La fase due dell’accordo per Gaza è iniziata. Donald Trump lo ha ufficializzato al summit di Sharm el-Sheikh dove sotto la regia di Usa ed Egitto una trentina di leader hanno preso l’impegno di costruire un nuovo futuro di pace per il Medio Oriente. L’egiziano Abdel Fattah al-Sisi, padrone di casa, ha dato a tutti appuntamento a novembre al Cairo per una conferenza sulla ricostruzione. Al tavolo di Sharm si è seduta Giorgia Meloni che, dunque, parteciperà anche a quello del Cairo: il nostro Paese vuole essere in prima fila su questo dossier. La partita della ricostruzione può essere giocata come pivot dalle imprese italiane grazie anche all’esperienza accumulata con i lavori in territori distrutti dai terremoti.
Secondo l’ultima stima della Banca Mondiale saranno necessari 80 miliardi di dollari per ricostruire Gaza e la Cisgiordania. In pista ci saranno grandi imprese di costruzione che già operano a livello internazionale come Webuild oltre a Saipem, Maire, Ansaldo Energia e ad aziende specializzate. Dalla ricostruzione di Gaza, purtroppo, è già tagliata fuori l’ex Ilva, che avrebbe potuto giocare un ruolo di primo piano per la produzione dell’acciaio, ruolo conquistato da ArcelorMittal, il più grande produttore europeo.
Ma il mercato scommette già su un ruolo da protagonista per i big del cemento. I riflettori sono accesi soprattutto su Cementir grazie alla forte presenza in Turchia che la colloca nella posizione ideale per servire i cantieri dell’area. Il 13 ottobre Exane Bnp Paribas ha iniziato la copertura del titolo del gruppo Caltagirone con un rating outperform (sovraperformerà il mercato) esprimendo una valutazione per il titolo di un target price di 18 euro per azione (oggi quota attorno a 15 euro). Nel report, assai approfondito di Bnp, si legge che Cementir è un’ottima opportunità di investimento perché scambiata a uno sconto forte rispetto ai competitor. Con vendite pari a 1.687 milioni di euro nel 2024 (attese a 1.716 milioni nel 2025 e a 1.782 milioni nel 2026), Cementir è leader mondiale nel settore di nicchia del cemento bianco (circa un terzo della redditività) e in Danimarca nel cemento grigio, dove possiede l’unico impianto produttivo del Paese, ed è un attore principale nel cemento grigio in Belgio e Turchia. Viene ricordato che il 20% dell’ebitda arriva proprio dalla Turchia dove il gruppo possiede circa il 97% di Cimentas, asset quotato con una capitalizzazione di mercato di 700 milioni. Bnp stima una crescita dei volumi di Cementir in accelerazione nei prossimi trimestri (+3% nel 2026 e +4,5% nel 2027).
La spinta arriverà proprio dalla ricostruzione in Siria, Gaza e in Ucraina che potrebbe essere servita dalle strutture costiere del gruppo in Turchia, aumentando l’ebitda della società, atteso a fine 2025 a quota 244 milioni di euro e a 260 milioni nel 2026. Gli investitori non guardano, infatti, solo al Medio Oriente ma anche alla ricostruzione postbellica dell’Ucraina. Sì, perché quando finalmente finirà la guerra scatenata a febbraio 2022 dall’invasione russa, ci sarà da ricostruire il Paese. La Banca Mondiale stima che l’Ucraina dovrà spendere circa 230 miliardi di dollari per ricostruire edifici e infrastrutture danneggiati durante la guerra. Le maggiori esigenze riguardano le infrastrutture che rappresentano il 51% della spesa totale per il risanamento. Nel breve termine, la ricostruzione residenziale è prioritaria e rappresenta il 45% delle necessità per il 2025-2026. «Dei 230 miliardi di dollari necessari per la ricostruzione, il nostro team sul settore del cemento stima che 92 miliardi di dollari (40%) siano destinati ai materiali da costruzione», afferma Exane Bnp Paribas. I materiali heavyside (cemento e aggregati) attrarranno la quota maggiore della spesa, per il loro impiego nel calcestruzzo. «Il nostro team stima che questa domanda aggiuntiva di calcestruzzo equivalga a un incremento di 10,8 Mt l’anno nel consumo di cemento, circa +11% rispetto ai volumi annuali dell’Europa orientale e oltre il 110% del consumo ucraino», calcola il broker.
Anche la Siria necessita di una ricostruzione dopo 15 anni di guerra. Le Nazioni Unite hanno stimato che il Pil totale bruciato tra il 2011 e il 2024 sia di 800 miliardi di dollari, combinando costi di ricostruzione e opportunità perse durante la guerra. Focalizzandosi solo sulla distruzione del capitale, il danno stimato è di 123 miliardi di dollari, circa la metà di quanto stimato per la ricostruzione dell’Ucraina. Lo stesso impatto può derivare dalle esportazioni di cemento bianco dall’Egitto, aggiunge il report. Secondo gli analisti, Cementir potrebbe sostituire le esportazioni costose di cemento bianco dalla Danimarca verso gli Stati Uniti con cemento prodotto in Egitto, aumentando la propria quota di mercato globale. Le importazioni agli Usa dall’Egitto sono soggette a dazi del 10%; in un contesto di aumento generale dei dazi, va detto che Cementir non ha subito un calo di competitività rispetto ad altri Paesi e player. La quota in crescita delle esportazioni dovrebbe sostenere un aumento dei volumi nei prossimi tre anni. «Prevediamo, quindi, che l’Egitto genererà oltre il 5% dell’ebitda del gruppo entro il 2026 dal 3% nel 2023», stima Exane Bnp Paribas.
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