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Melisso (Fineco AM): «Valutazioni alte, ma anche opportunità. Attenzione però a inseguire il mercato»

Fabio Melisso, ceo di Fineco AM: «Gli shock sono sempre più esogeni, ma vengono assorbiti in maniera matura. La tecnologia è deflattiva e può aiutare la Fed a tagliare ancora i tassi». Il ruolo dell’oro e degli Etf

Gli ultimi anni non sono stati certo immuni da fattori destabilizzanti – dal Covid alla crisi Ucraina, passando per questo 2025 all’insegna della guerra commerciale – ma l’economia e i mercati hanno mostrato di saper digerire ogni tipo di shock. Sarà così anche nel 2026? Moneta ne ha discusso con Fabio Melisso, ceo di Fineco Asset Management.

Come spiegare questa capacità dei mercati di assorbire ogni shock?
«C’è stato un cambiamento di struttura e anche a livello di partecipazione, con strumenti che aiutano l’aumento della platea retail. Il mercato stesso è in grado di assorbire in maniera sempre più matura e veloce gli shock di questi anni che sono sempre più esogeni, dal Covid ai dazi, passando per le nuove tecnologie che permeano il mercato finanziario. Se ci ricordiamo il dilemma soft landing/hard landing, alla fine le politiche supportive hanno fatto in modo che la recessione più volte pronosticata non si sia mai materializzata. Questo insegna che il market timing è molto complicato e difficile da attuare, meglio avere un orizzonte appropriato dei propri obiettivi e una pianificazione di lungo periodo lasciando il mercato fare il suo corso».

Con tre anni di rally trainato dall’IA alle spalle, quali a suo avviso i principali driver e quali i rischi da monitorare nel 2026?
«Vediamo una fase di crescita un po’ più volatile rispetto a ultimi anni, non ci aspettiamo una correzione anche se i mercati sono valutati a prezzi storicamente abbastanza alti. A ben guardare non tutti i settori viaggiano a multipli elevati e vediamo spazio di crescita per le aziende che utilizzano tecnologica all’interno dei loro processi, così come una riscoperta di alcuni settori che negli scorsi anni non sono stati premiati, compresi i mercati fuori dall’America. L’anno non sarà privo di insidie considerando che a novembre l’agenda prevede le elezioni statunitensi di mid term, sicuramente un forte catalyst in grado di condizionare la successiva politica di Trump».

Tra gli elementi di potenziale tensione il prossimo anno c’è anche il cambio alla guida della Federal Reserve
«Non penso che la Fed avrà un approccio aggressivo, sarà più supportivo rispetto alla linea tenuta da Powell quest’anno, probabilmente un ulteriore taglio ma l’azione della banca centrale statunitense sarà moto guidata dai dati. Bisogna anche vedere quanto la tecnologia accelererà in quanto la tecnologia è deflattiva e quindi potrebbe spingere la Fed a maggiori tagli».

L’Europa invece come si affaccia al 2026?
«Sull’Europa manteniamo un atteggiamento costruttivo, sia per la struttura del mercato, caratterizzata da una maggiore presenza di società “value” rispetto a Wall Street, sia per la possibilità per gli investitori europei di ridurre l’esposizione al rischio dollaro. Inoltre, i mercati non hanno ancora pienamente valutato le implicazioni della possibile fine della guerra in Ucraina e del successivo processo di ricostruzione. A questo si aggiungono gli investimenti già programmati dalla Germania, che storicamente tende a realizzare quanto annunciato: tali misure si tradurranno nell’economia reale con un ritardo di circa 12–18 mesi. Di conseguenza, a partire dal 2026 sarà possibile comprendere meglio l’impatto di questa ingente massa di investimenti e il loro contributo al sostegno dell’economia Ue».

In che modo provare a diversificare al meglio il portafoglio per attutire gli effetti delle turbolenze sempre più diffuse?
«Consideriamo l’oro un diversificatore naturale e lo utilizziamo all’interno dei nostri portafogli, senza superare in ogni caso la soglia dell’8%. Storicamente la volatilità dell’oro è un elemento da tenere in considerazione: parliamo di un bene rifugio, ma non sarebbe corretto affidare a questo asset la capacità di eliminare completamente qualsiasi rischio. Dal nostro punto di vista è molto più protettiva l’economia reale».

Mal contati ci sono 10mila miliardi di euro di risparmio europeo fermi sui conti correnti, come vedere l’iniziativa di Bruxelles con la Savings and Investments Union (SIU)?
«In passato iniziative locali non hanno avuto il successo sperato. Adesso ci aspettiamo molto dalla SIU e ci auguriamo che possa essere recepita dall’Italia come un contenitore dove l’investitore può mettere al lavoro i propri risparmi all’interno dell’Europa. Spero sia un modello vicino agli Individual Saving Account britannici, con l’incentivo fiscale che è un driver di avvicinamento al mondo degli investimenti».

Un discorso che si intreccia con quello dell’allungamento dell’aspettativa di vita
«La longevità è una tematica chiave che rende evidente la necessità di creare le premesse per un tenore di vita adeguato anche dopo la pensione. Ci sono sistemi di pensione complementare, anche noi ne gestiamo uno, ma presentano dei limiti come la tassazione sul maturato. Come Fineco AM abbiamo da poco lanciato una serie di Etf attivi che danno la possibilità di mettere al lavoro efficacemente il risparmio fermo sui conti correnti pianificando l’esposizione all’equity al 2040, 2050 e 2060: nel momento in cui per un determinato numero di anni si raggiunge un rendimento annualizzato del 7%, questo viene protetto prima che finisca il target temporale e rilasciato all’investitore in maniera graduale».

Per chi vuole iniziare a investire con gradualità si fa sempre più largo lo strumento Etf
«Il trend sugli Etf, anche nelle versioni attive, è secolare ed è solo all’inizio: i vantaggi in termini di efficienza, tecnologia e opportunità che in passato potevano essere raggiunti solo tramite portafogli complessi e costosi, ora diventano alla portata di tutti. Il risultato è che giovani e anche famiglie patrimonializzate che erano esposte a costi eccessivi, con questi strumenti non rischiano la disaffezione che in passato ha portato tanti a smettere di investire. Gli strumenti passivi possono quindi dare un ulteriore contributo allo sviluppo del mercato, ampliando la platea di investitori».

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