di continuo. L’amministratore delegato di Unicredit non ha mai smesso di ambire alla creazione del primo, vero campione europeo del mondo bancario. Non potrebbe essere diversamente per un uomo che aveva completato i suoi studi con una tesi sulle acquisizioni ostili. Nella sua testa il modello è Jp Morgan, la più grande banca americana che è diventata un leader a livello globale anche per le sue grandi e spregiudicate acquisizioni. Nelle ultime settimane un sogno proibito accarezza la mente del banchiere romano e risponde al nome di Société Générale, grande banca francese che in Borsa capitalizza 43 miliardi. La Francia, del resto, è l’unica delle tre grandi economie dell’Unione europea dove l’istituto di Piazza Gae Aulenti non ha presidi di un certo livello.
Se l’Italia è ancora il principale mercato e la sede del gruppo, in Germania Unicredit controlla Hvb e una quota potenziale del 30% di Commerzbank. La scalata di Société Générale potrebbe essere il grande colpo per innalzarsi ai massimi livelli in tutti e tre i Paesi. Vero è che il ceo negli ultimi anni è andato dicendo di guardare a potenziali target nelle nazioni dove l’istituto è già presente, ma è altrettanto vero che nel frattempo sono accadute molte cose: come la rinuncia alla scalata sul Banco Bpm a causa degli stringenti paletti applicati dal governo italiano in tema di golden power. SocGen, a differenza di Unicredit, è riuscita a uscire dal mercato russo quando ancora le maglie erano più larghe (a maggio 2022) subendo però una perdita di oltre 3 miliardi. È perciò prevedibile che anche in questo caso è difficile che una eventuale sortita di Orcel non faccia alzare qualche sopracciglio a Parigi, ma bisogna considerare che la debolezza del governo francese e la grande forza dell’istituto italiano (103 miliardi di capitalizzazione contro i citati 43 miliardi della banca target) potrebbero valere per lo meno un tentativo. Mal che vada, si fa come in Germania.
In tal senso, nelle sale operative in molti sono pronti a scommettere che l’assedio di Unicredit su Commerzbank avrà successo. Magari non subito, ma sta di fatto che la partecipazione potenzialmente vicina al 30% (tra azioni e derivati ancora da convertire) rende l’istituto italiano l’azionista di riferimento di Commerzbank, capace di condizionarla in ogni scelta strategica. Alla lunga, quindi, la spinta verso un accordo che porti a un’integrazione potrebbe prevalere, nell’ottica di dare un futuro più stabile alla banca. Allo stesso modo, dovrebbe concludersi felicemente anche l’avanzata su Alpha Bank dove Unicredit ha costruito una posizione potenziale del 26% ed è stata accolta su tappeti rossi dalle autorità greche. L’idea della costruzione di un castello di partecipazioni sta fruttando plusvalenze e flussi cedolari importanti a Orcel: un toccasana per un istituto che non cresce in modo significativo sul fronte dell’attività bancaria caratteristica (aspetto che gli ha portato le diffidenze del governo italiano nell’ottica di un’operazione con Banco Bpm) e che sta mantenendo molto ricca la macchina dei profitti a scapito dell’inevitabile contrazione del margine d’interesse. Una tattica che peraltro gli permette di spingere le banche target a remunerare di più i soci e al tempo stesso di essere pronta al colpo di mano non appena le condizioni politiche lo consentono.
Prede fuori portata
Per quanto riguarda il mercato italiano, Unicredit sembra aver archiviato la pratica Banco Bpm. La banca guidata da Giuseppe Castagna è da sempre in cima alla lista dei desideri, ma la presenza nel capitale di una Crédit Agricole potenzialmente al 30% è però tale da scoraggiare anche Orcel. In tal senso l’unico obiettivo potenzialmente aggredibile sarebbe Bper, istituto che ha da poco acquisito la Popolare di Sondrio e che garantirebbe complementarità e scarsa sovrapposizione su territori remunerativi. Per arrivare a Bper, però, bisogna bussare a Unipol e quindi al suo presidente Carlo Cimbri, che si potrebbe convincere solo assicurandogli robusti dividendi e l’assicurazione di una distribuzione massiva delle sue polizze. C’è però più di un “ma” su questa eventuale mossa: in primis, Unicredit ha appena riscattato le sue partnership assicurative, con la prospettiva che queste gli rendano 400 milioni di ricavi in più entro il 2027 e per fare spazio a Unipol dovrebbe rinunciarvi in parte. Inoltre, non sarebbe semplice convincere Cimbri (e le cooperative) a consegnare le chiavi della banca. Più facile immaginare un’aggregazione tra Bper e Banco Bpm (Crédit Agricole permettendo), ma se a Piazza Meda l’ipotesi potrebbe anche piacere, a Modena non si registra grande entusiasmo. Dunque, se allora se in Italia Unicredit sembra orientata a restare com’è, i terreni di conquista per Orcel sembrano tutti all’estero. Per questo l’idea di fare rotta a Parigi sembra essere qualcosa più di una pazza idea estiva.
© Riproduzione riservata