Il Made in Italy conferma il suo ruolo strategico nell’economia italiana: le circa 76.000 imprese attive nei settori chiave – dall’Agroalimentare al Sistema Moda, dall’Arredo e Design ai Mezzi di trasporto, fino alla Farmaceutica – rappresentano solo il 7,8% delle società di capitali italiane, ma contribuiscono con un fatturato di quasi 637 miliardi di euro e un valore aggiunto di 155 miliardi, pari al 17,2% del totale.
Secondo lo studio “Made in Italy Monitor 2025” realizzato da Cerved, il decennio 2014-2023 ha visto una crescita media annua del 4,3%, superiore al 3,7% del resto del Manifatturiero, sostenuta soprattutto dai comparti Mezzi di trasporto e Agroalimentare (+5%) e Automazione e Meccanica (+4,6%). La spinta all’export rimane un motore fondamentale: da sole queste aziende generano oltre 200 miliardi di euro di esportazioni, quasi la metà del totale nazionale, e impiegano 1,8 milioni di addetti.
Solidità patrimoniale
Oltre alla crescita, il Made in Italy mostra solidità patrimoniale e affidabilità creditizia. Il Cerved Group Score (CGS) segnala un aumento delle imprese “sicure” dal 14,4% al 35,7% negli ultimi dieci anni, con una riduzione delle aziende “a rischio” dall’8,6% al 6,1%.
Dal punto di vista settoriale, l’Automazione e Meccanica domina per fatturato (209 miliardi di euro), seguita da Agroalimentare (124 miliardi), Mezzi di trasporto (119 miliardi), Sistema Moda (101 miliardi), Arredo e Design (47 miliardi) e Farmaceutica (37 miliardi). La maggior parte delle aziende è a proprietà familiare e mediamente più piccola rispetto al Manifatturiero generale, con alcune eccezioni come la Farmaceutica e i Mezzi di trasporto, dove le grandi imprese giocano un ruolo importante.
Geograficamente, il Made in Italy si concentra nel Nord-Ovest (27%), Nord-Est (25,7%) e Centro (22,2%), mentre il Sud conta per il 18,6%, principalmente grazie all’Agroalimentare. Quasi il 10% delle imprese è parte di distretti industriali, in particolare nel Sistema Moda e nell’Arredo e Design.
Sul fronte dell’innovazione, le aziende del Made in Italy depositano più brevetti rispetto alla media nazionale e mostrano una maggiore capacità di accedere a contributi pubblici destinati a innovazione e competitività (62% contro 44,1%). Anche la presenza di capitale estero è superiore rispetto al Manifatturiero (3,6% vs 3,3%).
Le prospettive
Le prospettive al 2026 indicano una crescita moderata dei ricavi (+0,2% nel 2025 e +1,5% nel 2026), con settori come Farmaceutico e Agroalimentare in testa, mentre Mezzi di trasporto e Automazione e Meccanica affrontano sfide legate a dazi, domanda debole e crisi dell’Automotive. Nonostante questo, la redditività dei capitali investiti rimane più resiliente rispetto al Manifatturiero complessivo.
Un tema chiave per il futuro è la sostenibilità: circa 1 azienda su 4 del Made in Italy è esposta a rischi climatici e ambientali, soprattutto nell’Agroalimentare. Tuttavia, oltre il 60% delle imprese presenta valutazioni ESG eccellenti e un numero crescente pubblica report di sostenibilità volontari, segno di attenzione all’impatto sociale e ambientale.
“Il Made in Italy è un ecosistema vitale che unisce imprese, territori e persone”, ha sottolineato Luca Peyrano, Ceo di Cerved aggiungendo che “comprendere i suoi dati significa leggere la traiettoria futura della competitività italiana”.
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