Acciaio, cuoio, alluminio battuto. Cromature scintillanti e marmitte che ruggiscono. Stemmi smaltati, tachimetri a lancetta. L’investimento corre su strada, alimentato rigorosamente a benzina. Nell’epoca degli algoritmi e delle monete digitali, il fascino senza tempo delle auto da collezione ingrana la quarta, lasciando dietro di sé una scia di denaro. Secondo le più recenti stime, infatti, il settore genera un fatturato annuo di circa 90 miliardi di euro, sorretto da un patrimonio globale quantificato attorno agli 800 miliardi. Sfrecciano anche gli scambi, il cui volume ammonta a 45 miliardi. Passione e affari si incontrano, attirando nell’abitacolo collezionisti, fondi privati e investitori pronti ad accaparrarsi i modelli più esclusivi.
«Il mondo dell’automobilismo d’epoca è uno dei più trasversali: si tratta di un mercato che mostra una notevole solidità anche in contesti economici complessi come quello attuale. In più occasioni questo segmento ha evidenziato una sorprendente stabilità, con quotazioni spesso meno volatili rispetto ad altri asset», spiega Thomas Fioravanti, capo del dipartimento autoveicoli da collezione per la casa d’aste Guidoriccio. Ferrari, Porsche, Alfa Romeo, Mercedes, Lamborghini, Jaguar e Aston Martin sono i marchi che danno maggior carburante al comparto, grazie a una serie di modelli entrati ormai nel mito. Nel patheon degli autocollezionisti ci sono la Ferrari 250 Gto, della quale esistono solo 36 esemplari al mondo, o la Ferrari 250 Gt Swb Spider, battuta all’asta lo scorso anno per 17 milioni di dollari. Sul podio delle più ambite c’è pure la Ferrari 410 Sport Spider del 1955, venduta per 12,9 milioni da Rm Sotheby’s.
Se il Cavallino monopolizza le ambizioni degli appassionati, a battere ogni record di investimento è invece la Mercedes 300 Slr Uhlenhaut Coupé (quella con le inconfondibili portiere ad «ali di gabbiano»), ceduta per ben 135 milioni in un’asta segreta a Stoccarda. Altrettanto prestigiose sono la Porsche 550 Spyder, prodotta dalla casa automobilistica tedesca dal 1953 al 1957, e alcune tipologie di Porsche 356 quotate attorno al mezzo milione di euro. E ancora, meritano una menzione la Lamborghini Miura, già entrata nella storia del design, o la Jaguar E-Type, che Enzo Ferrari considerava la quattro ruote più bella mai realizzata.

«Un’auto da collezione è resa tale da alcune caratteristiche come la sua età o la contingenza di alcune serie speciali, ma anche da determinati abbinamenti di colore o da particolari finiture. Contano poi lo stato di conservazione, attestato da alcuni enti certificatori, l’originalità dei componenti e la storia della vettura stessa», racconta Alessio Cagna, responsabile del dipartimento automobili d’epoca per Sant’Agostino Casa d’Aste, citando un caso emblematico: quello della Fiat 500 Spiaggina appartenuta all’avvocato Agnelli e valutata un milione di euro. «La stima era determinata anche dal prestigio simbolico dell’auto, sui cui sedili viaggiarono celebrità del calibro di Maria Callas e Winston Churchill».

Oggi le tendenze di mercato mostrano un particolare fermento degli investitori verso alcuni modelli degli anni ’80 e ’90 come le Ferrari Testarossa o la Lancia Delta integrale. «Si tratta delle cosiddette young timer, che permettono di fare un investimento valido e di appagare allo stesso tempo la passione con un budget più contenuto», illustra ancora Cagna, per il quale il dinamismo del mercato è testimoniato anche dal fatto che ci siano auto destinate a crescere ulteriormente di valore. «Penso alla Lamborghini Countach, che è sempre stata la concorrente diretta di modelli ormai arrivati al limite nelle quotazioni e che adesso inizia ad avere tutti gli occhi addosso».
Niente male, considerando che oggi i più oltranzisti sostenitori della transizione ecologica vorrebbero spegnere per sempre i tradizionali motori a combustione. Questo orientamento ideologico – riflette però Fioravanti – «non segnerà la fine del comparto, bensì l’inizio di una nuova fase di valorizzazione collezionistica. I grandi motori, ma anche i modelli più compatti con caratteristiche tecniche distintive, potrebbero acquisire un rinnovato interesse».
Le auto d’epoca, insomma, hanno ancora strada da macinare, forti di un’eredità culturale e sensoriale difficile da sostituire. Tenere in movimento questi bolidi significa peraltro preservarne la vitalità sul mercato. A differenza di quanto accade con altri beni rifugio quali l’oro, gli orologi di lusso e i vini di alta gamma, la conservazione passiva non basta da sola a massimizzare l’asset. «Le vetture – spiegano gli esperti – sono mezzi meccanici e se è vero che il chilometraggio eccessivo ne abbatte il valore, è altrettanto vero che la costante attività garantisce una manutenzione ottimale». Se il motore si inceppa, l’investimento non corre.
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