La decisione dell’Opec di sospendere l’aumento della produzione che era stato già deciso per il 2026, ha avuto, a inizio novembre, ripercussioni sul prezzo del greggio, con il Brent salito oltre i 65 dollari al barile. Di segno opposto, invece, le prime reazioni per quanto riguarda i titoli petroliferi quotati alla Borsa italiana. A partire da Eni, la cui quotazione martedì 4 novembre è scesa a 15,91 euro, lo 0,26% in meno rispetto alla chiusura precedente. A salvare la compagnia italiana da un ribasso che sarebbe potuto essere superiore è stata l’eco dell’accordo con Petronas, reso noto nel corso della seduta e accolto con favore dai mercati. Nel resto del mondo, invece, Saudi Aramco, la più grande compagnia petrolifera del globo, non ha presentato sostanziali oscillazioni di prezzo. Lo stesso dicasi per Exxon-Mobil e Texaco-Glf Oil, mentre Chevron sempre martedì scorso ha registrato in chiusura un calo dello 0,42%, dopo che nel corso della seduta era arrivato a perdere oltre un punto percentuale. Le reazioni a caldo alle mosse dell’Opec, insomma, non sono state univoche, ma all’insegna della variabilità, almeno per quanto riguarda i mercati azionari, da Wall Street a Piazza Affari. Un trend che, pur tra alti e bassi, ha trovato conferme anche nelle successive sedute.
Eni
L’intesa vincolante tra Eni e Petronas ha determinato la nascita del quarto gruppo mondiale dell’oil & gas insieme con il primato per quanto riguarda la presenza della società italiana in Asia. La joint-venture gestirà 19 asset, di cui 14 in Indonesia e 5 in Malesia, con l’obiettivo di «creare valore nel lungo termine, garantire eccellenza operativa e assumere un ruolo di leadership nella transizione energetica». La nuova società si è presentata come entità finanziariamente autosufficiente, con un piano di investimenti di oltre 15 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni dedicati allo sviluppo di almeno otto nuovi progetti e alla perforazione di 15 pozzi esplorativi.
A Piazza Affari il titolo della multinazionale (una delle 40 blue chips di Piazza Affari) martedì scorso ha chiuso la seduta a quota 15,91 euro. Alla stessa data risultavano comunque ancora positive le performance relative al primo semestre (+25%) e rispetto a un anno fa (+13%).
Le più recenti valutazioni degli analisti restano in ogni caso tutte positive. Porta la data di martedì 4 novembre il giudizio di Citigroup, che ha confermato il voto «neutral» ma ha innalzato il target price a 15 euro. Identici i giudizi di Mediobanca (31 ottobre) e Intesa Sanpaolo (29 ottobre), con obiettivi di prezzo rispettivamente di 15,5 e 16,6 euro. Variazione in peggioramento, invece, quella di Hsbc («hold», mantenere in portafoglio), che ha tuttavia anch’essa migliorato il target di prezzo, portandolo a 16,5 euro.
L’analisi tecnica di Teleborsa, aggiornata a ridosso della chiusura di martedì 4 novembre, colloca a 15,9 euro il primo supporto e a 15,86 il secondo, mentre sul fronte rialzista la prima resistenza sale a 15,98 euro e la seconda a 16,06.
Saipem
La società, con 30mila dipendenti, specializzata in servizi d’ingegneria e di costruzione destinati all’industria petrolifera e del gas, è leader nel mercato dell’energia e delle infrastrutture. L’andamento del titolo, che martedì 4 novembre ha chiuso a 2,254 euro, in calo dello 0,7% rispetto alla seduta precedente, presenta comunque performance positive sia negli ultimi sei mesi (+8,37%), sia nel confronto con un anno fa (in questo caso però soltanto dell’1,44%).
