Il 5G standalone è la leva per la crescita economica e industriale del Paese: è questo il messaggio lanciato da Ericsson Italia durante l’evento “Imagine Italy: Changing the Game”, che ha riunito a Milano rappresentanti di operatori, imprese, istituzioni e partner tecnologici per discutere del futuro digitale dell’Italia. Dagli interventi dei relatori è emerso un messaggio chiaro: la connettività mobile avanzata rappresenta oggi una priorità strategica per il Paese. La transizione verso reti di nuova generazione, caratterizzate da alte prestazioni e maggiore programmabilità è una condizione indispensabile per sostenere la trasformazione digitale dell’economia.
Il 5G Standalone
Il 5G Standalone è il motore di questa trasformazione: non rappresenta un semplice passo avanti tecnologico, ma una vera e propria piattaforma di innovazione capace di rivoluzionare modelli di business e processi industriali, abilitando servizi a valore aggiunto fondati su bassa latenza, elevata capacità di uplink, sicurezza e resilienza. A livello globale, su 633 operatori mobili, solo 163 (pari al 26%) hanno annunciato investimenti nel 5G Standalone, e appena 80 hanno già lanciato servizi di questo tipo, su un totale di 345 reti 5G oggi attive nel mondo (considerando sia Standalone che Non Standalone). Tuttavia, oltre il 90% dei dispositivi 5G Standalone è concentrato in Cina, India e Stati Uniti, lasciando l’Europa in una posizione di ritardo.
“La connettività mobile avanzata è la chiave per la crescita economica e industriale del Paese”, ha dichiarato Andrea Missori, Presidente e Amministratore Delegato di Ericsson Italia, aprendo i lavori. “Il 5G Standalone segna il passaggio da un modello di rete ‘best effort’, uguale per tutti, a un modello sartoriale, capace di adattarsi alle esigenze specifiche di ciascun servizio. Non si tratta più solo di velocità in downlink, ma di bassa latenza, maggiore capacità in uplink, gestione dinamica degli oggetti in movimento, geolocalizzazione accurata, oltre a resilienza e massima sicurezza. Queste caratteristiche aprono la strada a nuovi servizi, nuovi modelli produttivi e opportunità di crescita. Colmare il divario tecnologico che separa oggi l’Europa – e in particolare l’Italia – da Stati Uniti e Asia è fondamentale per permettere alle imprese italiane di accedere a tecnologie avanzate e trasformarle in un vantaggio competitivo concreto. Servono politiche industriali, visione, ambizione, ed il coraggio di cambiare le regole, insieme”.
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Durante l’evento Pietro Labriola, ad di Tim, ha spiegato le difficoltà del panorama italiano, legate anche a tariffe troppo basse: “”L’ecosistema delle telecomunicazioni ha un solo soggetto che paga i conti per tutti: gli operatori”, ha detto. Labriola ha descritto un sistema in cui tutti gli attori – dai produttori di apparati, ai costruttori di reti in fibra e torri, fino ai produttori di smartphone e agli Stati che vendono le frequenze – dipendono dal lavoro degli operatori di rete, oggi però schiacciati da un modello economico insostenibile“. “La somma di tutti questi costi non è coperta dai ricavi generati dai servizi venduti ai clienti. Gli operatori di telecomunicazioni in Italia e in giro per il mondo sono tra i maggiori spender di energia, per quale motivo non siamo considerati energivori potendo godere quindi di alcune detrazioni di carattere fiscale?”. Secondo il numero uno di Tim, la frammentazione del mercato europeo e la corsa al ribasso dei prezzi stanno minando la capacità d’investimento degli operatori: “In Europa ci sono cento operatori, mentre in mercati come Stati Uniti, Cina o Brasile ce ne sono tre. Dobbiamo chiederci se ha senso mantenere questa struttura”. Labriola ha ricordato come i prezzi italiani per il 5G a “9,90 euro contro i 40-50 dollari degli Stati Uniti” siano tra i più bassi al mondo, rendendo “politicamente difficile ma economicamente necessario” un riallineamento. “La digitalizzazione è alla base dello sviluppo economico e sociale – ha concluso – ma senza operatori di telecomunicazioni non può esistere. O si modificano le regole per consentire un ritorno sugli investimenti, o l’unica alternativa sarà la nazionalizzazione del settore, che oggi nessuno Stato europeo potrebbe permettersi”.
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Anche Benoit Hanssen, co-ceo di WindTre, ha puntato il faro sul nodo risorse. “Abbiamo investito e stiamo investendo per portare il 5G standalone ovunque, dalle grandi città ai borghi più piccoli, ma costruire una rete di questo tipo, però, richiede grandi risorse per realizzare torri, infrastrutture e gestire la manutenzione“, ha detto, “È uno sforzo che deve essere sostenuto dal mercato con prezzi adeguati dei servizi, ma anche da una regolamentazione equa ed efficace, se vogliamo che gli operatori continuino a garantire qualità e innovazione”. Poi ha aggiunto: “Pensiamo, per esempio, a uno stadio durante un grande evento, con centinaia di migliaia di persone connesse contemporaneamente, servizi di pagamento, trasmissioni video, comunicazioni di emergenza. Solo il 5G standalone è in grado di gestire simultaneamente queste esigenze, ciascuna con le sue specifiche caratteristiche per ogni servizio richiesto”.
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“Credo sia fondamentale che ci siano regole chiare a tutela di una concorrenza davvero sana, che garantiscano un “level playing field” per tutti gli operatori, in Italia come in Europa. Nel caso italiano, il tema delle frequenze è un esempio: è importante che non si congelino rendite di posizione, con un rinnovo tout court, ma si creino le condizioni per una competizione vera che sostenga gli investimenti in qualità e innovazione”, ha dichiarato Benedetto Levi, ad di Iliad Italia, “Oggi gli operatori Tlc non possono limitarsi a fornire solo connettività, è necessario andare oltre e investire lungo tutta la catena del valore dell’ecosistema digitale. Come gruppo Iliad stiamo investendo oltre 3 miliardi su tutta la filiera AI, dalla potenza di calcolo con Scaleway ai data center con Opcore alla ricerca open source. In questo modo vogliamo contribuire alla costruzione di una sovranità digitale e infrastrutturale europea, generando crescita e valore condiviso”.
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