Per Banco Bpm il ritiro di Unicredit segna anche la capacità della banca di tornare padrona del proprio destino: viene meno la passivity rule e il Banco potrà “vagliare attentamente tutte le opzioni strategiche ed opportunità di crescita che si dovessero presentare sul mercato”. Una ritrovata libertà di azione da non sprecare: “la soddisfazione di oggi – ha ammonito Castagna – potrebbe non durare a lungo perché è ormai evidente che rimaniamo sotto i riflettori di chiunque abbia progetti di aggregazione in Italia”. Il Credit Agricole, che ha chiesto alla Bce la possibilità di salire fino al 30% del Banco, potrebbe rappresentare un baluardo difficilmente espugnabile da predatori sgraditi. Il passaporto francese non sembra, infatti, un problema visto che la Banque Verte si è mossa finora con bon ton istituzionale. “Il governo non guarda alla nazionalità dei banchieri ma soltanto alla loro capacità a svolgere la loro funzione”, aveva detto solo pochi giorni fa all’Abi, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.
Nel 2017 l’Agricole era arrivata in soccorso delle casse di risparmio di Rimini, Cesena e San Miniato e oggi opera nel nostro Paese attraverso la spa cui fanno capo anche Cariparma, Friuladria e Carispezia. L’Italia rappresenta già il secondo mercato dopo la Francia ma il presidio è rafforzato ulteriormente con l’acquisto del Credito Valtellinese. Poi ha deciso di puntare sul Banco Bpm. Nella primavera del 2022 ha infatti annunciato di aver comprato “sul mercato e in una transazione con una primaria banca d’affari internazionale” il 9,18% del capitale dell’istituto di Piazza Meda. L’operazione, si legge nella nota diffusa all’epoca dai francesi, “consolida la relazione strategica e di lungo termine del gruppo con Banco Bpm, costituita innanzitutto dalla partnership nel credito al consumo attraverso la joint venture Ago”’.
Va, in ogni caso, ricordato che i transalpini dell’Agricole sono radicati “pacificamente” da anni sul territorio. Anzi, potrebbero essere proprio i “poteri forti” del nostro sistema a fare da garanti affinché la transizione verso il nuovo assetto del sistema avvenga in modo ordinato. I decani di Piazza Affari ricordano, infatti, l’alleanza stretta alla fine degli anni Ottanta tra la banca francese e il grande vecchio della finanza cattolica Giovanni Bazoli, oggi presidente emerito di Intesa: impegnato nel rilancio del Nuovo Banco Ambrosiano, Bazoli chiamò in aiuto proprio les amis dell’Agricole per arginare l’avanzata di Gemina che mirava, sotto la regia di Mediobanca, a portare sotto l’egida della Comit l’istituto rinato dalle ceneri della banca di Roberto Calvi. E nel 2006 Cariparma e Friuladria furono cedute proprio da Intesa all’Agricole in seguito alla fusione con il Sanpaolo di Torino.
© Riproduzione riservata