Quanto alle valutazioni degli analisti, le più recenti registrano un peggioramento generale, anche se l’ultima, firmata da Jefferies mercoledì 5 novembre, ha confermato sia il «buy» sia il target price di 3,30 euro. Il 28 ottobre scorso, invece, Berenberg, pur ribadendo la raccomandazione «buy», ha tagliato il target-price a 3,3 euro. A sua volta Mediobanca, che si era espressa venerdì 24 ottobre, ha ribadito il giudizio «outperform» (farà meglio del mercato), ma ha tagliato il prezzo obiettivo, riducendolo a 2,65 euro. In precedenza (13 ottobre) a pronunciarsi era stata Morgan Stanley, con la conferma del voto «overweight» (sovrappesare in portafoglio) ed elevando nel contempo a 3,35 euro il target di prezzo. Il 25 settembre era invece iniziata la copertura del titolo da parte degli esperti di Ubs, che avevano esordito con un netto «buy» indicando un obiettivo di prezzo di 3 euro.
Quanto all’analisi tecnica, Teleborsa, con riferimento alla chiusura di martedì 4 novembre, ha indicato un primo supporto a 2,246 euro e un secondo a 2,238 , con la prima resistenza collocata a 2,27 e la seconda a 2,294.
Snam
La società di infrastrutture energetiche controllata dallo Stato attraverso Cdp è il primo operatore europeo nel trasporto del gas naturale, ma si occupa anche dello stoccaggio e della rigassificazione del gas naturale liquefatto. Il titolo ha chiuso martedì 4 novembre a quota 5,454 euro, in crescita di oltre il 24% rispetto a un anno fa.
La più recente valutazione degli analisti risale allo scorso 15 ottobre ed è quella di Banca Santander, che ha confermato il giudizio «outperform» (farà meglio del mercato) e fissato il target price a 5,5 euro. In precedenza, il 23 settembre, si era pronunciata Rbc Capital, con la valutazione «market perform» (farà come il mercato), in peggioramento rispetto al precedente report, e un target price di 5,5 euro, anch’esso in calo.
L’analisi tecnica dell’agenzia Teleborsa, aggiornata alla tarda mattinata di mercoledì 5 novembre, presenta a sua volta un trend stabile e «un basso livello di volatilità giornaliera», con il primo supporto fissato a quota 5,383 euro e il secondo a 5,313 euro, mentre sul fronte rialzista la prima resistenza è indicata a 5,489 euro e la seconda a 5,595 euro.
Tenaris
Il gruppo, con oltre 26mila dipendenti, è il maggior produttore e fornitore a livello globale di tubi e servizi per l’esplorazione e la produzione di petrolio e gas. La holding è quotata a New York, a Piazza Affari (indice Ftse Mib) e a Città del Messico. Ai primi di novembre ha avviato la seconda tranche del programma di buyback (acquisto di azioni proprie) da 1,2 miliardi, annunciato lo scorso 27 maggio. I titoli sono destinati a coprire la quota residua di 600 milioni di dollari del programma, che si concluderà entro il 30 aprile 2026. Tenaris ha precisato che le azioni acquistate saranno tutte annullate. Considerato, forse impropriamente, appartenente al comparto petrolifero (al quale è indissolubilmente legato), il titolo ha chiuso martedì scorso a 17,355 euro, -1,7% rispetto alla seduta precedente. La performance rispetto a un anno fa è di quasi il 13%.
Le più recenti valutazioni sono piuttosto discordanti. Mercoledì 5 novembre Intesa Sanpaolo ha confermato la raccomandazione «buy» e fissato a 19,3 euro l’obiettivo di prezzo, in crescita rispetto ai 17,3 del report precedente, risalente però al 6 maggio. Equita Sim il 31 ottobre ha confermato a sua volta il «buy» e ha ritoccato al rialzo il target price, fissandolo a 19,5 euro rispetto ai precedenti 18,6 euro, mentre poco più di due settimane prima Oddo Bhf aveva tagliato il prezzo obiettivo a 12,5 euro, lasciando coerentemente invariato il giudizio «underperform» (farà peggio del mercato).
L’analisi tecnica di Teleborsa, infine, riferita alla quotazione a metà seduta di mercoledì 5 novembre, fissa il primo supporto a 16,69 euro e il secondo a 16,02 euro. La prima resistenza è invece collocata a quota 17,84 euro e la seconda a 19 euro
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